«Quando mio padre è morto so¬≠no rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha aiutato».
del 15 marzo 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          «Quando mio padre è morto so­no rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha aiutato». Flavio Insinna, nel maggio scorso, dopo la perdita del padre Sal­vatore, aveva detto stop alla tv e al cinema. «O­ra non mi interessa, voglio solo dedicarmi al­la mia famiglia» aveva dichiarato. Nel frat­tempo, però, ha scritto un libro, Neanche con un morso all’orecchio, appena pubblicato da Mondadori, un omaggio al genitore scom­parso. E, a breve, tornerà su Canale 5 con un nuovo game show preserale. «Il libro non è stato una terapia, avevo un impegno prece­dente per un’autobiografia – spiega l’attore – . Nei giorni in cui ho scritto stavo peggio. Ma ora che la gente comincia a leggerlo, mi ac­corgo che sono in tanti a provare le stesse co­se». Nel libro c’è un Insinna dietro la 'masche­ra': lei racconta gli ospedali, la malattia, la morte
          È quello che ho vissuto. Non ha importanza l’età, mio padre aveva 83 anni, per calcolare l’amore e il vuoto che uno lascia. Lui ha cer­cato di fare di me una persona e un cittadino onesto. Mi manca la terra sotto i piedi, ma mi è rimasto il cielo sulla testa, che è mia mam­ma. Ora il mio compito è quello di starle vi­cino, di convincerla che ci sia ancora un mo­tivo per vivere. Lei crede nell’aldilà?
          Di recente mi hanno proposto un nuovo gio­co su Canale 5, il primo pensiero è stato: «De­vo chiedere il parere a papà». Ho una sua bel­lissima foto in bianco e nero sempre con me, e mezza chiacchieratina al giorno con lui me la faccio. Sono certo che mi ascolti. Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare. Ho un rosario sempre in tasca, regalatomi da un amico sacerdote. E sono riuscito a resi­stere. Ho cercato disperatamente di non sen­tirmi tradito, se no avrei avuto la sensazione di avere perso una partita due volte. Se pen­sassi di essere tradito dalla mia luce più for­te che è la mia fede cattolica, sarei nel deser­to. Nel Padre Nostro diciamo «sia fatta la tua volontà»: e io mi piego, sbando, però mi sfor­zo di restare appigliato con testardaggine. Lei racconta anche del suo «male di vivere»
          Il male di vivere lo provo sin da ragazzino, so­no diviso tra due anime. Da mia madre ho preso la parte giocosa e divertente, la fede, la voglia di darsi. Da mio padre ho ereditato i si- lenzi e i momenti di isolamento. Il rapporto con lui è stato molto conflittuale da ragazzo, per fortuna da adulto ho saldato tutti conti, l’ho stritolato in abbracci quotidiani. È vera la frase: «Goditi i genitori finché ce li hai». Difficile affrontare il dolore da personaggio pubblico
          Mentre mio padre moriva, in ospedale in mol­ti mi hanno chiesto autografi e foto. Al mo­mento mi arrabbiavo, poi ho capito che an­che loro erano lì perché avevano qualcuno che soffriva: un sorriso non si nega a nessu­no. A volte, poi, il Padreterno ti fa venire in­contro una bambina, che ti mette le manine fra le tue come per chiedere aiuto, mentre la madre in una stanza sta morendo di cancro. Momenti che non scorderò più. Suo padre era un medico. Che cosa le ha in­segnato sulla malattia?
          Lui si è occupato di tossicodipendenti, disa­bili e malati di mente. A 10 anni come regalo mi portò in Canada, perché era medico alle Paralimpiadi. Quando arrivammo mi disse: «Ecco, ora spingi quel signore sulla sedia a rotelle. Così quando ti lamenti, ti ricordi di questo ragazzo che nuota senza gambe». Spinsi quella carrozzella per un mese, una grande lezione. E poi lui diceva che funziona la tachipirina, ma serve anche l’Ave Maria. Il matrimonio dei suoi genitori è stato un e­sempio
          Sono stati insieme 51 anni. Non si può dire che erano altri tempi, sono le persone che fanno i tempi. Loro si sono spesi per noi, con­sumati. Ricordo la tonaca di don Bosco a To­rino, quando giravo la fiction: era lisa, sfon­data, usata tutta per amore degli altri. I miei, erano come quella tonaca. E lei, che genitore sarebbe?
          A mio figlio passerei quegli insegnamenti. E cercherei tutti i giorni di fargli capire che ci sono, che c’è una famiglia che lo aiuterà. Ora, finalmente, lei torna a lavorare
          Sto preparando per Canale 5 un nuovo gioco preserale, molto autoironico, Il braccio e la mente in onda o a fine aprile o a tra qualche mese. La Corrida? Ho un paio di idee per rin­novarla, vedremo se passano. E poi, girerò u­na bellissima commedia sui sentimenti di Fausto Brizzi in due puntate per Canale 5. L’importante, comunque, è fare scelte oneste.
Angela Calvini
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