Emergenza bullismodi Vittorio Chiari

Emergenza bullismo: hanno picchiato un ragazzo down! I giornalisti tuonano, il Ministro convoca psicologi, psichiatri, insegnanti, genitori: bisogna combattere il bullismo! Tutti invitati meno uno: Dio? Personalmente ritengo che l'emergenza d'oggi non sia il bullismo ma l'educazione.

Emergenza bullismodi Vittorio Chiari

da Attualità

del 20 novembre 2006

Don Bosco affermava non essere possibile educare senza un riferimento a Dio. Era il santo del gioco, del teatro, delle passeggiate, del canto, della musica ma il suo motto era: “Dammi le anime e tieni il resto”, radicando lo stile nel Vangelo e indicando come obiettivo ultimo la la Salvezza futura. Ha detto “anime”, parola in forte disuso, che sa di astratto, ma per don Bosco l’anima era una persona da amare, da servire, usque ad mortem, mortem autem crucis. Non è il latino di Cicerone ma di Paolo che dice la misura dell’amore educativo, quello del Figlio di Dio, l’Educatore per eccellenza, che ha amato fino alla morte e alla morte di croce.

 

 

Emergenza bullismo: hanno picchiato un ragazzo down! I giornalisti tuonano, il Ministro convoca psicologi, psichiatri, insegnanti, genitori: bisogna combattere il bullismo! Tutti invitati meno uno: Dio? Qualcuno potrebbe invocarlo, citando i Dieci Comandamenti, sarebbe forse tacciato di propaganda religiosa o di appartenenza a partiti o ideologie, comunque invitarlo là dove si discute di giovani, potrebbe non essere un male. Ci fidiamo delle parole degli esperti, perché non provare a fidarci anche di Dio, che indica la famiglia come luogo formativo, dove ai ragazzi sarebbe facile imparare l’amore, l’amicizia, costumi e tradizioni, che formano l’intelligenza e il cuore delle persone.

 

Personalmente ritengo che l’emergenza d’oggi non sia il bullismo ma l’educazione. Lo sto scrivendo da tempo e sono rimasto contento di leggere il tema scelto dalla delegazione della Santa Sede presso l’Unesco, per il Convegno organizzato con l’Università Fordham di New York: “Educare, un cammino all’amore”, chiara alternativa a chi pensa essere l’istruzione il servizio più importante da offrire a un giovane

 

E prima sorgente dell’amore è la famiglia: “Il cuore delle madri è il primo libro dei figli”, ha affermato il presidente dell’Unesco, Jafaar Bin Hassan, citato in un bel articolo di Avvenire, sulla sfida di crescere mentre il padre potrebbe essere “l’indice” del libro, testimoniando il valore delle norme, indicando il cammino da percorrere.

 

Il cardinal Egan, arcivescovo di New York, incasellando la storia in stile prettamente americano, parlando di cosa deve occuparsi l’educazione, ha detto: «Per i Greci doveva formare soldati, per i Romani oratori, per i nazisti i promotori della razza, per i comunisti i docili membri di partito. Solo per i cattolici, significa sviluppare la totalità dell’uomo, in ogni sua sfaccettatura del suo essere immagine di Dio».

 

Io non so cosa decideranno gli amici della Tavola convocata dal Ministro per risolvere il problema bullismo: spero non sia il solito fumetto tipo “Lupo Alberto”, diffuso nelle scuole anni fa per istruire i ragazzi sul tema della sessualità. Mi auguro invece un forte richiamo agli insegnanti perché non siano “istruttori”, “abilitatori di competenze” ma educatori; insieme, un investimento, non in denaro, perché sembra per la scuola e l’educazione che non ce ne sia, ma in ricerca sullo spazio che può avere Dio nella formazione dei giovani.

 

Don Bosco affermava non essere possibile educare senza un riferimento a Dio. Era il santo del gioco, del teatro, delle passeggiate, del canto, della musica ma il suo motto era: “Dammi le anime e tieni il resto”, radicando lo stile nel Vangelo e indicando come obiettivo ultimo la Salvezza futura. Ha detto “anime”, parola in forte disuso, che sa di astratto, ma per don Bosco l’anima era una persona da amare, da servire, usque ad mortem, mortem autem crucis. Non è il latino di Cicerone ma di Paolo che dice la misura dell’amore educativo, quello del Figlio di Dio, l’Educatore per eccellenza, che ha amato fino alla morte e alla morte di croce.

 

Ogni educatore ha un prezzo da pagare, se vuole essere credibile: il tempo, la sua vita. Per combattere i fenomeni violenti dei nostri giovani, bisogna moltiplicare gente che ami le anime con cuore largo, universale, un cuore nobile, tenero e forte, capace di rapporti personali, disponibile all’ascolto, alla comprensione, alla condivisione.

 

In un mondo abituato a litigare, ad alzare barricate, a dividere, a emarginare, come cristiani dobbiamo osare di più: l’inerzia o la paura non è la risposta di chi crede che il Signore è presente nella storia e nei volti di ogni persona. “Né sdegnati, né paurosi, né malcontenti, né pessimisti”, diceva l’arcivescovo di Milano, monsignor Montini, dobbiamo essere nel mondo educatori che fanno quello possono, non badando ai risultati, ma al gesto di donazione nello stile del Figlio di Dio, che tanti vorrebbero di nuovo immolare o togliere dai piedi, erigendosi loro a “padreterni”. Nostro compito, smentirli!

don Vittorio Chiari

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