Facebook rischia in nome del business

Con una decisione a sorpresa il gruppo ha revocato il divieto di postare sulle pagine FB immagini che mostrino vittime di torture, attentati, violazioni ai danni di prigionieri, efferatezze medievali e nuove crudeltà.

Facebook rischia in nome del business

 

Su Internet si trova di tutto. Il bello e il brutto, il buono e il cattivo. È lì, messo a disposizione di chiunque, in apparenza senza controlli preventivi. Poi se sul web diffondono immagini di decapitazioni poco importa. Stessa cosa nel caso di gruppi terroristici indaffarati a documentare le loro atrocità. Video sanguinosi, foto truculente. Che però non spaventano i dirigenti di Facebook, sempre proiettati nel futuro e soprattutto nella raccolta di contatti telematici da Roma a Pechino.

Con una decisione a sorpresa il gruppo ha revocato il divieto di postare sulle pagine FB immagini che mostrino vittime di torture, attentati, violazioni ai danni di prigionieri, efferatezze medievali e nuove crudeltà. Singolare la spiegazione: chi li mette su Internet lo fa «per condannare» questi atti e non si tratta dell’apologia della violenza cieca. Inevitabili le reazioni sdegnate. Su tutti il premier britannico David Cameron: «Sono degli irresponsabili».

In questi anni non c’è stata guerra e non c’è luogo di tensione senza che Internet sia diventato l’amplificatore di gesti inumani. Megafono ma anche specchio di sadismo puro. I cartelli della droga messicani, ad esempio, fanno a gare nel postare il taglio della testa delle loro vittime, i supplizi, gli squartamenti eseguiti con asce e motoseghe. Proprio uno di questi video su Facebook aveva spinto i responsabili a porre il bando ora abolito. Non è un mistero che riprendere un massacro serve all’impresa criminale e terroristica. Accresce il timore nel nemico, fa propaganda per la propria agenda, rilancia un attacco su scala planetaria.

Oggi è impossibile imporre la censura sulla Rete. Ed è altrettanto vero che alcuni fatti, anche crudi, è bene che siano conosciuti. Nascondere il Male non lo cancella. Ma per questo tipo di informazioni ci sono dei siti specializzati e conosciuti. Altra cosa è Facebook, un luogo di condivisione di informazioni variegato e aperto, dove si può essere sollecitati ad esprimere un giudizio in tempo reale, con le foto che rimbalzano da una parte all’altra della Terra nell’arco di secondi. Una vetrina globale che può trasformarsi in una finestra sull’orrore quotidiano. 

 

 

 

Guido Olimpio

http://www.corriere.it

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