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Giovani e santità: misura alta e vita quotidiana

Ecco quali sono i passi di un percorso di santità percorribile dai giovani di oggi. «'Betta non mi hai deluso. Io so solo un cosa: TU VALI! Papà'. Quel 'TU VALI' ha trasformato la vita di Betta, non perché abbia cambiato natura, ma perché è riuscita a dare il meglio di sé! Aiutare i giovani a camminare verso la santità è, innanzi tutto, far loro sentire questo 'TU VALI'».


Giovani e santità: misura alta e vita quotidiana

da Teologo Borèl

del 31 ottobre 2007

I giovani di oggi devono confrontarsi con una cultura che punta all’esaltazione dell’autonomia o al raggiungimento forzato di obiettivi sempre più autoaffermanti; eppure è necessario intravedere anche  in questo tempo quei “segni evangelici” che permettono di educare alla santità più che mai possibile e proponibile.

 

Proprio per questo io dico a voi questa sera: fate risplendere la luce di Cristo nella vostra vita! Non aspettate di avere più anni per avventurarvi sulla via della santità! La santità è sempre giovane, così come eterna è la giovinezza di Dio.(Giovanni Paolo II – Toronto XVII GMG, 2002)

 

 (…) È ora di riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. È però anche evidente che i percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa.(da “Novo Millennio Ineunte”)

 

Il Papa ci chiede di tornare a parlare di santità e non è un’azione così ovvia e immediata. Infatti lui stesso sottolinea: « È però anche evidente che i percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità ». Anche perché il mondo dei giovani è più che mai lontanissimo dall’idea, dal concetto, dal pensiero della santità: il linguaggio, gli atteggiamenti, la mentalità l’ambiente stesso dei giovani non ha nulla che vedere con i discorsi e i cammini di santità. Mi viene in mente quando insegnavo qualche anno fa. Volevo parlare con le ragazze della classe di Piergiorgio Frassati che era definito “l’uomo delle 8 beatitudini”. «Che cosa vuol dire?» chiedo alle ragazze ed Erika, una ricciolona paffuta e simpatica esordisce: «Vuol dire che era così bravo che praticamente si può dire che era beato non una volta ma 8!». Allora spiego bene che cosa significa e leggo le beatitudini dal Vangelo. Ancora Erika mi interrompe per chiedere: «Ma scusa, beati i miti in che senso? Come Michael Jakson?». Oppure quel giovane che è andato a leggere la prima lettura in un giorno feriale nella basilica di S. Ambrogio ed era il passo di Paolo che dice: «Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che fa crescere» invece lui ha letto: «Io ho piantato Apollo: il rinnegato!». Addirittura a volte capita di organizzare un momento di preghiera con i ragazzi e alla fine essi chiedono «É già finita la Messa?». La cultura giovanile è veramente lontana dal mondo della fede in generale, ancor di più dall’idea della santità.

 

I giovani inoltre vivono nell’oggi, segnato da progressi velocissimi che si lasciano alle spalle la cultura fortemente segnata dal cristianesimo cui eravamo abituati fino a pochissimi anni fa!

Eppure Madre Teresa di Calcutta diceva: «I tempi difficili possono rivelarsi i tempi più evangelici». Vogliamo allora raccogliere questa sfida e esaminare brevemente il nostro tempo per scoprire le sfide che in essi si nascondono, magari “travestite” da problemi!

 

 

1. Era dell’informazione

Siamo davvero nel dominio dell’informazione, o meglio dell’informatizzazione per sottolineare il potere del computer. Addirittura si parla di educomunicazione per dire che non si può pensare oggi di educare a prescindere dal mondo delle comunicazioni (internet, tv, cellulare…)

* Tutto questo sembra allontanare ancora di più il mondo della fede dal mondo dei giovani, perché la fede ha un linguaggio diverso, molto diverso…

# però c’è di positivo che tutti sono stimolati a cercare linguaggi nuovi per comunicare la voglia di santità, la bellezza della santità

 

2.Tempo di grande pluralismo

Siamo in un tempo di grandi diversità: etniche, religiose, linguistiche, di comportamento. A scuola o all’oratorio sono molti gli stranieri che ormai vivono integrati nelle nostre città. La diversità, anche se ancora molto cammino rimane da fare, è un dato di fatto.

* Si può intravedere in questo un rischio di qualunquismo (Pino Daniele in un’intervista mi diceva “secondo me la musica è come Dio, tutti ce l’abbiamo dentro e non importa se si chiama Budda o Gesù o Allah…”)

# Ma c’è di positivo un’apertura maggiore alla tolleranza che qualche tempo fa era molto difficile e che è comunque un passo importante sulla via della santità.

 

3.Esaltazione dell’autonomia

Viviamo in un tempo che esalta l’autonomia, incoraggia a decidere da soli, stimola a fare di testa propria quasi ad essere ribelli e trasgressivi.

*Tutto questo porta con sé il rischio di non sapere abbandonarsi alla volontà di Dio, si attraversa così la fase della fede che rompe, perché sembra la negazione dell’autonomia e ci si ribella alla fede “bambina”.

# Ma c’è di positivo che quando i giovani arrivano finalmente a dire “io credo” è vero fino in fondo, non è più solo un’affermazione.

 

4.Valorizzazione del dibattito “secondo me…”

Viviamo in un tempo in cui chiunque può dire la propria, non sono più solo gli esperti ad avere diritto di parola, chiunque può dire “secondo me è così” .

* Tutto ciò porta con sé il rischio di scuotere le certezze, di incorrere in errori, di non avere punti di riferimento.

# Ma non c’è un’altra strada per raggiungere la meta della fede personale: bisogna passare di là!

 

5.Cultura pragmatica, scienza e tecnologia, tutto dimostrato

Viviamo in un tempo che è ormai in grado di dimostrare tutto, di provare tutto, di documentare tutto.

* Tutto questo porta con sé un grosso rischio di voler dimostrare anche la fede, eliminando qualunque spazio di mistero.

# Ma la fede che non sa dimostrare nulla, la fede senza le opere, senza qualche testimonianza è MORTA!

 

I Vescovi canadesi del Quebec, in un documento su giovani e fede affermano che è necessario fare due importanti passaggi: il primo è dal fiume alla sorgente, cioè prendere coscienza del fatto che la fede non è più ,come una volta, il fiume in cui naturalmente ci si inseriva, in cui confluivano tutti gli affluenti (i vari interventi educativi), ma la fede oggi è risalire alla sorgente, continuamente. Gli educatori della fede devono essere come dei rabdomanti che cercano ostinatamente l’acqua…

Dai corsi ai percorsi: la fede non è un insieme di nozioni da trasmettere ma è davvero un percorso da fare insieme con i giovani, come Gesù con i discepoli di Emmaus.

 

Dunque che cos’è santità per i giovani d’oggi?

È ancora il papa a dirlo: «Comunicate a tutti la bellezza dell'incontro con Dio che dà senso alla vostra vita. Nella ricerca della giustizia, nella promozione della pace, nell'impegno di fratellanza e di solidarietà non siate secondi a nessuno!» (Giovanni Paolo II - Toronto XVII GMG, 2002)

 

 

Ecco quali sono i passi di un percorso di santità percorribile dai giovani di oggi

 

1. Bellezza del rapporto con Dio

La bellezza dell’incontro con Dio è un aspetto che possiamo comunicare ai giovani e che i giovani sono in grado di raccogliere. A volte noi sottolineiamo altri aspetti della fede, ma la bellezza della fede non riusciamo a comunicarla subito. Una volta ho intervistato Albertino, un dj, e alla fine dell’intervista mi ha detto: «Anch’io vado in Chiesa. Però ci vado quando la chiesa è deserta e silenziosa, magari anche un po’ buia perché per me, la Messa, è la cosa più triste che ci sia». Io avrei voluto dire che la Messa è la cosa più bella del mondo, ma io stessa avevo in mente alcune messe “molto tristi”... Certe volte anche le nostre Messe non sono belle. I nostri giovani non possono dire, dopo una Messa, «è stata una bella esperienza». I ragazzi sono soliti dire: «Mi sono divertito» che è un’espressione superficiale, ma se dicono mi sono divertito è come se dicessero: «È stata una bella esperienza». Una ragazza diceva: «La Messa più bella che ho vissuto è stata quando è andato via Don Giorgio dalla Parrocchia. Ho pianto tanto». Per i giovani la bella esperienza è quella che li tocca anche emotivamente. Un’esperienza bella è quando ci si sente toccati dentro e la Fede guai se non tocca dentro!

Ho avuto l’occasione di accompagnare una ragazza al battesimo. Si chiamava Letizia e aveva un fidanzato, Vittorio, un ragazzo molto semplice, ma con una fede molto soda. Vittorio andava a Messa tutte le domeniche e lei non era battezzata e quindi andava con lui, ma stava lì a guardare. E vedendo Vittorio sempre così sereno, con una fede che lo aiutava così tanto, si era convinta che essere cristiani era bello e voleva anche lei diventare cristiana. Quando le ho chiesto: «Ma perché vuoi essere battezzata?» lei mi ha risposto: «Perché sento che mi manca una cosa bella». Il cammino di accompagnamento al battesimo per gli adulti parte dal brano di Paolo che dice “Benedetto sia Dio…” e racconta che cosa fa Dio per noi.. E allora abbiamo guardato insieme questo brano di Paolo e io stessa mi sono accorta che davvero è bello. E lì c’è proprio la bellezza dell’essere figli di Dio. Figli lo diventiamo col Battesimo che è una cosa così bella e spiegata in modo semplice da S.Paolo.

 

2. Il rapporto con Lui nella preghiera del silenzio: il dialogo con Lui.

Possiamo portare i ragazzi all’incontro con Dio nella preghiera? Certo, perché loro sono in grado di farlo. Abbiamo fatto un momento di preghiera con i ragazzi di terza media e per fare questo ho chiamato un gruppetto di loro e ho chiesto che dicessero quali fossero gli oggetti più significativi della loro vita. Hanno detto: il telecomando, il portapenne, la smemo, le scarpe da ginnastica, il cellulare, i poster, i cd... Hanno detto una serie di oggetti che loro usavano. Abbiamo provato insieme a fare delle preghiere a partire da questi oggetti e poi, durante il ritiro abbiamo vissuto un momento di preghiera con quei testi e con dei canti che a loro piacevano. Un’ora e mezza. Una cosa bellissima. Alla fine Alberto mi dice: ”Sai suor Ma è la prima volta che non mi annoio nella preghiera.” Eppure non era una preghiera tanto diversa dalle altre, solo che le preghiere partivano da loro e quindi i giovani possono anche intraprendere la via della preghiera. La preghiera è fondamentale: se non li educhiamo a questo è difficile che li possiamo portare alla fede e alla santità.

 

3. La carità come dono di sé, come dono gratuito

Che cos’è la santità se non riuscire a fare della propria vita un dono gratuito? Diceva Padre Cencini: «Che cosa è la vocazione? Riuscire a percepire la propria vita come un dono talmente bello da non potere fare a meno di decidere di darlo per gli altri» Una sintesi eccezionale. Che cos’è la santità se non questo: decidere di dare gratuitamente se stessi agli altri. E i giovani sono sensibilissimi a farlo. Oggi il Volontariato trova i giovani molto, molto sensibili. Qualcuno dice perché il volontariato è per un tempo, non è impegno totale e per sempre. Però i giovani sono sensibile al dono di sé. Sono sensibili a mettersi in gioco per quelli che stanno male. Sono sensibili a dare qualcosa per i più poveri. Ho in mente un ragazzo che lavorava alla Fiat con un impiego molto sicuro e prendeva uno stipendio molto, molto alto. Ebbene era talmente sensibile alle povertà degli altri che si sentiva a disagio in questo lavoro in cui prendeva tanto, ma per gli altri non gli sembrava di fare nulla, al punto che quando gli hanno chiesto di andare a insegnare in un corso professionale in cui avrebbe recepito un quarto rispetto allo stipendio che prendeva prima, ha accettato. Poiché questo lavoro di educare i ragazzi, anche i più poveri gli dava molto. Ha accettato di cambiare il lavoro. A questo aspetto della santità i giovani sono sensibili. Dipende molto da come noi riusciamo a proporglielo.

 

4. Parola di Dio, Vangelo

Quando lavoravo alla rivista Primavera, mi occupavo di musica. Un giorno mi telefona il suo manager e mi dice: «Senti, guarda che La Pina ha fatto un disco nuovo ed è bellissimo. Lo devi ascoltare perché c’è anche un Padre nostro». Conoscendo questa cantante mi sembrava molto strano. E poi mi dava fastidio il fatto che sfruttassero la religione sapendo che noi eravamo suore, che facevamo un giornale per ragazzi, e quindi avremmo battuto le mani appena sentivamo parlare di Dio. Per me diventava anche una sfida e mi dicevo «Adesso te lo smonto!». Oltretutto le foto di questa cantante la raffiguravano con un rosario intrecciato tra le mani. Mi dava fastidio. Mi sembrava che si strumentalizzasse la fede. Combiniamo l’intervista e io mi porto in questa casa discografica, l’aspetto in una stanza… lei arriva e come entra e mi vede fa un sorriso. «Ma tu sei proprio una suora?» Dico sì con la testa e lei: «Sai perché rido?». Io ero molto antipatica in quel pomeriggio e poi mi sono ravveduta. Mi dice: «Sai, è da stamattina che dico al Capo ‘Oggi non ti sento, ma perché non mi mandi un segno? Non ti sento per niente, ma dammi un segno’. È tutto il giorno che glielo dico. Quando sono entrata qui e ho visto te ho detto: ‘Ah ecco il segno!’» E mi sono sentita piccola piccola... Inizio le domande. «Tu hai scritto che hai letto la Bibbia?» «Sì, guarda, io facevo un programma in radio e un giorno ho detto: ‘Mi piacerebbe leggere la Bibbia, però non ho proprio idea di come si possa fare perché è una cosa così grossa che mi sembra un po’ difficile. Se c’è qualcuno in ascolto che mi sa aiutare io sono disponibile’». E un prete di Sondrio le ha mandato un fax che diceva «Se vuoi ti aiuto». Questo prete, via fax di settimana in settimana le ha mandato tutte le introduzioni alla Bibbia e lei l’ha letta tutta. Allora le ho chiesto: «E cosa hai scoperto leggendo la Bibbia?». E lei: «Nell’Antico Testamento Dio ha a che fare con un popolo bambino, allora deve mandare la tempesta, la siccità, dei segni concreti perché capisca. Ma nel Nuovo Testamento tu trovi Gesù che è la fine del mondo e io, da quando l’ho conosciuto, dico ai miei amici: ‘Ma che cosa andate in queste sette?’. Perché i miei amici sono tutti invasati con le sette. Ma c’è Gesù che è il meglio che ci possa essere. Da quando ho conosciuto Gesù mi sento molto contenta. Sai i miei genitori mi hanno detto che hanno capito di essere diventati adulti quando hanno smesso di pregare. Io ho capito di essere diventata adulta quando ho cominciato». E mi fa sentire la sua canzone rap che fa «Ascoltami perché ti sto pregando, non so chi sei ma so che puoi e adesso ho bisogno…». Ed è tutta un racconto: molti ragazzi sono morti, capita questo e quello, se tu puoi fai qualcosa, stordisci quelli che non si comportano bene.. Insomma quello che lei ha scoperto di Dio lo dice in una canzone. Finiamo l’incontro. Io avevo superato tutti i miei pregiudizi, anzi, siamo diventate amiche e c’era anche un bel rapporto. Dopo qualche mese mi telefona: «Mi fai un favore? Vieni a un mio concerto perché ti devo far conoscere i miei amici? Sono andata in borghese. Quando arrivo lei mi dice: «Nooo! Come faccio a convincere i miei amici che tu sei una suora?». Conosco i suoi amici e poi è il suo momento di salire sul palco. Lei arriva sul palco con due ballerini di colore al fianco – bravissimi - e dice: «Ciao a tutti! Sentite, io sono sicura che tutti voi che siete qui avete perso almeno una persona cara. Io ne ho perse tante, me le ha portate via l’eroina. Ma io sono anche convinta che tutti questi nostri amici adesso sono lassù vicino al Capo, che ci guardano. Anzi, vi dirò di più, che se adesso noi facciamo cinque secondi di silenzio li sentiamo tutti qui presenti in mezzo a noi». E poi ha alzato la mano indicando cinque con la mano e ha abbassato la testa. Silenzio totale, più di cinque secondi e poi ha ripreso la musica. Non so che cosa abbiano pensato quei ragazzi in quel silenzio. Sono sicura però che qualcuno lì dentro ha pregato. Qualcuno ha pensato agli amici morti, qualcuno si è chiesto ma che cavolo facciamo, qualcuno ha detto Padre nostro... Però grazie a questa testimonianza e a questa sua esperienza, quei giovani, erano cinquemila, quei giovani hanno avuto un momento per chiedersi che cosa succede dopo la morte? Non è vero che i giovani non sono capaci di silenzio e di preghiera. Bisogna accompagnarli e la Pina ha avuto questa grande capacità.

 

5. Rispetto dei diritti umani

I giovani sono molto sensibili alla ricerca della giustizia. C’è una ragazza di Treviso, Lucia, che sta mandando messaggi in posta elettronica continui, proprio in linea con la giustizia. Lei è una strenua ricercatrice della pace e continua a cercare qualunque frase del Papa, qualunque richiamo dei vescovi, qualunque richiamo alla pace e la manda a tutti, a tutti. Eppure la ricerca della giustizia, il rispetto dei diritti per lei è un impegno, è un imperativo etico. I giovani sono così. Quando imparano e sono sensibili ai diritti umani, alla giustizia, si battono fino alla fine per questo. E anche questa è santità.

 

6. Progetto di vita pensato cercato…

La santità è un progetto di vita pensato e cercato. Oggi parlare di progetto, ai ragazzi è sempre un po’ difficile. Anche perché voi vedete che non sono stimolati a fare un progetto. Si parla di adolescenza lunga. I giovani, fino a trent’anni sono a casa con i genitori. Non c’è tanto stimolo a intraprendere questo progetto. Però i giovani, se sono aiutati, hanno la capacità di sognare, di tirar fuori da sé ideali grandi. Ci sono. Più i giovani sono accompagnati da educatori che credono in questo, più li troviamo pronti a questo. Ci sono due ragazzi che si sono sposati a novembre e che sono due capolavori di santità giovanile. In tutto, persino nel pranzo di nozze hanno avuto l’attenzione a non fare una cosa esagerata, a fare un buffet chiamando dei ragazzi extracomunitari che hanno preparato un buffet latino americano. Non hanno voluto la lista che si fa nei negozi, ma hanno chiesto solo delle offerte per poter andare l’anno prossimo un anno in missione e lavorare in Africa. I ragazzi hanno la capacità di fare questi progetti. Hanno dentro di sé ideali grandi che li stimolano. Basta solo che riusciamo a farglieli scoprire dentro.

 

7. Fede Fiducia Abbandono

Non è vero che i giovani non sanno cosa sia la Fede e non sono capaci di vivere la fede come abbandono e come fiducia. I giovani hanno questa capacità quando sentono che una persona conta su di loro e si fida di loro, hanno la capacità di affidarsi a loro volta, di abbandonarsi a loro volta. C’è una ragazza che sta facendo un cammino – lei vuol diventare suora in un certo Istituto – ma le hanno chiesto di aspettare un periodo e di tornare a casa. Lei mi telefonava un po’ preoccupata e io le ho chiesto: «Ma se ti dicessero che non ti vogliono?» E lei mi ha detto: «Guarda, io credo che il Signore mi sta facendo fare così fatica perché io impari a capire chi tribola così tanto. E se mi diranno di no, vorrà dire che il Signore mi chiederà di capire tutte le persone che non riescono a realizzare un loro sogno. E anche lì troverò il modo per capire che cosa Dio vuole da me». Mi sono sentita piccola, piccola. Questa è Fede, questo è abbandono. Questo è credere nella volontà di Dio. I giovani lo possono fare.

 

8. Gioia come atteggiamento e conquista

I giovani sanno vivere la gioia però è anche difficile aiutarli ad andare alla gioia profonda. È facile che vivano la gioia superficiale, che si divertano, che scherzino, ma poi è altrettanto facile che questa sia una maschera. E quando scavi, dentro un’apparente risata superficiale c’è una grande tristezza, una grande inquietudine. Eppure i giovani possono arrivare alla gioia profonda. Basta ascoltarli, basta mettersi attorno a un tavolo con loro e provare a scavare un po’ più in profondità. I giovani possono andare in profondità.

 

9. Appartenenza alla chiesa

Non è vero che la Chiesa non è più a misura dei giovani. Non è vero che i giovani, di questa Chiesa, non sanno che cosa farsene. Vi racconto una scena capitata alla manifestazione della Pace. Ho provato a mettere il naso. Ho fatto un giro solo fino a S.Giovanni Laterano e sono venuta contromano, perché volevo vedere cosa erano tutte queste bandiere arcobaleno. Faceva angolo in via Labicana una casa di suore, una bellissima casa e le suore avevano messo alla finestra le bandiere della pace che faceva da tendina. E da sopra le bandiere loro spuntavano con gli occhi. I ragazzi sono passati e hanno fatto un grandissimo applauso e poi hanno incominciato a gridare: «È questa la Chiesa che ci piace!». Simpaticissimi. Soprattutto il fatto che erano belli, non erano né quelli volgari, né quelli violenti, né quelli superficiali. Erano giovani puliti. Poi ho visto che avevano un prete che li accompagnava. Quindi non è vero che i giovani sono lontani dalla Chiesa. Non è vero che i giovani non sanno cosa farsene della nostra Chiesa. Non è vero che la Chiesa non è più a misura dei giovani. La Chiesa può essere ancora a misura dei giovani. I giovani sono capaci di capire qual è la Chiesa autentica e qual è la Chiesa non autentica. I giovani hanno questa capacità. Quando Cacciari, durante il giubileo dei giovani diceva: «La Chiesa non creda che questi giovani sono qui perché amano la Chiesa. Sono qui solo per il Papa». Ditemi se è poco. L’amore al Papa è l’amore alla Chiesa. Certo c’è tutto un cammino da fare perché poi l’amore alla Chiesa vuol dire anche una certa coerenza etica, una certa morale che i giovani fanno fatica ad accettare. Però i giovani sono capaci di fare un cammino di Chiesa e di proclamare la loro appartenenza alla Chiesa. Ne sono davvero capaci.

 

10. Apostolato

L’ultimo è l’apostolato: quanto i giovani sono sensibili all’apostolato. Sono spinti, ogni volta che fanno un’esperienza bella a raccontarla, a comunicarla. Ne sentono il bisogno. C’era un ragazzo che aveva una palestra. Aveva trent’anni e prendeva anche lui un sacco di soldi. Poi ha avuto la vocazione e ha venduto, ha lasciato andare ed è diventato prete. Ma aveva così scoperto con gioia Gesù e il Vangelo che anche sul tram o sull’autobus lui attaccava bottone con tutti: «Tu conosci il Vangelo?». Lui sentiva il bisogno di parlare di Gesù a tutti. Il punto sta nel fare questa esperienza. Se i giovani fanno questa esperienza bella di incontro con Dio , della bellezza della Fede poi anche l’Apostolato è di conseguenza.

 

Attenzioni

- la santità non è mai conquista, è cammino!!!

- È un percorso personale (quello che per uno è santità per un altro è l’opposto)

- Necessità di un certo distacco (siamo servi inutili..)

 

Strategie per una pedagogia della santità

- Ascolto

- Accompagnamento

- Gradualità “esigente”

- Pazienza

- Testimonianza

 

La santità, se dovessi dirla in breve, è scoprire quanto Dio ci ama e decidere di amarlo.

Si chiamava Betta. Frequentava la seconda superiore, ma era infinitamente irrequieta e la maggior parte dei Consigli di classe passava a discutere di Betta. La preside minaccia: «Appena ne combina un’altra me la mandate in presidenza e la sospendo». Infatti il giorno dopo Betta è in presidenza. Nota sul diario: «Se domani non vieni con questa nota firmata da tuo padre, sappi che in questa scuola non metterai più piede». Disperazione generale non solo di Betta ma anche dei compagni per i quali (come capita sempre) Betta era un “capo”. Il giorno successivo, alle 8 meno 10, siamo fuori dalla scuola con i compagni per aspettarla. Finché Betta compare. Le andiamo incontro e notiamo che il suo viso era molto strano, non si comprendeva se fosse al settimo cielo dalla gioia o sotto terra dalla tristezza. In mano ha un biglietto. Incomincia a raccontare: «Ieri sera, quando sono andata a dormire, mio padre non era ancora arrivato. Allora gli ho messo il diario aperto sul comodino e questo biglietto: Papà lo so che ti deludo ma devi firmare questa nota altrimenti non posso tornare a scuola. Non ti prometto che cambierò, perché non ne sono capace, ma tu firma. Betta. Quando questa mattina mi sono svegliata ho subito cercato il diario: era chiuso sul mio comodino. Lo apro. Per fortuna la nota era firmata e papà aveva scritto dall’altra parte del mio biglietto: Betta non mi hai deluso. Io so solo un cosa: TU VALI! Papà».

Quel “TU VALI” ha trasformato la vita di Betta, non perché abbia cambiato natura, ma perché è riuscita a dare il meglio di sé!

 

Aiutare i giovani a camminare verso la santità è, innanzi tutto, far loro sentire questo “TU VALI” che Dio dice a ciascuno e vi assicuro che il cammino verso la santità sarà già a un buonissimo punto!!!

sr Manuela Robazza

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