Avete notato che Cristo stesso descrive a volte la via cristiana come molto ardua, a volte come molto agevole. Dice: “Prendi la tua croce” ‚Äì in altre parole, è come essere pestati a morte in un campo di concentramento. E un momento dopo: “Il mio giogo è dolce e il mio fardello è leggero”.
del 02 luglio 2009
Avete notato che Cristo stesso descrive a volte la via cristiana come molto ardua, a volte come molto agevole. Dice: “Prendi la tua croce” – in altre parole, è come essere pestati a morte in un campo di concentramento. E un momento dopo: “Il mio giogo è dolce e il mio fardello è leggero”. Egli intende entrambe le cose. E noi possiamo comprendere perché entrambe sono vere. Qualsiasi insegnante vi dirà che lo scolaro più pigro della classe è quello che alla fine lavora di più. Vuol dire questo. Se si dà a due ragazzi, poniamo, un teorema di geometria da studiare, lo scolaro disposto a impegnarsi cercherà di capirlo. Lo scolaro pigro cercherà di impararlo a memoria, perché sul momento ciò richiede meno sforzo. Ma sei mesi dopo, quando dovranno prepararsi all’esame, il pigro sgobberà affannosamente per ore e ore su cose che l’altro capisce, e con piacere, in pochi minuti. Pigrizia significa a lungo andare maggior lavoro. Oppure vediamola in questo modo. In una battaglia, o in un’ascensione in montagna, ci sono cose che richiedono molto coraggio; ma sono anche, alla lunga, le cose più sicure. Se le scansiamo per paura, ci troveremo, qualche ora dopo, in un pericolo molto maggiore. La scelta più vile è anche la più rischiosa. Qui è lo stesso. La cosa terribile, la cosa quasi impossibile, è consegnare tutto il nostro io – tutti i nostri desideri e cautele a Cristo. Ma è cosa molto più facile di ciò che invece vorremmo fare. Vorremmo rimanere “noi stessi”, continuare a vedere nella felicità personale il grande scopo della nostra vita, e al tempo stesso essere “buoni”. Vorremmo lasciar andare mente e cuore per la loro strada – incentrata sul denaro, il piacere, l’ambizione – sperando, ciò nonostante, di comportarci onestamente castamente, umilmente. Cristo ci avverte che questo non è possibile. Un cardo, Egli dice, non può produrre fichi. Se io sono un campo che contiene solo semente d’erbe, non posso produrre grano. Tagliare l’erba può servire ad accorciarla: ma produrrò sempre erba e non grano. Se voglio produrre grano, il cambiamento deve andare più a fondo della superficie. Devo essere dissodato e riseminato. Ecco perché il vero problema della vita cristiana si affaccia quando uno meno se lo aspetta. Ce lo troviamo di fronte nel momento stesso in cui ci svegliamo ogni mattina. Tutti i nostri desideri e speranze per la giornata si avventano su di noi come animali selvaggi. E il primo compito, ogni mattina, consiste semplicemente nel ricacciarli indietro: nell’ascoltare quell’altra voce, nel far nostro quell’altro punto di vista, nel lasciare fluire in noi quell’altra vita più ampia, più forte, più calma. E così via tutto il giorno. Ritrarci da tutte le nostre smanie e agitazioni quotidiane; metterci al riparo dal vento.
 
Tratto da: Il cristianesimo così com’è
 
Clive Staples Lewis
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