Con l'episodio di Zaccheo, forse il testo più bello sulla ricerca di Gesù, torniamo alla forma del racconto. L'incontro tra Gesù e Zaccheo realizza la salvezza, impossibile a tutti, ma non a Dio (18,27) presso il quale nulla è impossibile (1,37). Finalmente il desiderio dell'uomo di vedere il Figlio dell'uomo si incontra con il “dovere” di questo di dimorare e riposare presso di lui. Esercizi Spirituali per Universitari. terza e ultima parte
del 13 marzo 2009
Con l’episodio di Zaccheo, forse il testo più bello sulla ricerca di Gesù, torniamo alla forma del racconto. L’incontro tra Gesù e Zaccheo realizza la salvezza, impossibile a tutti, ma non a Dio (18,27) presso il quale nulla è impossibile (1,37). Finalmente il desiderio dell’uomo di vedere il Figlio dell’uomo si incontra con il “dovere” di questo di dimorare e riposare presso di lui. Il racconto ha una funzione di “chiusura” narrativa del grande viaggio verso Gerusalemme, e di “portale” di ingresso alla città santa e agli eventi che lì si svolgeranno. Il racconto è dunque veramente esemplare, e l’analisi lo conferma, perché si staglia sullo sfondo di una duplice ricerca: la ricerca di Dio da parte dell’uomo; la ricerca dell’uomo da parte di Dio. All’interno di questa ricerca che s’incrocia, si pone la figura di Gesù che «è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10). Il parallelismo tra “cercare” e “salvare” fa di questa pagina stupenda del vangelo di Luca, quasi un testo che rilancia il cammino della ricerca, ma ora essa si determina in senso salvifico.        
È l’unico testo nel quale esplicitamente, attraverso un’inversione dei ruoli, Gesù che in un primo momento sembra l’oggetto della ricerca, ne diventa in realtà il soggetto principale, il vero protagonista, sicché la ricerca dell’uomo sembra essere già contenuta, resa possibile e preceduta da quella di Dio in Gesù. Viene alla mente l’espres­sione di Agostino, l’insonne cercatore di Dio: “io non ti cercherei, se tu non mi avessi già trovato”. Notiamo anzitutto che il brano è aperto e chiuso da un verbo che ricorre due volte, all’inizio e alla fine: il verbo “cercare”. «Zaccheo cercava di vedere Gesù» (v. 3); e alla fine si dice «il Figlio dell’uomo è venuto, infatti, a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10). Il testo è contenuto come tra due parentesi e parla di una duplice ricerca: da un lato, la ricerca che ha come protagonista Zaccheo e, dall’altro, la ricerca di cui è fatto oggetto Zaccheo, di cui Zaccheo è il segno palpabile, vivente. L’episodio si snoda così tra due ricerche: da una parte l’inquieta, aperta, curiosa ricerca dell’uomo, che è Zaccheo; e, dall’altra, la pacificante, decisa, coraggiosa ricerca del Figlio dell’uomo, che è Gesù. Due ricerche: una che dal basso sale verso Dio e l’altra che da Dio viene verso l’uomo nella persona e nella figura di Gesù.
Il concreto svolgimento di questa ricerca reciproca prende figura all’interno di due schemi. Il primo ci fa osservare la superficie, la scorza dell’episodio; il secondo ci introduce nel profondo della vicenda che si snoda tra Zaccheo e Gesù. Sono come due onde sismiche che s’incontrano, una di superficie, che increspa il desiderio di vedere Gesù, l’altra di profondità che incontra la vicenda di Zaccheo, suscitando un sommovimento tellurico nella sua esistenza.
Il primo schema ci mostra anzitutto la successione dei personaggi. Prima c’è Zaccheo (prot-agonista) che è definito con due caratteristiche, per così dire, sociali: esattore e ricco. Poi c’è Gesù, che è oggetto della ricerca curiosa di Zaccheo («cercava di vedere quale fosse Gesù»). E fra i due s’interpone, si mette in mezzo la folla, a modo di ostacolo da superare, mettendo in luce la difficoltà di Zaccheo a causa della sua piccola statura. Se ora osserviamo il movimento della scena, notiamo questo: Zaccheo cerca di superare l’ostacolo con uno spostamento geografico, che viene presentato come uno slancio («corse avanti»). Sale sul sicomoro per vedere Gesù. Infine, notiamo il risultato dell’operazione: l’ostacolo è superato e Zaccheo può vedere Gesù nonostante la folla e nonostante la sua piccola statura. Si tratta di un movimento di superficie che è facile osservare e che ognuno può riscontrare. Questo movimento, però, è il segno del cammino più profondo percorso da Zaccheo. Esso è ambientato nello spazio della città, luogo dove Gesù “doveva passare”. L’evangelista fa notare che il movimento spaziale è segno di un cammino profondo che avviene nella vita di quest’uomo, un cammino che ritroviamo nel secondo quadro.
 
Passaggio nella città
1Entrato in Gerico, attraversava la città.
Prot-agonista
2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,
L’intenzione della ricerca
3cercava di vedere quale fosse Ges√π,
L’ostacolo esterno e interno
ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
La realizzazione della ricerca
4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro,
Passaggio nella città
poiché doveva passare di là.
 
Il secondo schema ci fa incontrare ancora gli stessi protagonisti. Ora, però, l’ordine sembra capovolgersi: la scena si concentra su un luogo che poi si preciserà come dimora nella casa. Osserviamo i personaggi. Prima c’è Gesù che è il soggetto di una ricerca decisa e amorosa (in un primo tempo sembra co-agonista del racconto). Prende l’iniziativa di chiedere ospitalità a Zaccheo: «Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito!”». L’iniziativa, dunque, è presa da Gesù. Zaccheo vi aderisce scendendo e accogliendolo: la prima risposta di Zaccheo sembra solo la reazione del prot-agonista. Zaccheo, questa volta non è più definito, con la sua carta d’identità sociale, ma è descritto in termini morali, per il suo comportamento: si dice che è «peccatore», amato da Gesù e odiato dalla folla. Gesù lo «guarda» con uno sguardo intensissimo. Tra i due si frappone ancora la folla. Questa volta però non è più solo un ostacolo spaziale da superare, ma è una barriera personale. La folla non vuole che Gesù si avvicini a Zaccheo, perché è peccatore: «Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore”». I peccatori, soprattutto gli esattori delle tasse, erano (e sono) particolarmente odiosi. Che cosa avviene sotto la superficie dell’episodio descritto sopra? Il movimento, prima delineato, ora si capovolge. L’ostacolo è superato da Gesù che, nonostante tutto, allaccia un rapporto personale con Zaccheo. Gesù vuole entrare nella sua casa (la casa è lo spazio per indicare l’ingresso nella buona relazione con il Signore), dopo aver superato la distanza che lo teneva lontano. Gesù lo guarda, lo raggiunge, entra in comunicazione con lui. L’iniziativa di Gesù è corrisposta dai gesti di Zaccheo (c’è una sequenza di verbi bellissima): “scende in fretta”, “gioisce”, “l’accoglie in casa”, “si rialza”, “è tutto proteso verso Gesù”, “decide di cambiare vita”. Il movimento di Gesù nei confronti di Zaccheo (ormai non è più uno spostamento fisico, ma un movimento della vita) produce una serie di comportamenti che cambiano l’esistenza di quest’uomo. Fino a restituire quattro volte tanto!
 
Passaggio nella casa
5Quando giunse sul luogo,
co-agonista
Gesù alzò lo sguardo e gli disse:
Intenzione della dimora
«Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Reazione del prot-agonista
6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
l’ostacolo morale e religioso
7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!».
Inversione dei ruoli  (e della vita): da prot-agonista a co-agonista
8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Emergenza delle figure originarie
9Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è [entrata in questa casa], perché anch’egli è figlio di Abramo; 10il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Passaggio nella casa
[Entrata in questa casa].
 
Si può dire che il prot-agonista Zaccheo diventa ora co-agonista di Gesù. Il mutamento dei ruoli narrativi rivela un cambiamento: Gesù è colui che prende dimora a casa e in Zaccheo avviene una radicale trasformazione di vita. Difatti, qual è il risultato? Il risultato è che l’ostacolo del peccato è superato mediante una trasformazione di Zaccheo che cessa d’essere ricco, si spoglia dei suoi averi, ripaga il male compiuto in una misura sovrabbondante. Ma l’inversione dei ruoli avvenuta a livello narrativo comporta una rivelazione nuova a livello dei personaggi. Sulla bocca di Gesù abbiamo la duplice rivelazione, che “accade” nell’oggi di quella casa. L’incontro è un evento non solo dove accade qualcosa, ma nell’accadimento si rivela e si comunica una nuova figura di Dio e una nuova identità dell’uomo. Zaccheo rivela dentro di sé il “figlio di Abramo” che prima era nascosto, mentre ora è diventato manifesto. Contemporaneamente si rivela anche chi è Gesù: non è semplicemente un profeta. Gesù è il segno vivo di Dio che cerca l’uomo senza misura, senza risparmiarsi. L’evangelista, con l’espressione finale, non descrive solo la missione di Gesù, ma la rivelazione del suo Volto: «Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto».  Questa appare un’autentica rivelazione del volto di Gesù, che assume e somma narrativamente quelle precedenti. Gesù è il segno reale della ricerca amorosa di Dio per l’uomo. Questa ricerca è la salvezza dell’uomo e la sua vita in pienezza. Molte volte Zaccheo avrà voluto cambiare la propria vita disonorevole e invisa alla gente, ma solo la sorpresa della venuta di Dio nella vicenda di Gesù tocca l’uomo e trasforma anche le situazioni più distanti e senza speranza.
È possibile indicare cinque momenti presenti in questo cammino, che raccolgano in pochi tratti le indicazioni sparse nella lettura.
 
 
1.      L’uomo è cercatore di Dio
 
Il primo momento presenta l’uomo come cercatore di Dio. Direttamente Zaccheo vuole vedere Gesù, non Dio, ma la sua ricerca esprime le tensioni fondamentali verso il significato più profondo della vita, che hanno a che fare con il mistero di Dio. La ricerca di Zaccheo, la ricerca dell’uomo e della donna, anche dell’uomo e della donna d’oggi, è però segnata da due caratteristiche particolari. Anzitutto, è una ricerca aperta e insicura. Molte volte – per usare le parole di san Paolo – va “come a tentoni”, quasi senza sapere dove andare. Zaccheo non sa chi è Gesù, forse non sa che cosa propriamente sta cercando. Anche l’uomo d’oggi, nella ricerca all’interno della propria vita, quando cerca qual è il suo destino, il suo cammino, quando pensa alla famiglia, alla casa, al lavoro, avverte come la sua ricerca sia aperta, senza meta. A volte gli sembra di non cogliere la direzione verso cui muoversi. La seconda caratteristica della ricerca dell’uomo è la separazione. Zaccheo è separato spazialmente da Gesù, ma soprattutto è separato moralmente da colui che vuole incontrare. È lontano, è peccatore! Anche oggi la nostra ricerca è impastata di tanti grovigli, di tante ansie che portano in un’altra direzione, manifesta un bisogno del tutto e subito, del vissuto immediato, della gratificazione istantanea, del sensazionale e dell’esoterico o, comunque, di qualcosa che è capace di creare dentro di noi emozioni sempre nuove. Osserviamo: l’insicurezza e la separazione della ricerca di Zaccheo s’influenzano e si aggravano reciprocamente.
Non bisogna aver paura. Il Signore non disprezza l’inquieta ricerca dell’uomo, anche quella quasi soffocata dalle preoccupazioni dell’attimo fuggente. Il Signore vuole fermarsi a casa sua e, se soltanto gli apre la porta e lo introduce nel suo spazio interiore, allora s’accorge e scopre che Dio è cercatore dell’uomo in Gesù. Dio cerca da sempre l’uomo. Anzi il lettore della pagina evangelica sa che il primo impulso curioso di sapere chi è Gesù, di conoscere qual è il significato delle cose che fa ogni giorno, è già preceduto dalla ricerca di Gesù e di Dio che viene nella sua casa. Il volto di Dio che Gesù manifesta è capace di dare un significato più preciso alla sua ricerca: non la soffoca, non dice che è sbagliata. La purifica, la fa crescere, la fa maturare.
 
 
2.      Dio è cercatore dell’uomo in Gesù
 
Il secondo momento traccia il movimento inverso: Dio cerca l’uomo. La ricerca da parte di Dio ha, a sua volta, due caratteristiche corrispondenti alla prima. È una ricerca capace di far crescere, far maturare, portare a compimento il procedere quasi a tentoni dell’uomo. Il fatto che Dio si presenti in Gesù manifesta che la ricerca umana non è lasciata e abbandonata semplicemente a se stessa, ma è fatta crescere e maturare. Egli dice all’uomo d’ogni tempo: «Cerca sempre, cerca senza mai stancarti». La ricerca dell’uomo da parte di Dio è capace di rivelare qualcosa che non è semplicemente nella linea del pensiero umano, del suo desiderio, pur importante, nella linea del suo bisogno. È capace di prendere dal di dentro i desideri e i bisogni, di trasfigurarli e portarli verso gesti e traguardi insospettati. Il lettore prova a pensare alla sua ricerca. Coltiva dentro di sé un bisogno e un desiderio, porta dentro di sé la tristezza per qualche insuccesso, per qualche sofferenza, per una fatica e una speranza tradita. Va da Gesù e ascolta la sua parola, più per curiosità che per l’attesa che Dio sia capace di sorprendere, di rivelare una dimensione nuova di ciò che spera e desidera da lui. Qualche volta gli sembra che, figlio del postmoderno, anch’egli abbia reclinato il suo sguardo sul frammento, abbia già chiuso in anticipo l’audio, abbia già sintonizzato se stesso su un’altra onda, per non aprirsi alla “sintonia di Dio” che dice parole nuove. Eppure Dio con Gesù entra come di soppiatto, è un cercatore non pentito dell’uomo d’ogni tempo, è colui a cui si può solo resistere, secondo il rimprovero di Dostoevskij: «Taci, io lo so, tu sei venuto a disturbarci!».
 
3.      Il luogo dell’incontro tra le due ricerche
 
L’incontro tra la ricerca di Dio da parte dell’uomo e la ricerca dell’uomo da parte di Dio “avviene” nella casa, è un accadimento atteso e insieme imprevisto della vita. L’incontro ha la figura di un’esperienza che muta la vita d’ogni giorno. Attraversa il vissuto concreto, la vicenda personale. Dio non incontra l’uomo a lato della vita, ma nel centro dell’esistenza. Diceva Bonhoeffer: «Dio, o lo s’incontra al centro dell’esistenza o non lo si può trovare, perché il Dio che sta alla periferia della vita non è certamente il Dio cristiano, è un suo surrogato». Il lettore del vangelo sa che il vissuto personale, la vicenda personale è una cosa difficile da tenere unita. Fa fatica a comprendere che la vita sia una sintesi tra la serie di attimi frammentari, di eventi, di incontri, di volti, di persone e l’ispirazione unitaria che possiamo cogliere in essi. L’elemento decisivo dell’incontro è di saper aggrappare tutti i gesti della vita, della giornata – le parole, i sentimenti, i desideri, i gesti, le persone – a qualcosa di più grande, a un significato più profondo, il quale sia come il filo rosso che dà valore e gusto a tutto ciò che l’uomo fa e desidera. Il lettore giovane che sta studiando e lavorando, chiede se sia possibile costruire una giovinezza che abbia una prospettiva profonda; intuisce che non può solo misurare le decisioni in base al risultato che ottengono nell’arco di una giornata. Il giovane sa che chi ha più futuro dinanzi che passato alle spalle non costruisce nulla, se non in un orizzonte che dia senso al cammino e alla fatica d’ogni giorno.
 
4.      La ricerca avviene in un dramma
 
Il quarto momento parla dell’incontro come un dramma che mette in gioco due libertà: quella di Gesù che si esprime nei suoi gesti (la volontà di dimorare nella casa del pubblicano, di parlare con lui, di farsi suo commensale) e quella di Zaccheo di operare un cambiamento personale, di camminare secondo il desiderio di Gesù (si confronti la sequenza dei gesti che descrive la reazione di Zaccheo: scende in fretta, è pieno di gioia, l’accoglie in casa, sta ritto davanti a lui, è tutto proteso verso Gesù, decide di cambiare vita in modo radicale). Il lettore vede che l’incontro con il Signore comporta di entrare nella buona relazione con lui, un agire disteso nel tempo che trasforma il cuore e la vita. Da un lato, dunque, la libertà di Dio che in Gesù cerca l’uomo, vuole raggiungerlo dov’egli si trova, si fa suo compagno di viaggio e commensale, si prende cura della pecorella smarrita (è peccatore!) ed esclusa (è un pubblicano!); dall’altro, l’incontro è un dramma umano di trasformazione, trasfigura il cuore, cambia la vita, fa risorgere la speranza, fa rinascere la buona e salutare relazione con Dio. Anzi, è l’incontro dove l’uomo da prot-agonista che con un colpo di genio salta l’ostacolo fisico (la folla e la statura) che lo teneva lontano da Gesù diventa co-agonista che scopre dentro di sé la genialità cristiana. Accogliere l’invito di Gesù, che vuole dimorare presso Zaccheo (e il lettore) nella casa dell’incontro, suscita un agire che fa l’uomo nuovo, crea un’identità nuova, che lo colloca nella nube di tutti quei geni della fede, uomini e donne, che hanno trasformato la loro vita in una misura sovrabbondante. Gesù annuncia che il Dio dei padri è un Dio intento all’uomo. Gli uomini invece a volte ammettono o escludono da Dio, innalzando barriere e separazioni o costruendo immagini e maschere distorte. L’incontro con Gesù è dunque un evento che suscita non solo un’azione (desiderio di vedere) ma anche una re-azione (il gesto di cambiare); è un incontro salvifico, beatificante, rimette l’uomo in piedi, lo fa letteralmente “ri-sorgere”, gli dischiude la speranza. La collocazione dell’episodio da parte di Luca come portale d’ingresso degli eventi pasquali anticipa già il significato della pasqua.
 
5. Un incontro pasquale anticipato
 
Il quinto momento illustra il significato pasquale dell’incontro che da una nuova identità. Il testo evangelico si conclude quasi a scena aperta con un commento a beneficio del lettore: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». L’“oggi” pasquale di Luca è anticipato in tutti i momenti importanti nel suo vangelo: alla nascita del Salvatore sulla bocca degli angeli (2,11); al momento inaugurale del ministero nella sinagoga di Nazaret (4,21); al termine della guarigione-riconciliazione del paralitico (5,26); nell’episodio di Zaccheo, a chiusura del cammino verso Gerusalemme e all’inizio degli eventi della passione (19,5.9); nel preannuncio del rinnegamento di Pietro (22,34.61); nella beatitudine concessa al buon ladrone in croce (23,43). L’esperienza della salvezza-riconciliazione che i discepoli devono far propria lungo il cammino fino alla pasqua è annunciata all’inizio della storia di Gesù, come rivelazione “dall’alto” (sulla bocca degli angeli). Gli angeli del Natale diventano lungo il cammino i discepoli – nuovi annunciatori – di Pasqua e Pentecoste. L’“oggi” della salvezza non è solo la buona notizia di Gesù, ma è la sua stessa presenza.
Per questo l’episodio di Zaccheo anticipa quanto avviene in modo drammatico negli eventi della passione e della risurrezione, e può fornirci il canovaccio per entrare nella terra santa della Pasqua. Con il pubblicano Zaccheo, la salvezza si fa vicina perché rivela il volto dell’uomo, come figlio di Abramo, e il volto di Gesù, come colui che è venuto per cercare e per salvare. La redenzione si fa “domestica”: “oggi” la salvezza entra in “questa casa”, prende dimora tra noi, riveste la nostra carne e la nostra storia. Il prendere casa di Gesù tra i suoi, che l’evangelista Giovanni descrive come il senso di tutta la missione di Gesù («Il Verbo si fece carne e venne ad abitare tra noi» Gv 1,14), è il Verbo sperimentato, visto e toccato, contemplato e ascoltato nei giorni della sua vita terrena. L’annuncio sulla signoria di Dio, i gesti di salvezza di Gesù, la commensalità con i peccatori, le sue parole struggenti, i suoi incontri suadenti, la sua polemica feroce con le tradizioni degli uomini per rivendicare il senso della volontà di Dio, sono il luogo dove s’incontra la salvezza che entra nella casa degli uomini, che prende dimora con loro. Anzi, è la salvezza in cui si dimora e si ritrova, come a casa, la propria identità e la pienezza di vita. La salvezza è entrata in questa casa, «perché anch’egli è figlio di Abramo». Il pubblicano Zaccheo aveva dimenticato forse d’essere figlio di Abramo, il comportamento di esclusione e di disprezzo degli altri gli aveva forse dato anche l’alibi per non sperare più di ridiventarlo. La presenza di Gesù nella sua casa, mentre rivela la presenza del Dio che fascia le nostre ferite, svela all’uomo la sua identità di figlio di Abramo. E con la gioia, gli ha portato la risurrezione di vita, il cambiamento insperato, la trasfigurazione del cuore, la trasformazione delle relazioni, la liberazione dai lacci del denaro che lo legavano a un mestiere inflessibile e duro, la generosità spropositata. Il lettore avverte un senso di gioia che attraversa la seconda parte del testo, che è l’allegrezza pura e trasformante della risurrezione. È l’alleluia della vita liberata, della zavorra gettata via, dell’identità ritrovata, della carità quadruplicata. È Luca che parla, l’evangelista della fraternità dei primi cristiani, della preghiera commossa dei credenti della prima ora, delle donne, dei discepoli, di Maria, della Chiesa delle origini. C’è la dolorosa trasformazione della croce, la freschezza della pasqua, la gioia della risurrezione.
In tutto ciò si rivela non solo l’identità dell’uomo cercato e afferrato, ma anche l’identità di Gesù. Egli è «il Figlio dell’uomo venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»: è il volto del Dio di Gesù, il volto del Gesù di Dio, il gesto del suo venire a cercare e a salvare l’uomo perduto. Potremmo dire che questa è la definizione di Dio che Gesù ci comunica: “Dio è colui che cerca e salva l’uomo perduto”. È il Dio della Pasqua! Fa bene incontrarlo in quest’episodio d’ingresso: la pasqua di Gesù è insieme trasfigurazione dell’uomo e incontro con il mistero inaudito di Dio, Colui che ha il volto, le mani e il cuore di Gesù, che è venuto a cercare e a salvare l’uomo perduto! La ricerca di Dio è la salvezza dell’uomo, la salvezza dell’uomo è il venire di Dio: “cercare” e “salvare” sono le due facce dell’unica medaglia che ha impresso, da ora e per sempre, il sigillo della Pasqua del Signore!
 
don Franco Giulio Brambilla
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