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GIUSTIZIA E PACE Tratto da "Lettera ai cercatori di Dio"

Nel mondo di oggi gli avvenimenti ci rincorrono: è impossibile fuggirli, perché il mondo si è fatto stretto e isolarsi non può essere una soluzione. Questa nuova dimensione dell'esistenza ha un profondo significato etico. Comporta, infatti, che non possiamo nasconderci nemmeno davanti alle nostre responsabilità morali.


GIUSTIZIA E PACE Tratto da 'Lettera ai cercatori di Dio'

da Teologo Borèl

del 03 giugno 2009

4. GIUSTIZIA E PACE

Nel mondo di oggi gli avvenimenti ci rincorrono: è impossibile fuggirli, perché il mondo si è fatto stretto e isolarsi non può essere una soluzione. Questa nuova dimensione dell’esistenza ha un profondo significato etico. Comporta, infatti, che non possiamo nasconderci nemmeno davanti alle nostre responsabilità morali. Anche in questo senso il mondo è diventato piccolo. Non possiamo chiudere gli occhi. Non possiamo cercare un senso più alto alla vita o lo stesso volto di Dio senza interrogarci sulla realtà così com’è e sul nostro posto e la nostra responsabilità in essa.

In questo contesto, parliamo di pace e riconosciamo il suo stretto rapporto con la giustizia e il rispetto dell’ambiente. Spesso tutto si ferma lì. I buoni progetti e le grandi proclamazioni restano lettera morta, mentre dominano le divisioni e le ingiustizie che scatenano violenze, conflitti e guerre. Le molte parole che pronunciamo e le moltissime che ascoltiamo ci lasciano l’amaro in bocca. Ci sembrano vuote, simili a bandiere che si agitano al vento, senza incidere sui destini generali e sulla costruzione concreta della pace.

Di ciò soffriamo e non sappiamo con chi prendercela, per essere seri con noi e con gli altri. Per chi crede è motivo di consolazione - e anche di inquietudine - la convinzione che il dono supremo di Gesù è proprio la pace: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Giovanni 14, 27). Persino coloro che non sono teneri nei confronti della Chiesa, riconoscono e apprezzano i suoi interventi sul tema della pace. La Chiesa chiede spesso gesti di pace concreti, semplici e quotidiani: la pietà per le vittime, l’aiuto ai superstiti, la solidarietà con i profughi, la preghiera per tutti.

Perché questo grido, condiviso dagli uomini di buona volontà a ogni livello, resta

inefficace e le armi continuano a gridare più forte delle opere di pace? Perché l’ingiustizia continua a pesare su tante situazioni umane, negando di fatto la costruzione della pace?

 

La pace nel nostro quotidiano

La guerra ha fatto ormai irruzione nella quotidianità e il suo affacciarsi potenzialmente al fianco di ognuno di noi ne mostra in maniera precisa il volto devastante. Se la guerra è entrata nelle nostre case, è ancora più urgente che parta proprio da noi l’opera di pacificazione e di nuova umanizzazione delle relazioni sociali: il tessuto quotidiano ha ormai una forte valenza pubblica, in quanto è luogo di incontri e di progetti.

È per questo che una risposta all’urgenza della pace deve cominciare dalla vita di ogni giorno. La prima meta cui tendere è quella di dare ai gesti quotidiani un significato di pace e di fratellanza, stando responsabilmente al proprio posto, facendo con dedizione il proprio dovere. Il nostro lavoro quotidiano, la vita in famiglia, con i vicini e con ogni “prossimo”,l’impegno a creare condizioni di vita e di lavoro giuste per tutti, può assumere una sfumatura nuova di pacificazione e di accoglienza, di intesa e di comprensione.

Non è un alibi per nascondere altre e più gravi responsabilità. Ne siamo consapevoli e perciò affermiamo questa convinzione, chiedendo confronto, attenzione e decisione. La pace è frutto anche dell’amore: la giustizia è condizione della pace, anche se da sola essa non basta, perché alla giustizia spetta rimuovere gli impedimenti della pace, come l’offesa e il danno, ma la pace stessa è atto proprio e specifico della carità. Essa si costruisce giorno per giorno con amore nella ricerca dell’ordine voluto da Dio e può fiorire quando tutti riconoscono le proprie responsabilità in ordine alla sua promozione.

Quello che è certo è che la violenza non costituisce mai una risposta giusta. La violenza è male, inaccettabile come soluzione ai problemi, indegna dell’uomo. La violenza è menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra umanità. Essa distrugge ciò che vorrebbe difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani.

Oggi abbiamo più che mai bisogno della testimonianza di profeti disarmati, purtroppo oggetto di scherno in ogni epoca: coloro che, per salvare la dignità dell’uomo, rinunciano all’azione cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla forza dell’amore e del perdono, senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi attestano con la vita la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti. Essi possono essere i veri costruttori di pace, gli operatori di giustizia di cui il mondo ha tanto bisogno.

 

Il rispetto del creato

Una forma concreta di costruzione della pace è anche il rispetto del creato. Tante volte ci è capitato di fermarci a contemplare la bellezza dei nostri monti, di un tramonto sul mare, dei campi e dei fiori. Sono momenti che un “cantore” del creato come san Francesco d’Assisi ha saputo tradurre nelle parole dello stupendo Cantico delle creature:

Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,

spetialmente messer lo frate sole,

lo quale è iorno; et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora acqua,

la quale è molto utile et humile ed pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,

la quale ne sustenta et governa

et produci diversi fructi con coloriti fiori et herba.

Le cose, però, non vanno sempre così. L’esperienza di alcuni momenti belli vissuti davanti agli spettacoli della natura è offuscata dalla consapevolezza della minaccia a cui è esposto l’ambiente. L’inquinamento sta crescendo e minaccia sconvolgimenti. Molte scoperte tecniche e scientifiche hanno arrecato benefici all’umanità, ma si sono rivelate assai pericolose nella loro applicazione.

La questione ecologica è di enorme importanza per il mondo e per l’uomo. Se l’umanità non cambia rotta, rischia di auto-distruggersi. Che cosa fare allora? Ci sono dei criteri in base ai quali difendere l’ambiente?

Come tutti, anche i discepoli di Gesù si trovano spesso spiazzati di fronte a queste domande. I problemi nuovi possono trovare orizzonte di soluzione nei grandi principi di sempre, ma le risposte concrete devono essere maturate insieme, consapevoli che anche questo è un grave problema di giustizia: per noi, per gli uomini di questo tempo e per consegnare una casa abitabile a chi verrà dopo di noi.

In compagnia solidale e responsabile con tutta l’umanità, e soprattutto con quanti soffrono per gli abusi perpetrati sul creato, riconosciamo l’urgenza di ripensare il modello di sviluppo, personale e collettivo, ispirandolo a uno stile di vita sobrio e giusto, che ci consenta di governare la natura senza tiranneggiarla, unendo all’operosità la contemplazione, sull’esempio di uomini come san Benedetto e san Francesco.

Il rispetto per la vita e, in primo luogo, per la dignità della persona umana dovrà essere la norma ispiratrice di ogni progresso economico, industriale e scientifico, che voglia essere autenticamente tale per tutti e per la grande casa del mondo. La sfida della giustizia e della pace, nelle relazioni fra i singoli e i popoli e in quelle con l’intero creato, riguarda tutti e ci interpella sulle radici etiche e gli orizzonti ultimi del nostro impegno storico. In questo senso, ci sembra che lo sguardo della fede – aperto a misurarsi sul giudizio di Dio, Signore del creato, e sul suo progetto di bene per ogni sua creatura – possa costituire uno stimolo e un aiuto per tutti.

 

Conferenza Episcopale Italiana

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