Cambia la fisionomia della famiglia al suo interno: tramonta definitivamente il modello della famiglia allargata, con la compresenza di più generazioni (nonni, figli, nipoti), e prende piede sempre più la famiglia mono ‚Äì nucleare, frutto soprattutto del progressivo invecchiamento della popolazione.
del 16 novembre 2005
I CAMBIAMENTI
In che direzione si sta evolvendo la famiglia italiana e quali sono le previsioni per il futuro? Ci si sposa sempre meno e sempre più tardi e si fanno meno figli. Questa la fotografia che in base ai dati del Rapporto annuale dell’Istat, Le trasformazioni familiari, si ha del nostro Paese. Negli ultimi quaranta anni c’è stato un vero e proprio crollo dei matrimoni, passati dagli oltre 300 mila nel 1961 ai circa 260 mila nel 2001 (Tab.1). Uno sguardo d’insieme delle trasformazioni socio-culturali degli ultimi decenni è essenziale per comprendere la drastica diminuzione del numero dei matrimoni. Secondo i sociologi intervengono cause di varia natura. Innanzitutto ragioni culturali: l’affermazione della libertà come valore assoluto e irrinunciabile. Nell’era del movimento e dell’innovazione, la stabilità affettiva è vista come un ostacolo all’ideale di vita proposto dall’esterno. I figli che hanno alle spalle il fallimento del matrimonio dei loro genitori, sono più sfiduciati riguardo alla vita di coppia. Ma la paura di contrarre un legame che durerà per tutta la vita riguarda anche le altre coppie, bombardate dai messaggi dei mezzi di comunicazione che sottolineano l’incertezza del futuro, presentato spesso in uno scenario apocalittico, e evidenziano la fragilità matrimoniale. In un contesto sociale dove, nonostante i giovani affermino che la sfera esistenziale più importante sia quella affettiva, l’individualismo ha sempre più spesso spodestato il valore del dono di sé agli altri. Le difficoltà di natura economica completano il quadro: sposarsi e avere dei figli comporta rinunce e sacrifici. Per quanti considerano il lavoro una insostituibile fonte di realizzazione personale e sociale, l’ipotesi di un figlio costituisce una grande minaccia. Il costo economico di un figlio oggi è di circa il 20-30% del reddito medio della coppia. Un dato significativo è che i figli restano in famiglia molto più a lungo che nel passato. Ragioni economiche della difficoltà di mantenersi da soli visti innanzitutto gli elevati costi degli affitti, e vantaggi materiali, e non solo, del vivere con i genitori, ritardano di molti anni la decisione di staccarsi dal nucleo d’origine per formare la propria famiglia o vivere soli, dando vita al cosiddetto familismo utilitaristico. Qualche dato: tra i 25 e i 34 anni i celibi e le nubili che vivono con i genitori superano i coetanei che vivono in coppia e hanno figli. Nel 2003 le nubili che coabitano con la famiglia d’origine sono il 28,3%, contro il 18,5% di dieci anni prima, mentre i celibi si attestano sul 41,3%, contro il 33,1% del 1993-1994. Questo prolungamento della permanenza in famiglia anche fino ai 35-39 anni fa sì che sempre più persone con più di 55 anni convivano con i figli. Si è genitori sempre più tardi e sempre più spesso di un solo figlio. Sale l’età media nella quale si concepisce il primo figlio. Dal 1980 al 2000 è passata da 27,5 a 30,4 anni. Dal 2000 a oggi le donne di 40 anni hanno avuto più figli delle ventenni: sale la percentuale delle madri quarantenni dal 12,2 al 16,1 per mille e scende quella delle ventenni dal 74,3 al 20,7. Il primo figlio arriva sempre più tardi e dunque, e non subito dopo il matrimonio.
 
CAMBIAMENTI ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA
Cambia anche la fisionomia della famiglia al suo interno: tramonta definitivamente il modello della famiglia allargata, con la compresenza di più generazioni (nonni, figli, nipoti), e prende piede sempre più la famiglia mono – nucleare, frutto soprattutto del progressivo invecchiamento della popolazione. Viene a mancare tutto un bagaglio di riferimento culturale e valoriale: l’antica saggezza degli anziani (solo il 2,8% delle famiglie ha in casa un nonno), sicuramente spesso intessuta anche di retaggi di tradizioni che vincolavano in maniera spesso esasperatamente autoritaria i giovani all’interno della famiglia, perde centralità. Una delle conseguenze di questo cambiamento è il passaggio dai matrimoni eterodiretti, ossia regolati da altri, a quelli autodiretti, ovvero voluti e regolati dai due partner. In questo contesto si inserisce anche un mutato rapporto tra genitori e figli, meno formale e più libero. Nel passaggio dalla famiglia patriarcale a quella con uno o al massimo due figli, anche il rapporto tra genitori e figli cambia, perdendo in rigidità e guadagnando, secondo gli esperti, in spontaneità. Il cambiamento del ruolo femminile a livello sociale si ripercuote all’interno della famiglia ridefinendone i ruoli all’interno, nasce il modello della doppia carriera: entrambi i coniugi lavorano fuori casa. La donna esce dalle mura domestiche, ma l’uomo non vi fa ritorno: da qui una crescente difficoltà di fronte alla scelta della maternità sempre più sacrificata alla realizzazione professionale o più semplicemente alla necessità del doppio stipendio.  
 
IL SESSANTOTTO: L’AVVIO DI UNA PROFONDA TRASFORMAZIONE CULTURALE
Non si può trascurare come il cambiamento di alcune leggi nel nostro Paese abbia portato a forti cambiamenti di costume che si sono riflessi sul modello tradizionale di famiglia. Primo fra tutti il Sessantotto e il decennio 1970-1980: frutti della radicale ondata di contestazione sono l’introduzione del divorzio, suggellato nel 1974 dal referendum popolare che con il 59% dei voti favorevoli ha segnato un passaggio epocale nel modo di concepire il matrimonio che diventava, dal punto di vista legale, un contratto, e non più un patto per la vita. Altro passaggio storico nell’evoluzione della famiglia è il 1978, con la nuova legge sull’aborto, convalidata con la larga maggioranza del referendum del 1981: solo il 32% votò in favore dell’abrogazione della legge. Per la prima volta la fedeltà al proprio coniuge e il rispetto per la vita diventano un fatto privato. È significativo che tra le donne che ricorrono oggi all’aborto il 57,2% siano sposate e nel 47% dei casi abbiano già uno o due figli. Le coppie con figli sono diminuite negli ultimi dieci anni dal 48% al 41,9% e il numero medio dei figli è di poco superiore a uno.  
 
LA NUOVA FAMIGLIA
Aumentano le famiglie con una sola generazione. Si affacciano sulla scena italiana nuove forme di famiglia che rubano terreno alla tradizionale coppia con figli. Sono oltre 5 milioni le cosiddette nuove famiglie nel 2003: single non vedovi, monogenitori non vedovi, libere unioni e famiglie ricostituite. In notevole crescita le coppie non coniugate, praticamente raddoppiate dal 1993 al 2003 e le convivenze giovanili: il legame, lo abbiamo detto, fa paura. Sebbene per molte coppie il periodo di convivenza preceda il matrimonio, dai dati emerge che negli ultimi anni la quota delle coppie decise a sposarsi dopo tale periodo diminuisce. Un altro dato significativo riguarda le famiglie ricostituite, formate, cioè, da almeno un partner che ha alle spalle un matrimonio. Il fenomeno dell’immigrazione, in fortissimo aumento negli ultimi anni, ha inciso anche sull’universo della famiglia italiana: tra il 1991 e il 2001 le famiglie con almeno un componente straniero sono quasi triplicate (da circa 235 mila a oltre 672 mila). Un’altra considerazione riguarda gli anziani: il miglioramento dei livelli di sopravvivenza nelle età anziane consente ai coniugi di vivere insieme più a lungo e di mantenere la propria autonomia quando si rimane soli, evitando di abitare presso i famigliari. In notevole aumento i matrimoni degli over 40. Dal 1990 al 2000 il numero dei maschi tra i 40 e i 49 che si sono sposati è praticamente raddoppiato e anche quello delle donne è cresciuto notevolmente. Si insegue la felicità a tutti i costi e ricominciare una nuova vita di coppia è fondamentale in questa prospettiva.  
 
TRAMONTA L’IDEALE DEL PER SEMPRE
Ancora secondo i dati Istat, la famiglia italiana è sempre più in crisi. Aumenta il numero dei divorzi: 40.051 nel 2001 contro i 37.573 del 2000 (Grafico 1). I dati parlano di una separazione ogni quattro matrimoni e un divorzio ogni nove. La regione con il maggior numero di separazioni è la Valle D’Aosta, seguita dal Friuli e comunque il Nord in generale supera il Sud, dove la solidità della famiglia resiste soprattutto in Basilicata e in Calabria. Un accenno anche alla questione delle convivenze. Più che raddoppiate dal 1990 al 2001, passando da 184.000 a 451.000. Secondo un recente studio del Cisf (Centro internazionale studi famiglia) sul tema della pastorale familiare e della preparazione al matrimonio cristiano, emerge che la convivenza è uno dei passi che precede il rito in chiesa per un numero sempre maggiore di coppie. I giovani considerano ancora il matrimonio un rito di passaggio, e tornano in chiesa dopo anni di abbandono per frequentare il corso prematrimoniale. Secondo recenti dati Eurispes, inoltre, il rito civile nel matrimonio è passato dal 3,9% del 1971 al 28,7% del 2003: un matrimonio su tre non viene più celebrato in chiesa. Il modello di famiglia tradizionale di coppia coniugata con figli deve dunque resistere ai colpi della precarietà occupazionale e dunque economica, dei cambiamenti culturali e il conseguente crollo dei valori tradizionali della fedeltà e della stabilità coniugale, dell’immagine di una libertà che è sregolatezza e cambiamento continuo. Una sfida che investe anche la chiesa e gli educatori, chiamati a rispondere alle domande di giovani sempre più combattuti tra l’ideale dell’amore per sempre e la paura del legame, tra la indissolubilità del Sacramento e l’ebrezza di un’ambigua flessibilità.   
 
 
(Fonte: Rogate ergo N. 10 / 2005)
 
 
 
Monica Parente
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