Festa del papà: una ricerca sugli uomini 'in attesa' .

Le loro storie parlano di impegno e sacrificio, e di grandi capacità scientifiche. Hanno saputo conciliare la famiglia con l'eccellenza nel lavoro. E sono d'esempio a tante altre. Cambiano i pannolini per il piacere di farlo. Sono felici di aiutare le mogli...

Festa del papà: una ricerca sugli uomini 'in attesa' .

da Quaderni Cannibali

del 19 marzo 2007

 

PADRI SI DIVENTA

 

 

Le loro storie parlano di impegno e sacrificio, e di grandi capacità scientifiche. Hanno saputo conciliare la famiglia con l’eccellenza nel lavoro. E sono d’esempio a tante altre.

 

 

Se si dovesse tirare una linea, di quelle che segnano confini netti e senza possibilità di correzione, per definire la differenza tra madri e padri verrebbe da usare un’esperienza che tutti avranno fatto nel parlare comune: chiedere di raccontare l’attesa di un figlio e la sua nascita. Chi è mai riuscito ad arrestare il fiume di parole di una madre alle prese col racconto del momento più importante della sua vita? E chi, d’altro canto, riuscirebbe a raccogliere poco più di qualche frase spezzata da un maschio? Una donna, forse, perché non resisterebbe alla tentazione di riempire lei i silenzi...

Ma, bisognerà pure ammetterlo, quando gli uomini, vinte chissà quali resistenze, pudori o altro, di queste cose parlano, dicono molto con poche parole. Mettono a fuoco anche quello che le mamme forse non vedono, perché la mente e il cuore sono aggrovigliati nell’esperienza al punto tale da non riuscirla a guardare come altro da sé.

È per questi motivi che incuriosisce e appassiona la ricerca Sentirsi padre che Alberto Pellai, medico e scrittore, ha realizzato per la presentazione di una nuova collana editoriale, unica nel nostro Paese, 'I libri del papà' delle edizioni San Paolo. Primo volume, un testo del medesimo e prolifico autore, Sul monte della tua pancia. Le emozioni di un uomo 'in attesa' in cui il papà si rivolge così al futuro figlio: «Fino a oggi la vita mi ha abituato ad avere sempre tutto sotto controllo.

Il mio lavoro lo faccio scorrere lungo il binario del prevedibile. Ora tu vieni, invece, a portare una nuova regola: la regola della non regola. Non so chi sei, non so come sarai, so solo che ci sei. E questo a volte mi fa sperimentare una vertigine assoluta. Mi sembra di camminare come un acrobata che muove lentamente i suoi passi su una fune sospesa a metri da terra».

R.M.

   

Quale distanza c’è tra fare il padre ed essere un padre? Se lo si chiede a chi ha già percorso questo cammino, sarà facile sentirsi dire che è siderale, tanto che molti descrivono il sé stesso che accolse la notizia di un figlio in arrivo come un’altra persona, un uomo diverso rispetto a quello, mutato per sempre, cresciuto dopo, a poco a poco, insieme al figlio.

«Un uomo che decide di avere un figlio va incontro a una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di cambiamento. Diventare genitori comporta una definitiva trasformazione della propria identità: insieme al proprio bambino, un uomo vede nascere un 'nuovo sé stesso'», spiega Alberto Pellai, medico, ricercatore in Sanità pubblica all’Università di Milano, autore di 30 libri per bambini, genitori, insegnanti e operatori sanitari, e ora curatore della ricerca Sentirsi padre, realizzata in occasione della presentazione della collana San Paolo 'I libri del papà'.

«Finora, mentre le trasformazioni che interessano il mondo dei pensieri e delle emozioni delle future mamme è stato a lungo oggetto di approfondite ricerche, ben poco si è studiato dell’equivalente versante maschile, forse perché per molti uomini non è sempre facile accogliere l’esperienza della paternità a braccia e a cuore aperti. Impegni professionali, analfabetismo emotivo, delega alle madri e precedenti esperienze negative, vissute quando si rivestiva a propria volta il ruolo di figli, possono mettere a rischio l’esperienza paterna, rendendola complessa e difficile».

Difficoltà e anche paure sono emerse dalla ricerca che si è basata su interviste a circa 600 neo-papà (età media 35 anni), contattati in occasione della nascita dei figli in alcuni ospedali piemontesi (Borgosesia, Ivrea, Vercelli, Borgomanero, Verbania, Novara), coinvolti grazie ai referenti scientifici dello studio che hanno collaborato con Pellai, Gianni Bona, vicepresidente della Società italiana pediatria, e Andrea Guala, primario di Pediatria a Borgosesia.

«La fatica mentale ed emotiva che ciascun uomo deve affrontare nel momento in cui si confronta con la paternità è smisurata: nessuna altra sfida della vita comporta le stesse implicazioni emotive e psicologiche», commenta Pellai, che per le sue molteplici attività riceve le confidenze e le richieste di consiglio di decine di padri. Dal 2005 collabora anche al programma di Radio 24, Essere e benessere, condotto da Nicoletta Carbone, insieme alla quale, sempre su Radio 24, ogni sabato alle 12 conduce l’unico programma radiofonico nazionale dedicato alla relazione tra genitori e figli, intitolato Questa casa non è un albergo.

La ricerca da lui coordinata sottolinea anche come molti uomini non conoscano ancora alcuni aspetti di rilevante importanza per lo sviluppo del bambino. Per molti, sopravvivono convinzioni derivate da un retaggio delle credenze popolari o da informazioni che da decenni non sono più ritenute valide. Solo un papà su 10 ha partecipato ad almeno due incontri all’interno dei corsi di preparazione al parto e per molti il 'primo contatto professionale' con operatori esperti che possono aiutarli a saperne di più sulle esigenze del proprio figlio avviene solo in occasione del parto.

La maggioranza sa che la madre al ritorno a casa dal reparto di ostetricia potrà essere fisicamente molto stanca, ma pochi mettono in conto che la moglie potrà sentirsi molto triste una volta dimessa dall’ospedale, dopo la nascita del proprio bambino.

 

 

Disponibilità sì, sicurezza no

 

Attenzione, però: negli ultimi decenni molto è cambiato. I nuovi papà sembrano consapevoli che il loro ruolo si giocherà anche intorno ad aspetti concreti dell’allevamento e della cura del figlio. L’80 per cento afferma che non sono solo le mamme a doversi occupare dell’igiene del bambino, percentuale che sale al 90 per cento quando ai padri si domanda se sono consapevoli che un figlio li obbligherà a rimanere per tempi molto più lunghi del solito in casa.

Alla disponibilità, tuttavia, non corrisponde altrettanta sicurezza in sé stessi. Richiesti del proprio parere sull’affermazione: «Un padre sa sempre come ci si prende cura del proprio bambino», la maggioranza ha affermato di non condividerla, convinti che le madri siano quelle portate a prendersene cura.

«In quest’ottica può davvero essere utile aiutare i padri a sviluppare nei nove mesi di gravidanza un percorso che li porti ad affrontare la prefigurazione del loro ruolo, a immaginare come si giocheranno sul campo della genitorialità, una volta che il loro bambino è nato. 'Sentirsi padre' è molto più importante che 'sapersi padre' e soprattutto sapere tutto sull’essere padre», spiega Alberto Pellai, che sottolinea la differenza tra il 'saper fare' dei neo-papà disponibili a prestazioni di tipo concreto e la predisposizione mentale ed emotiva 'a prendersi cura'.

«I padri di oggi sono molto più presenti e attenti rispetto a quanto succedeva in passato, ma al contempo hanno bisogno di essere presi per mano e accompagnati alla scoperta del saper fare e del saper essere. A volte i neo-papà entusiasti e fai-da-te, i cosiddetti 'mammi', sono stati denigrati, ma la nostra ricerca racconta che sono papà che hanno cominciato un nuovo percorso alla scoperta di sé stessi e del proprio ruolo. Sono uomini che vogliono entrare in contatto con la propria esperienza emotiva, abbracciandone i passaggi complessi, ma anche le mille potenzialità».

 

 

   

CHE COSA SANNO, FANNO E PENSANO

 

4 papà su 10 sono convinti che prendere in braccio un bambino quando piange significa viziarlo.

1 su 10 ha partecipato ad almeno due incontri all’interno dei corsi di preparazione al parto.

6 su 10 affermano che gli amici maschi spesso spaventano i futuri papà, avvisandoli che «la loro vita cambierà drasticamente dopo la nascita di un figlio».

9 su 10 sono consapevoli che un figlio li obbligherà a rimanere per tempi molto più lunghi del solito in casa, dopo la sua nascita.

8 su 10 hanno assistito al parto per queste motivazioni: come atto d’amore per la compagna, per condividere emotivamente quel momento, perché è un appuntamento irrinunciabile.

2 su 10 hanno rinunciato ad assistere al parto per ansia o paura, per impegni di lavoro o perché la suocera ha voluto rimanere vicino alla propria figlia.

 

 

 

A COLLOQUIO CON TRE GIOVANI NEO-PAPÀ. ENTUSIASTI

 

La pratica è più bella di tutte le teorie

 

Cambiano i pannolini per il piacere di farlo. Sono felici di aiutare le mogli. E dicono: «Peccato che i nostri padri...».

 

Greta è nata lo scorso 28 febbraio e i suoi genitori, entrambi liberi professionisti, Nicola (35 anni) e Federica (34) sono ancora emozionati nonostante il daffare. Il papà è appena rientrato al lavoro. Racconta che ha seguito diligentemente il corso e ha assistito al parto finché ha potuto. La bambina, infatti, è nata con taglio cesareo e, poiché la prassi non lo prevede, non ha potuto stare vicino a sua moglie, ma è stato lui che per primo ha tenuto in braccio Greta: «Per me è stata una fortuna poterla abbracciare subito. Ho provato un’emozione enorme. Greta ha pochi giorni e nell’assisterla il ruolo mio e quello di mia moglie sono sicuramente paritari».

Quando una donna subisce un cesareo ha bisogno di maggiore sostegno nei primi giorni, per quanto riguarda la cura del bambino. Nicola, come tutti i papà della sua generazione, non si è tirato indietro, ma non per dovere: «Cambio anch’io i pannolini, ma non lo faccio per compiacerla o per aiutarla. Lo faccio perché mi fa piacere».

Nicola si sente coinvolto nella gestione della neonata anche perché sua moglie non è la mamma apprensiva che pensa di saper fare tutto lei: «Io e mia moglie siamo stati sino a ora indipendenti e al tempo stesso collaborativi su tutto. Per la bambina, non credo ci saranno problemi o discussioni».

 

 

Un entusiasmo palpabile

 

Ecco cosa contraddistingue i nuovi papà, sempre più pratici, più pronti e decisi a essere intercambiabili con la propria compagna. Sergio (36 anni) è il papà di Viola, nata lo scorso 18 luglio. La bimba ha otto mesi, sta sul seggiolone e mangia le pappe. Sergio è insegnante di educazione fisica e, come sua moglie Daniela, che ha 35 anni, è anche allenatore. Lui di una squadra di calcio e lei di ginnastica ritmica. L’entusiasmo di Sergio è palpabile. Come da copione ha assistito al parto. Si immaginava che per la mamma fosse meno doloroso, ma anche lui non può dimenticare il momento in cui ha visto il viso di Viola. Per quanto riguarda l’organizzazione della nuova famiglia, sembra procedere tutto per il meglio: «Abbiamo orari abbastanza compatibili. La nonna materna tiene la bambina mezza giornata e poi, a seconda dei nostri impegni lavorativi, o la tengo io o la tiene mia moglie».

 

 

Il problema del bagnetto

 

Poiché Viola è nata in estate, per Sergio e Daniela (che da brava mamma moderna ha cominciato a lavorare il 20 agosto) sono stati facili i primi giorni. Erano tutti e due presenti e hanno vissuto insieme il rientro a casa, «quando è molto importante il sostegno fisico e morale del padre». Sergio preferisce che il bagnetto lo faccia la mamma. «Mi sembra più pratica e non mi sento abile come Daniela. A me piace darle la pappa, portarla a spasso e giocare con lei. Ma mai avrei immaginato cosa avrei provato quando, come succede adesso, mi riconosce, mi guarda e mi sorride...».

Sergio si sente molto sereno e tranquillo nel suo nuovo ruolo, ammette ridendo che, anche se sua moglie ama confrontarsi, nelle decisioni la parola della mamma è quella risolutiva. Lui, comunque, ascolta i consigli senza, però, farsi condizionare: «Non mi sono documentato sui libri come fanno tanti. Secondo me nel crescere i figli bisogna usare soprattutto l’istinto. Quando hai un bambino piccolo sembra che tutti siano esperti di puericultura e debbano riempirti di consigli».

Pare che nelle nuove coppie di genitori vadano a scomparire i ruoli ben distinti di una volta. Ma c’è anche chi si è posto la domanda: «Che tipo di padre vorrò essere?». Era, qualche mese fa, la riflessione di Alessandro (41 anni, giornalista) mentre sua moglie Laura aspettava Michela, nata il 21 dicembre. Le ha persino detto: «Non mi sento portato a fare il 'mammo'. Forse è meglio che faccia il padre tradizionale, che al massimo prende in braccio il bambino». «Fa’ come ti senti», è stata la saggia risposta di Laura, che vuole andare incontro al marito in difficoltà. Adesso Alessandro e Laura ridono ricordando quei discorsi.

È infatti bastato poco e le teorie hanno cominciato a far acqua: «Mi è capitato di incontrare dei papà che, con una visione fortemente 'machista', si vantavano di non occuparsi della cura pratica dei figli. In quel momento ho capito che non mi potevo certo riconoscere in quel modello di padre. Poi, quando è nata Michela, il dilemma si è risolto da sé. Nella gestione quotidiana della bambina non ho potuto esimermi dal curarla proprio come fa mia moglie».

Tutti e tre i neo-papà intervistati sentono la diversità con i loro genitori. Sanno di essere più coinvolti, ma soprattutto come dice Alessandro: «Penso con tristezza a mio papà, che non c’è più, e non ha avuto la soddisfazione di accudirci quando eravamo in fasce. I nostri padri rispondevano a un codice comportamentale che allora era molto forte ed era difficile da combattere».

 

 

   

LE RACCOMANDAZIONI DEI RICERCATORI

 

1. Si stanno modificando il ruolo e la funzione paterna nel periodo pre e perinatale. Queste modifiche devono essere divulgate e sostenute anche dai media.

2. I padri mancano ancora di 'alcuni saperi' che potrebbero, invece, potenziare e migliorare la qualità della relazione con il proprio figlio e con la propria compagna.

3. Molti padri ancora non credono all’esistenza di un vero e proprio 'istinto paterno' e soprattutto ritengono che esso sia di qualità inferiore a quello materno.

4. Non sempre hanno piena consapevolezza delle trasformazioni emotive che l’esperienza della genitorialità porta con sé. Sono spesso impreparati ad affrontare le trasformazioni emotive proprie e della moglie, conseguenti alla nascita del figlio.

5. I papà spesso non vengono coinvolti in strategie preventive volte alla riduzione della depressione post-partum che colpisce le donne.

6. Dovrebbero essere incoraggiati a stare con la propria compagna e il proprio bambino per almeno una settimana dopo la nascita.

7. La società dovrebbe facilitare la visione della paternità, oltre che quella della maternità, come un autentico e prezioso capitale sociale.

 

 

Orsola Vetri, Renata Maderna

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