Chi riporterà con i piedi per terra gli esaltati e i delusi, chi si prenderà le proprie responsabilità istituzionali, chi riporterà la politica ad essere, oggi non domani, "la più alta forma di carità"?
C'è poco da festeggiare, molto da lavorare! Non abbiamo bisogno di vedere scene di esultanza e applausi vari, servono immediate azioni concrete che facciano diventare le vostre promesse realtà in poco tempo. Mentre molti soffrono e piangono, è ridicolo vedervi tanto esaltati e pieni boria. Avete sin da adesso sulla vostra coscienza - ricordo infatti che ci vuole una sana coscienza per amministrare la cosa pubblica rettamente - la sorte di una terra martoriata e in caduta libera.
«Non gioco più!» è una delle frasi che si sente spesso durante i momenti di gioco o ricreazione nelle scuole elementari e medie. Qualcun altro lascia l'attività dicendo «non vale, non è giusto», e c'è chi vuole sempre ragione anche quando ha palesemente torto. Se poi si arriva a litigare, al momento di chiarire dinanzi ad un insegnante, la colpa è solo dell'altro con il classico «ha iniziato lui o lei». Tutti vogliono vincere, nessuno perdere, ma in fondo sono questioni da bambini o da ragazzi, che richiedono all'educatore quel pizzico di attenzione, presenza e cura utili a far tornare consapevolmente il sorriso a tutti e ricominciare a divertirsi insieme. Del resto il senso del dovere, del rispetto per le regole, della sana competizione, delle responsabilità personali, cresce proprio in quegli anni e attraverso queste piccole o grandi esperienze mediate da uno o più adulti significativi. Più grave è vedere che ci sono molti adulti che questo passaggio non lo hanno fatto, gravissimo è se questi sono i candidati alle elezioni, eletti o non eletti! Un alunno mi ha chiesto: «Prof., ma chi ha vinto le elezioni? Ho ascoltato le interviste dei rappresentanti dei partiti, ma tutti dicevano di aver vinto perché rispetto a quelle precedenti le cose sono andate meglio. Mi chiedo che voglia dire: o si vince o si perde oggi, no?». Mentre gli adulti fanno tutte le analisi, le dietrologie e tentano persino di profetare, i ragazzi sono schietti e concreti a 16 anni, e devo dire che hanno ragione per quanto confusi dai messaggi alterni dei mass media che seguono di più, tv e web.
Nella stessa classe un alunna ha commentato: «I politici litigavano prima delle elezioni e litigano pure adesso, ma non sarebbe meglio mettersi a lavoro e smetterla di giocare vista la crisi in cui ci troviamo?». Non fa una piega neanche questa riflessione, poiché a che serve piangersi addosso ora, così come a che serve esultare e festeggiare? È tempo di sbracciarsi le maniche e mettersi a lavorare seriamente, poiché nessuno ha perso o ha vinto un festival o l'Oscar! C'è chi perde ogni minuto il lavoro, la dignità, la serenità, i diritti, la libertà, mentre c'è il balletto delle percentuali, degli "io l'avevo detto", degli "ancora lui", degli "adesso vattene". Invece è il tempo dei doveri, delle responsabilità, del fare bene e subito, dei sacrifici dei vincitori, dell'impegno per il bene comune, del dialogo costruttivo. A scuola, quando c'è un problema tra i ragazzi, si può comunque far ricorso al professore o lo stesso interviene spontaneamente; per l'Italia post elettorale, che appare più debole di quanto lo fosse prima ma comunque più democratica perché i cittadini - ci piaccia o no - hanno scelto e votato, chi è l'arbitro? Chi riporterà con i piedi per terra gli esaltati e i delusi, chi si prenderà le proprie responsabilità istituzionali, chi riporterà la politica ad essere, oggi non domani, "la più alta forma di carità"? Forse per alcuni politici è tempo di ritornare a scuola!
Marco Pappalardo
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