Quale che sia l'idea che abbiamo dei giovani, talora purtroppo è disprezzo, commiserazione o compassione, sta di fatto che sono sempre i primi a cogliere la verità e a pagarne il prezzo.
del 30 gennaio 2007
 
 
 
Quale che sia l’idea che abbiamo dei giovani, talora purtroppo è disprezzo, commiserazione o compassione, sta di fatto che sono sempre i primi a cogliere la verità e a pagarne il prezzo. Questa nella vita della chiesa è la storia di tanti martiri. Il primo è proprio un giovane, lo chiamano il protomartire, Santo Stefano, il primo testimone fino al dono del sangue e della vita per la sua adesione a Cristo. Era giovane, deciso, entusiasta, aperto al futuro: ha incontrato sulla sua strada una piccola sparuta comunità di gente semplice, coraggiosa, innamorata di Cristo; vi è entrato, ha subito deciso di orientare tutte le sue energie alla cura dei poveri, è diventano diacono, servitore. Il primo titolo di onore della chiesa, di ruolo, di ministero.
Non ha scelto di lavorare, di essere concreto, come potrebbe capitare a qualcuno di noi, per protagonismo o perché riteneva la preghiera perdita di tempo o perché gli mancava la contemplazione, ma dopo una lunga profonda riflessione sulla storia del popolo d’ Israele, sulla bibbia. Tutto portava a Gesù e si meravigliava che i suoi amici non capissero che il tempo era compiuto, che l’atteso era con loro e che occorreva cambiare tutto.
Ha dovuto sopportare la morte per lapidazione: una esecuzione efferata che dà la morte entro uno scatenamento collettivo di odio, di vendetta, di cattiveria sobillata, istintiva, disumana. Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio… Tremende le parole del vangelo. Quelle pietre che lo hanno ammazzato si portavano dentro l’odio, la cecità, la bestemmia verso un Dio che aveva scelto di farsi uomo, di venire al mondo messia, fuori dagli schemi comodi di chi lo aspettava.
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Il cristianesimo non è un invito alla vita tranquilla, ma sempre un coinvolgimento impegnativo. Noi però oggi non siamo odiati o guardati con supponenza, perché siamo troppo cristiani, ma forse perché non lo siamo fino in fondo. Se vivessimo veramente per lui, Lui all’appuntamento con la nostra decisione radicale di seguirlo si darebbe certamente a vedere. Ci ha sempre detto di non preoccuparci, di affidarci a Lui. Potremo sperimentare una vera difficoltà, ma non saremo mai abbandonati da Dio.
mons. Domenico Sigalini
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