In un breve excursus storico, occorre ricordare che nell'antichità i diritti umani hanno fatto parte sempre di leggi governative per garantire la vita. Il concetto di diritti dell'uomo è affrontato storicamente per la prima volta nel VI secolo a.C. da Ciro il Grande, sovrano dell'Impero Persiano.
del 09 dicembre 2008
 In un breve excursus storico, occorre ricordare che nell’antichità i diritti umani hanno fatto parte sempre di leggi governative per garantire la vita. Il concetto di diritti dell’uomo è affrontato storicamente per la prima volta nel VI secolo a.C. da Ciro il Grande, sovrano dell'Impero Persiano. Dopo la conquista di Babilonia (attuale Iraq) nel 539 a.C., il re fa emanare il testo scolpito sul ‘Cilindro di Ciro’, rinvenuto nel 1879 tra le rovine di Babilonia e conservato al British Museum a Londra. Questo documento è correntemente menzionato come la ‘prima carta dei diritti dell’uomo’ poiché esprime rispetto per l’uomo in quanto tale e promuove una forma elementare di libertà e tolleranza religiosa: “fermamente la pace a Babilonia e in tutte le sue sacre città. Per gli abitanti di Babilonia (…) io abolisco i lavori forzati”. Ciro quindi dichiarava che i cittadini dell'Impero erano liberi di manifestare il loro credo religioso e, inoltre, aboliva la schiavitù permettendo il ritorno dei popoli deportati nelle terre d’origine, dalla qual cosa derivò anche la fine della cattività babilonese per il popolo di Israele.
Bisogna arrivare al Medioevo per trovare le prime manifestazioni concrete con effetto pratico dell’idea di diritti dell’uomo. Nel XIII secolo il giusnaturalismo scolastico, che ha avuto come suo massimo esponente un grandissimo filosofo, san Tommaso d’Aquino, descrive i diritti naturali come un 'insieme di primi principi etici, importantissimi' che condizionano il legislatore nel diritto positivo, in quanto sigillo di Dio nella creazione delle cose. I diritti umani quindi non sono più un insieme di cose più o meno benevolmente concesse da qualche autorità. È diritto dell'uomo rivendicare la propria libertà quale suo diritto naturale. Nel 1215 il re d’Inghilterra, Giovanni Senzaterra, fu costretto dai baroni del regno e dal Papa a concedere, firmandola, la Magna Charta Libertatum (Carta delle libertà). Essa rappresenta il primo documento fondamentale per la concessione di diritti ai cittadini perché impone al re il rispetto di alcune procedure, limitando la sua volontà sovrana per legge. Tra gli articoli della Magna Carta ricordiamo il divieto per il Sovrano di imporre nuove tasse senza il previo consenso del Parlamento e la garanzia per tutti gli uomini di non poter essere imprigionati senza prima aver sostenuto un regolare processo, riducendo inoltre l'arbitrarietà del re in termini di arresto preventivo e detenzione.             Comunque la prima dichiarazione importante dei diritti umani viene dall’Africa, in quanto non concessa dal sovrano, ma elaborata dal popolo: alla fine dell’anno 1222, il giorno dell’incoronazione di Sundjata Keïta quale sovrano dell’Impero del Mali, fu solennemente proclamata e tramandata oralmente la ‘Carta Manden’, una dichiarazione di diritti umani essenziali quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà. La ‘Carta Manden’ si rivolge ai ‘quattro angoli del mondo’ con sette importanti affermazioni: “ogni vita è una vita”; “il torto richiede una riparazione”; “aiutatevi reciprocamente”; “veglia sulla patria”; “combatti la servitù e la fame”; “che cessino i tormenti della guerra”; “chiunque è libero di dire, di fare e di vedere”. Si trovano in questa carta i temi che saranno trattati molti secoli dopo in Occidente nelle dichiarazioni dei diritti umani: il rispetto della vita umana e della libertà dell’individuo, la giustizia e l’equità, la solidarietà. Prendendo posizione contro la schiavitù, divenuta corrente in Africa occidentale, la carta identifica la violenza di essa come causa precedente la violenza della guerra. L’abolizione della schiavitù e il riconoscimento della dignità della donna furono il grande merito del popolo dell’impero del Mali. La ‘Carta Manden’ può probabilmente essere considerata come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell’uomo. Nel corso dei secoli è opportuno ricordare anche l’opera che svolse il domenicano Bartolomeo de Las Casas a difesa della libertà naturale degli indigeni americani, che convinse papa Paolo III a dichiarare, con gli atti ‘Veritas ipsa’ e ‘Sublimis Deus’, l’umanità degli indigeni americani e il loro diritto alla libertà e alla proprietà, condannando la pratica della schiavitù. La prima dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’epoca moderna è quella dello Stato della Virginia (USA), scritta da George Mason e adottata dalla Convenzione della Virginia il 12 giugno 1776. Questa fu largamente copiata da Thomas Jefferson per la dichiarazione dei diritti dell’uomo contenuta nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America (4 luglio 1776) la quale afferma 'che tutti gli uomini sono creati uguali tra loro, che essi sono dotati dal loro creatore di alcuni inalienabili diritti tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità'. Comunque sia, la prima e vera propria carta formale dei diritti dell'uomo è nata nel 1789 dalla Rivoluzione francese, è conosciuta come Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino ed è caratterizzata da un'impostazione più astratta della precedente americana.
Fu poi Napoleone Bonaparte a esportare il concetto di diritti umani negli altri paesi d'Europa, anche se in realtà negandoli di fatto. Pertanto, una vera e propria diffusione degli stessi si ebbe solo dopo i moti del 1848 e la conseguente proclamazione delle prime costituzioni liberali nei vari paesi europei. Solo durante il XX secolo in Europa occidentale e in America settentrionale molti gruppi e movimenti riuscirono a ottenere profondi cambiamenti sociali in nome dei diritti umani, creando un rapido miglioramento delle condizioni di vita dei popoli cosiddetti occidentali. I sindacati dei lavoratori lottarono per il riconoscimento del diritto di sciopero, per garantire condizioni dignitose di lavoro e per proibire o limitare il lavoro minorile. Il movimento per i diritti delle donne guadagnò il suffragio universale esteso alle donne. Terminata la Prima Guerra Mondiale fu elaborato un sistema di protezione delle ‘Minoranze nazionali di razza, di lingua e di religione’, grazie al quale molti gruppi lungamente oppressi riuscirono ad ottenere diritti civili e politici. Nello stesso periodo i movimenti di liberazione nazionale poterono affrancare le nazioni colonizzate dal giogo delle potenze coloniali. Importantissimo in tema di diritti umani fu il movimento non violento del Mahatma Gandhi, che portò l’India all’indipendenza dal dominio britannico. Così al termine della Seconda guerra mondiale con la costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) si arriva alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, siglata a New York nel 1948.
 
Simone Baroncia
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