Fede e cinema: incontro con Ermanno Olmi

“In dialogo: fede e cinema”. Ermanno Olmi ha reso una bellissima testimonianza della propria fede all'incontro svoltosi a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Montesanto. Lui è un credente, è noto come regista cattolico. Olmi è un cristiano che fa cinema, è un cristiano nella vita, vive una sua vita di fede in maniera concreta.

Fede e cinema: incontro con Ermanno Olmi

da Attualità

del 10 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          “In dialogo: fede e cinema”. È il titolo dell’incontro, svoltosi lunedì 7 maggio a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Montesanto - Chiesa degli Artisti, organizzato dall’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato, in collaborazione con il Cortile dei Gentili del Pontificio Consiglio per la Cultura. All’evento, che rientra nel progetto “Una porta verso l’infinito. L’uomo e l’Assoluto nell’arte”, hanno preso parte il regista Ermanno Olmi, padre Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico de 'La Civiltà cattolica', padre Laurent Mazas, direttore del Cortile dei Gentili, e il giornalista Raffaele Luise.

Sul dialogo tra fede e cinema, abbiamo intervistato padre Virgilio Fantuzzi.

          Il tema dell’incontro era era proprio questo: cinema e fede. Ermanno Olmi ha iniziato a dire ciò che pensa di questo rapporto, parlando della fede. Lui è un credente, è noto come regista cattolico. Olmi è un cristiano che fa cinema, è un cristiano nella vita, vive una sua vita di fede in maniera concreta. E lunedì 7 maggio, a Santa Maria in Montesanto, Olmi ha reso - a mio avviso - una bellissima testimonianza della propria fede. Quindi, più che parlare di cinema e fede in astratto, è stata la professione di fede di un uomo di cinema che poi mette la vita davanti al suo cinema: il cinema è in funzione della vita e non viceversa.

Come punto di riferimento, c’è stato il film di Olmi “Il villaggio di cartone”, dedicato al tema della carità nell’accoglienza agli immigrati, ai “diversi”, di una Chiesa quindi che si spoglia di tutto per accogliere l’immigrato. Che immagine ne emerge della Chiesa e dell’accoglienza?

          Considero questo film come una attualizzazione della Parola del Vangelo. Una volta qualcuno ha chiesto a Gesù: chi è il mio prossimo? E Gesù ha risposto: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”… è la parabola del Buon Samaritano. Il Buon Samaritano di oggi è quello che dedica la propria attenzione, le proprie cure agli ultimi della Terra. Il film è ambientato in una chiesa sconsacrata, abbandonata – si presume che sia in Italia meridionale – in un posto vicino al mare. E lì arrivano gli immigrati, gettati dagli scafisti sulla riva del mare. Persone che hanno superato tanti rischi prima di arrivare, che sono ricercati dalla polizia per essere rimandati al loro Paese. E a questo punto siamo ai nostri giorni: c’è qualcuno che proprio per il suo ruolo – perché sacerdote, delegato a rappresentare Gesù - cosa fa? Cosa farebbe Gesù ai nostri giorni, trovandosi in una situazione del genere? Basta aprire il Vangelo e in quei passi c’è scritto esattamente ciò che farebbe Gesù, ciò che Gesù suggerisce di fare ai suoi seguaci. E il film trasferisce tutto questo all’interno di una parabola. E’ un film molto bello, espressivo, a questo livello. Diciamo che il film non ha avuto, da parte del pubblico, il successo che avrebbe meritato e questo perché si direbbe che il pubblico odierno sia in realtà distratto da altri elementi, da altri fattori.Tutto nasce da una burrasca vista come “un fatto liberatorio”, dice Olmi. Ci si libera da cosa?

          Se c’è bisogno di liberarsi di qualche cosa, c’è bisogno di liberarsi dai pregiudizi che ci fanno considerare gli altri come persone lontane e quindi non degne della nostra attenzione.Quello dell’immigrazione è un tema ricorrente, oggi, nel cinema?

          Certo, sì. Oltre al film di Olmi “Il villaggio di cartone”, c’è anche un film recente di Emanuele Crialese che si chiama “Terraferma”, che tratta l’argomento dell’immigrazione. Stupisce che proprio al centro di entrambi i film ci sia un episodio particolare. E’ la storia di due ragazzine africane che - nei precedenti soggiorni nei campi profughi nell’Africa del Nord, dove sono state trattenute per mesi - hanno subito una violenza sessuale e quindi arrivano sulle sponde italiane in stato di avanzata gravidanza e partoriscono un bambino proprio lì. In Olmi, più esplicitamente, questa nascita diventa una natività: cioè, vedere la nascita di ogni uomo come una riproposta della nascita di Gesù.

Giada Aquilino

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