Raramente sono state scritte parole tanto infamanti contro la dignità dell'essere umano come quelle apparse sull'ultimo numero de “L'Espresso” a firma Giorgio Bocca. Non si comprende davvero questo ignobile attacco ad una delle più alte e sublimi espressioni di amore per l'Uomo che la civiltà occidentale sia riuscita a raggiungere...
del 23 marzo 2009
Raramente sono state scritte parole tanto infamanti contro la dignità dell’essere umano come quelle apparse sull’ultimo numero de “L’Espresso” a firma Giorgio Bocca.
Parole con cui l’impietosa penna laicista si scaglia contro il «culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi».
Parole degne delle farneticazioni eugenetiche di Karl Binding, di Alfred Hoche, di Heinrich Wilhelm Kranz (quello per cui gli “esseri mostruosi e deformi” di Bocca erano «veri e propri parassiti, scorie dell'umanità»), o dei coniugi Myrdal (quelli che nella Svezia socialdemocratica propugnavano l’eliminazione delle persone «difettose», cioè degli esseri umani «di tipo B») o dei deliri di Marie Stopes.
Non si comprende davvero questo ignobile attacco ad una delle più alte e sublimi espressioni di amore per l’Uomo che la civiltà occidentale sia riuscita a raggiungere grazie all’opera ostinata ed indefessa di un prete diventato santo: Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Non stupisce però da chi provenga l’attacco.
Se una “attenuante” si può concedere al cinico e sprezzante giudizio di Bocca è la coerenza del suo autore. Il Giorgio Bocca che si è scagliato contro gli esseri mostruosi e deformi del Cottolengo è infatti lo stesso Giorgio Bocca che il 14 agosto 1942 scriveva su «La Provincia grande - Sentinella d'Italia - Foglio d'ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo» (Anno II, numero 33, 14 agosto 1942, XX E. F.): «A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? (…) Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù».
Ancora una volta – come spesso accade per questo esimio giornalista – l’ideologia ha prevalso sull’intelligenza. Proprio un briciolo di intelligenza – oltre che di buon gusto – avrebbe evitato a Bocca di farsi rinfacciare il suo vergognoso passato razzista ed eugenetico.
Noi sappiamo che a liberare l’uomo dalla spietata logica spartana del Monte Taigeto (matrice dell’eugenetica nazionalsocialista), e dalla barbara crudeltà verso tutti i più deboli, gli ultimi, i paria, gli incurabili della Terra è apparso nella Storia dell’umanità il cristianesimo. L’antidoto a quella barbara crudeltà si chiama amore. E’ quella carità cristiana che pare ancora sconosciuta a vari Bocca.
Non siamo così ingenui, però, da non capire che anche questo infausto intervento de “L’Espresso” si inserisce in un’evidente strategia manipolativa dell’opinione pubblica finalizzata a sdoganare l’eutanasia come una normale procedura medica per ridare “dignità” alla vita umana.
Noi ci batteremo con tutte le forze per evitare che nella cultura del nostro Paese possano trovare spazio follie giuridiche come la «Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie» (14 luglio 1933) o la legge per «La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco» (8 ottobre 1935), o tutti gli altri abominevoli provvedimenti normativi (tanto cari alla cultura di Bocca) che nella Germania nazista hanno concesso la “Gnadentod” (morte per grazia) a migliaia di quegli “esseri mostruosi e deformi” che invece venivano – e vengono ancora oggi – amorevolmente accuditi nel Piccola Casa della Divina Provvidenza.
E finché nel nostro Paese la ragione continuerà a prevalere contro i veri mostri, le aberrazioni eugenetiche resteranno, fortunatamente, soltanto un disgustoso piacere intellettuale per tutto coloro che la pensano come Bocca.
Gianfranco Amato
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