Intervista a Weiler Joseph. La difesa dei diritti fondamentali dell'individuo può arrivare a bloccare la volontà della maggioranza: ricordiamo che Hitler non è salito al potere con un colpo di Stato, ma vincendo le elezioni. Quando si sottopone a controllo una maggioranza sul tema dei diritti fondamentali, ecco che emerge come l'Europa non possa ignorare la voce cristiana.
del 27 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
Weiler Joseph H.H.
          Nasce nel 1951 a Johannesburg, in Sud Africa. È professore universitario presso l’Università di New York (NYU). Ha ricoperto la carica di Membro del Comitato di Giuristi della Commissione per gli Affari Istituzionali del Parlamento europeo che ha co-redatto la Dichiarazione sui Diritti e sulle Libertà dell’Uomo del Parlamento Europeo. È membro dell’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze. È inoltre autore di articoli e libri nei settori del diritto internazionale, comparativo e europeo. Il suo contributo alla teoria giuridica europea è stato di grande valore, impegnandosi in lavori sul mercato interno, sulle relazioni esterne e sulla legge sociale.
Europa troppe élite cristianofobe          Del Papa lui, giurista statunitense di origine ebraica, ammira la capacità di scendere nell’arena pubblica impugnando solo gli argomenti della ragione. «È come se si mettesse le manette della ragione – sostiene Joseph Weiler, che il 6 giugno scorso alla Cattolica ha chiuso il ciclo di incontri dedicato al discorso di Benedetto XVI al Parlamento tedesco organizzato dal Centro culturale di Milano –, come se dicesse, quando entra nella piazza del dibattito pubblico, “i nostri argomenti non dipendono dalla Rivelazione, ma dalla ragione”».
Nel suo discorso al Bundestag Benedetto XVI fa notare «che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta». Allora come possono le nostre democrazie, incardinate sul principio della maggioranza, prendere decisioni in campo etico?
          «La maggioranza può essere cattiva, la maggioranza può essere avvelenata, la maggioranza può essere antisemita... Non c’è nessuna garanzia: per questo mai le nostre democrazie sono basate soltanto sul principio di maggioranza. La difesa dei diritti fondamentali dell’individuo può arrivare a bloccare la volontà della maggioranza: ricordiamo che Hitler non è salito al potere con un colpo di Stato, ma vincendo le elezioni. Quando si sottopone a controllo una maggioranza sul tema dei diritti fondamentali, ecco che emerge come l’Europa non possa ignorare la voce cristiana. Perfino Habermas nei suoi ultimi anni ha riconosciuto che la definizione di dignità umana e dei diritti fondamentali ha le sue radici nella tradizione cristiana. Allora mi sembra assurdo escluderla da quei meccanismi di controllo democratico che controbilanciano il sistema maggioritario. L’idea dell’uguaglianza nasce dalla riflessione greca, da un lato, e dalla Bibbia, che dichiara tutti gli uomini creati a immagine e somiglianza di Dio, dall’altro».
E come s’inserisce questa evidenza storica nel funzionamento concreto dei meccanismi decisionali democratici?
          «C’è il controllo sugli atti legislativi da parte delle corti costituzionali. Il principio della dignità umana è inscritto nelle Carte fondamentali, e la loro tutela può arrivare all’annullamento di leggi approvate dai Parlamenti. Mi ha colpito vedere che un presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano, uomo della sinistra, ha nominato alla Corte costituzionale una personalità cattolica come Marta Cartabia: ha capito che per decidere queste cose occorre anche una voce, serena e ragionata, radicata nella tradizione cristiana. Non tutto si esaurisce nel Parlamento, ci sono i contrappesi: anche nel dibattito pubblico».
Nel quale però spesso il punto di vista cristiano fatica a emergere, specie sugli organi di stampa...
          Questo perché siamo vittime di un’egemonia mediatica sinistrorsa, che a volte sfocia in aperta cristianofobia. Facciamo un esempio: nasce un nuovo governo. Qualche femminista lo contesta, perché ci sono poche donne: normale amministrazione. Qualche verde lo contesta, perché ci sono pochi ambientalisti: normale amministrazione. Qualche cattolico lo contesta, perché ci sono pochi cristiani: apriti cielo! Si grida all’ingerenza, si tira in ballo, sbagliando, la celebre distinzione tra Cesare e Dio. Ricordiamo che in Inghilterra, la patria delle democrazia, alla Camera dei Lord siedono ex ufficio vescovi della Chiesa anglicana: perché hanno capito quanto è importante la voce cristiana nel dibattito sulle questioni fondamentali».
Come conciliarla con l’invocazione a agire secondo pura ragione, senza “cedimenti” alla fede?
          «L’errore sta nell’appiattire la razionalità al metodo scientifico, che indaga sulla materia: ne è una parte, sì, ma non il tutto. Si può forse dire che Aristotele, quando scriveva di etica, non usava la ragione? Ridurre la ragione al metodo scientifico porta alla conclusione, sbagliata, secondo la quale i problemi morali ed etici sono preferenze personali, inaccessibili a un discorso razionale. Il merito del Papa è proclamare l’evidenza di questa stortura, di ricondurre il dibattito etico nella sfera del confronto razionale. La linea di pensiero sviluppata dal discorso di Ratisbona a quello del Bundestag è una grande risposta alla posizione che risale a Rawls e a Habermas, secondo i quali le posizioni ispirate dalla fede non possono trovare spazio perché non farebbero parte di un linguaggio comune a tutti. Benedetto XVI mostra che è vero esattamente il contrario: in campo etico il cristianesimo s’appella alla ragione, non alla Rivelazione. Eppure spesso la tesi Rawls-Habermas, che riduce la fede a fatto meramente privato, trova credito anche tra non pochi credenti...».
L’Europa soffre, come dice il Papa, di «una condizione di mancanza di cultura di fronte alle altre culture del mondo»?
          «Sì: di una mancanza di cultura, e di una mancanza di fiducia e di rispetto di sé e della propria storia. Il tanto bene, ma anche il tanto male, che l’Europa ha prodotto nel corso della sua storia resterebbe incomprensibile, se si ignorassero le sue radici che affondano in Atene, in Roma e anche in Gerusalemme. Ma sono fiducioso, vedo crescere una nuova sensibilità, in Europa, che comprende quanto sia grave cancellare le radici ebraico-cristiane dalla politica. Anche quando, davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ho difeso il diritto di esporre il crocifisso nei luoghi pubblici...».
...con la kippah ebraica in testa...
          «...ho rimarcato che quel che si decide oggi, avrà un prezzo in futuro. Invece, badiamo a quanto il cristianesimo ha da dire a quest’Europa attanagliata dalla crisi economica: il suo messaggio non è contrario al mercato, ma al mercato selvaggio. Suggerisce – secondo ragione – un sano equilibrio. Sono proprio sicure, quelle élite arroccate nelle loro torri d’avorio senza contatti con il vero sentire dei loro popoli, che sia saggio occultare il messaggio cristiano?».
 
Edoardo Castagna
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