Dopo due anni trascorsi negli Stati Uniti, Step torna a Roma e ritrova gli amici di un tempo. Il padre Giovanni lo indirizza a lavorare in uno studio di produzione televisiva, e qui Step, in apparenza per caso, incontra di nuovo Gin, una ragazza intraprendente che viene scelta come figurante in alcune trasmissioni. Step e Gin escono insieme, si innamorano, giurano di amarsi per sempre chiudendo un lucchetto a Ponte Milvio e buttando la chiave nel fiume. Ma Babi, il primo grande amore di Step, è in agguato...
del 21 marzo 2007
 
 
Ho voglia di te
Nazione:             Italia - 2007
Genere:              Commedia
Durata:                110'
Regia:                 Luis Prieto
Sito ufficiale:      www.hovogliadite.it
Cast:              Claudio Ammendola, Laura Chiatti, Riccardo Scamarcio, Filippo Nigro, Katy Louise Saunders, Maria Chiara Augenti, Giulia Gorietti, Galatea Ranzi, Claudio Bigagli
 
Dopo due anni trascorsi negli Stati Uniti, Step torna a Roma e ritrova gli amici di un tempo. Il padre Giovanni lo indirizza a lavorare in uno studio di produzione televisiva, e qui Step, in apparenza per caso, incontra di nuovo Gin, una ragazza intraprendente che viene scelta come figurante in alcune trasmissioni. Step e Gion escono insieme, si innamorano, giurano di amarsi per sempre chiudendo un lucchetto a Ponte Milvio e buttando la chiave nel fiume. Ma Babi, il primo grande amore di Step, è in agguato e fa in modo di incontrarlo di nuovo ad una festa. Così i due passano una notte di passione sulla spiaggia, ma lei dopo lo lascia, dicendo che voleva solo capire meglio se stessa perché di li a tre mesi si dovrà sposare. Step tuttavia racconta quell'avventura a Gin, che, delusa, lo lascia. Stare lontani tuttavia appare difficile, e Step torna da Gin per farsi perdonare e riprendere la loro storia d'amore.
 
I teenager di Moccia? Sullo schermo non c’è passione
di PAOLO MEREGHETTI
Ci sono dei film che evitano 11 confronto con la critica. La by-passano, la superano d’un balzo, la ignorano. Ho voglia dite di Luis Prieto (ma sarebbe giusto aggiungere «e di Federico Moccia») è uno di questi. Perché non è cinema, che è appunto uno dei campi su cui si può esercitare la critica. Ho voglia dite non vuole essere cinema, preferisce essere un’altra cosa: «Una passione, un passaparola, un culto, una moda, nonché un simbolo» dicono i suoi artefici. Io aggiungerei anche: una serie di cliché.
Nella storia messa su pellicola da Luis Prieto (e da Federico Moccia, visto che oltre al romanzo all’origine dell’operazione firma anche la sceneggiatura in coppia con Teresa Ciabatti) non c’è niente che ricordi il cinema, quella verità che sa dare un’anima alle immagini, quella volontà di scegliere un punto di vista personale, quello sforzo di raccontare dei personaggi capaci di vivere di vita propria. Niente.
Ci sono solo una serie di cliché che ripropongono per quasi due ore molti scontati luoghi comuni sugli adolescenti di oggi. Cupi ma in fondo attaccati alla vita, ruvidi ma alla fin fine romantici, sfortunati ma incapaci di rinunciare al sogni, squinternati ma al momento opportuno più maturi della loro età. Oltre a essere molto migliori dei loro complessati genitori.
Step, Gin, Babi, Eleonora, Daniela, Pollo, Marcantonio non sono personaggi (lo si dovrebbe intuire già da certi nomi), sono casi, esempi di sociologia spicciola, scorciatoie per arrivare al cuore di un pubblico che dimostra di apprezzare più la letteratura che il cinema. Meglio: certa letteratura e certo cinema. E a cui regista, sceneggiatori e produttori si adeguano con una remissività che dovrebbe innescare qualche riflessione. La storia gira intorno al ritorno in Italia, dopo due anni in America, di Stefano detto Step (Riccardo Scamarcio). Era fuggito da Roma per dimenticare l’amore infranto i Babi (Katy Saunders) e la morte dell’amico motociclista Pollo: quando torna potrebbe tornare a credere nell’amore grazie all’incontro con Ginevra detta Gin (Laura Chiatti) ma il destino, in film come questi, è sempre cinico e baro: e Babi torna e mettere lo zampino nella vita di Step. Intorno ci sono sorelline (di Babi) che restano incinte senza sapere chi sia il padre, amiche (di Gin) che si innamorano sempre dell’uomo che le ignora, padri frustrati e madri disperate (o viceversa).
 
Rispetto al primo film (3MSC - Tre metri sopra il cielo, che raccontava il travagliato amore di Step e Babi) ci sono meno moto e più auto, molta pubblicità palese e meno gergalità d’accatto, svapora la misoginia (c’è anche un tentato stupro castigato a cazzotti) ma rimane la stessa genericità sociologica.
Questo riassunto, però, rischia di dare un’immagine più dinamica e avvincente di un film che è invece piatto e sfibrato.
Non c’è scena (impossibile parlare di colpi di scena) che non sia più che prevedibile, più che scontata, più che generica. In fondo non funziona nemmeno come piccolo campionario di casi adolescenziali, figuriamoci come melodramma.
Non ti appassioni mai, al massimo puoi solo «esaminarlo», come si fa con un esempio, un risultato statistico. E le situazione più false e imbarazzanti sono quelle che si vorrebbero più rappresentative, più «vere», come le scene in discoteca. O in ospedale e confonde la sceneggiatura con le frasi a effetto e infarcisce i dialoghi con «perle» di citazionismo adolescenziale («Ho voglia di te. Per quello che so e ancora per quello che non so. Ho voglia di te. Per quel bacio che non ti ho ancora dato»), cioè il più pigro e accademico dei surrogati pseudo-narrativi.
 
Giudizio ACEC: Giudizio: Incosistente/superficiale [www.acec.glauco.it]
Giudizio Corriere: 2/10
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