del 04 aprile 2012(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); Scheda 1: Un tu da scoprire Scheda 2: La Chiesa è la casa della comunione con Dio e con le personeScheda 3: Di chi è la Chiesa? Scheda 4: Di cosa vive la Chiesa?Scheda 5: Chi costruisce la Chiesa?Scheda 6: Che cosa fa la Chiesa?Scheda 7: Quale missione ha la Chiesa?Scheda 8: Quando la Chiesa fa festa?Scheda 9: Chi sono i responsabili nella Chiesa? SCHEDA DECIMA: VOI, CHI DITE CHE IO SIA? (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));
GIOVANI E CHIESA PER UN DIALOGO RITROVATO 
 
 
          Siamo giunti alla conclusione del nostro cammino di verifica. Abbiamo parlato di Chiesa, della sua sorgente che è l’Eucaristia, del suo stile di vita che è a la carità nella verità, come Gesù, in Gesù!
          Ora Gesù ha diritto di una risposta, anzi di una decisione da parte dei giovani: entrare in maniera consapevole, responsabile, attiva in questa famiglia di Dio che è la Chiesa, nel suo corpo stesso, riempiendo un vuoto doloroso che si avverte nelle nostre comunità, a motivo della loro marginalità, anzi della loro assenza, per cui la Chiesa fa fatica di essere una Chiesa giovane che attrae i giovani.
Ecco le belle, incoraggianti e stimolanti espressioni di Papa Benedetto XVI, ai giovani nel Convegno citato di giugno:
          “A queste nostre comunità (parrocchiali) non deve venir meno la consapevolezza che sono «Chiesa» perché Cristo, Parola eterna del Padre, le convoca e le fa suo Popolo. La fede, infatti, è da una parte una relazione profondamente personale con Dio, ma possiede una essenziale componente comunitaria e le due dimensioni sono inseparabili. Potranno così sperimentare la bellezza e la gioia di essere e di sentirsi Chiesa anche i giovani, che sono maggiormente esposti al crescente individualismo della cultura contemporanea, la quale comporta come inevitabili conseguenze l'indebolimento dei legami interpersonali e l'affievolimento delle appartenenze. Nella fede in Dio siamo uniti nel Corpo di Cristo e diventiamo tutti uniti nello stesso Corpo e così, proprio credendo profondamente, possiamo esperire anche la comunione tra di noi e superare la solitudine dell'individualismo… Carissimi giovani, vi invito a porre a servizio di Cristo e del Vangelo il vostro entusiasmo e la vostra creatività, facendovi apostoli dei vostri coetanei, disposti a rispondere generosamente al Signore, se vi chiama a seguirlo più da vicino, nel sacerdozio o nella vita consacrata”. 
* Evidenziamo quattro lineamenti per una intesa, anzi un patto di amicizia fra giovani e Chiesa, per riaccendere un dialogo quasi spento.
- Il Papa sottolinea per i giovani il rischio del “crescente individualismo della cultura”, che si fa “solitudine dell’individualismo”, da cui proviene l’indebolimento dei legami personali e l’affievolimento delle appartenenze.
- La risposta è il ritrovamento della comunione, quella di essere noi “uniti” con Gesù e dunque di essere “uniti fra di noi” in Gesù, “una relazione profondamente personale con Dio ed una essenziale componente comunitaria, le due dimensioni sono inseparabili”.
Qui vi è da pensare e impegnarsi sulla verità per sé già umana: uno realizza se stesso, la sua libertà, in relazione di comunione con gli altri, dove – per il credente - vi è l’Altro che fa da modello, si chiama Gesù nella sua Chiesa. Campo di prova: riscoprire e vivere la propria comunità!
- “Sperimentare la bellezza e la gioia di essere e di sentirsi Chiesa”, senza di cui l’appartenenza rischia di diventare coazione, prigionia, abbandono. Anche qui vi è l’impegno dei pastori, animatori, giovani stessi di dare un tocco di bellezza alle espressioni di Chiesa, la predica, l’eucaristia, la pratica della carità (volontariato). Abbiamo strada da fare, ma siamo su una buona strada.
- Si è nella Chiesa se uno si fa Chiesa, tu hai il respiro che tu stesso respiri. Il Papa mette quattro termini: entusiasmo, creatività, farsi ‘apostoli’ dei compagni, rispondere alla vocazione che il Signore invia. Anche qui dobbiamo fare tanti passi avanti. Bisogna pensare con entusiasmo, essere creativi in ordine al vivere la comunione ecclesiale, l’Eucaristia domenicale, la carità secondo il Vangelo.
 
 
 
A conclusione del nostro percorso proponiamo tre testi-sintesi su Chiesa, Eucaristia, carità. 
* CHIESA
Dalla lettera di Paolo ai cristiani di Efeso 4, 1-6
          Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
 
* EUCARISTIA
Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 26-35
          Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
          Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 
* CARITA’
Dal Vangelo secondo Matteo 25, 31-46
          Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».  
Un'esistenza eucaristica
          Che cosa significa un'esistenza eucaristica? Ci risponde Isaia (61,1-3): è una vita «a»; è una vita «per». Una vita che non si chiude in sé nell'ansia dell'autorealizzazione, nella preoccupazione di essere qualcuno, di realizzarsi, di essere contento. Una vita aperta a un compito al di là di me stesso, il cui centro non sono io. Isaia descrive questa vita chiamata «a»: “portare il vangelo ai poveri; fasciare i cuori spezzati; proclamare la libertà per gli schiavi, la scarcerazione ai prigionieri; promulgare l'anno di misericordia del Signore”. Sono quattro «a» che descrivono una vita dedicata all'annuncio.
          Nella seconda parte del testo del profeta, si parla di una vita fatta «per»: consolare; allietare; dare una corona invece di cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto. Sono tre «per» che qualificano una vita per la gioia e il conforto degli altri.
          Ci chiediamo allora quale nuova coscienza di sé, quale nuova comprensione di me genera questa vita «a» e «per». La risposta é nella Seconda lettera ai Corinzi (2Cor 4,1-2): questa vita genera una coscienza libera dalla paura e dai compromessi, proprio perché non si tratta più di me. Scrive l'Apostolo: «Non ci perdiamo d’animo; ci presentiamo con umiltà e semplicità davanti a tutti». Infatti non si tratta di noi, non predichiamo noi stessi: «Noi non siamo che vostri servitori per amore di Gesù!». Non è la nostra causa: è sua. Noi siamo liberi da ogni preoccupazione di successo o insuccesso personale, perché il problema è il suo e noi siamo servitori di lui «per voi».
Da dove viene questa qualità di vita? Chi ne è l'autore, il responsabile?
          E’ lo stesso Gesù che per amore dà la vita per noi; l'eucaristia è la garanzia, la forza permanente dell'uomo eucaristico (Card. C.M. Martini, o.c., 92-93).
 
 
 
          Dopo un cammino di ricerca sulla Chiesa, la Chiesa stessa legittimamente pone a tutti i giovani di Roma la ‘inevitabile’ domanda che è stata di Gesù, in quanto la Chiesa si sente tralcio di Lui vite, si sente corpo di Lui capo. Gesù dopo un periodo di convivenza insieme con i suoi discepoli, a Cesarea di Filippo chiese ai suoi discepoli: “Gli uomini chi dicono che io sia? E voi, chi dite che io sia?”.
          La Chiesa dopo duemila anni di convivenza con la storia degli uomini continua a fare la domanda di Gesù e l’applica su di sé: “Chi dite che io sia?”, insomma come mi valutate, mi conoscete, mi amate, mi obbedite, mi appartenete…?
          Proposta la domanda suddetta, ognuno pensi la sua risposta, poi si mettano insieme e si esaminino convergenze e differenze… Si faccia un confronto con il sondaggio della prima scheda.
          Rompendo gli indugi si progettino esperienze di chiesa nei tre ambiti della conoscenza della Chiesa, della celebrazione eucaristica, dell’esercizio della diakonia, ad es. promuovendo la lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica sul tema Chiesa; provando a pensare di fare Eucaristie domenicali animate da giovani stessi; curando un’azione di amore verso persone in bisogno (disabili, malati, anziani, carcerati giovani, amici che si drogano…).
          Pensare una iniziativa piuttosto singolare, ma positiva: venire a conoscere, ad ascoltare, ad incontrare il proprio parroco, il vescovo di settore, il Card. Vicario, il Santo Padre stesso; comprendere che tipo di servizio hanno ricevuto dal Signore; imparare ad ascoltarli – il Papa in particolare, i Vescovi italiani, i Vescovi della Chiesa di Roma - senza pregiudizio. 
 
 
 
          Proponiamo la celebrazione eucaristica del gruppo che ha fatto il percorso di verifica. Si preparino i canti, si chieda perdono dei propri peccati contro la comunione, l’ascolto della Parola di Dio sia accurato, la preghiera dei fedeli sia condivisa, si faccia una colletta per poveri della comunità, nella consacrazione notiamo le parole “Fate questo in memoria di me”, al Padre Nostro si lasci una attenzione più intensa, il saluto di pace esprima la volontà di comunione con gli altri, la comunione eucaristica sia il sigillo di unione con Gesù e la sua Chiesa, la benedizione finale sia la consegna di essere corpo di Gesù nel proprio ambiente di vita. 
          Signore si chiude qui il nostro viaggio di verifica, e si apre il percorso ancora più importante di camminare con la tua Chiesa ritrovata, nella tua Chiesa, come tua Chiesa. Tu, Signore, ce l’hai donata. Non è la Chiesa il club dei perfetti, è la compagnia dei perdonati. La Chiesa è tua, non è mia, semmai è nostra, di Gesù e di tutti i cristiani. Non è un palazzo del potere né un’azienda a reddito. Tu ci hai inseriti in essa non perché sia io a doverla salvare, ma perché sia lei a salvare me. Fa che l’amiamo come la nostra famiglia più grande, non perché sia sempre amabile e simpatica, ma perché Tu l’hai amata più della tua vita e in duemila anni non l’hai mai tradita.
Possiamo noi giovani di Roma risuscitare come giovani della Chiesa che è in Roma.
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