I tre cartelli di don Bosco

Un caro saluto a tutti da Manila! Permettetemi di condividere con voi una semplice riflessione su don Bosco e Domenico Savio. Qualche tempo fa ho cercato il motto salesiano nelle memorie biografiche e tra i risultati più importanti c’è il famoso episodio di Domenico Savio che entra nell’ufficio di don Bosco e chiede il significato del motto, vedendolo scritto su un cartello.

I tre cartelli di don Bosco


 

Un caro saluto a tutti da Manila! Permettetemi di condividere con voi una semplice riflessione su don Bosco e Domenico Savio. Qualche tempo fa ho cercato il motto salesiano nelle memorie biografiche e tra i risultati più importanti c’è il famoso episodio di Domenico Savio che entra nell’ufficio di don Bosco e chiede il significato del motto, vedendolo scritto su un cartello. L’episodio è riportato qua sotto per completezza:

 

Ma il principio dell'anno scolastico ormai si avvicinava colle ultime settimane di ottobre, e i giovani novellamente accettati entravano nell'Oratorio. Fra i primi fu Savio Domenico, il quale si recò nella camera di D. Bosco per darsi, come egli diceva, intieramente nelle mani de' suoi superiori. Il suo sguardo si portò subito su di un cartello, sopra cui a grossi caratteri erano scritte le seguenti parole che soleva ripetere S. Francesco di Sales: Da mihi animas, caetera tolle. Fecesi a leggerle attentamente, e D. Bosco desiderava che ne capisse il significato. Perciò invitollo, anzi l'aiutò a tradurle e cavar questo senso: O Signore, datemi anime, e prendetevi tutte le altre cose. Savio pensò un momento e poi soggiunse: - Ho capito; qui non avvi negozio di danaro, ma negozio di anime, ho capito; spero che l'anima mia farà anche parte di questo commercio. - E senz'altro incominciò ad applicarsi con impegno allo studio ed a tutti i doveri di pietà, e a dare quegli splendidi saggi di virtù, così ben descritti poi dallo stesso D. Bosco in un caro fascicolo delle Letture Cattoliche.

(MB V – 126)

 

Un altro degli episodi che nelle memorie biografiche riporta il motto di don Bosco è precedente a questo appena riportato. Si tratta infatti del momento in cui don Bosco ritorna dalla sua convalescenza e porta con sé mamma Margherita. Egli infatti passerà a casa il periodo tra luglio e novembre del 1846. L’episodio con Domenico Savio è molto più tardi, parliamo infatti del 29 ottobre del 1854, quando il giovane poi santo entra nell’oratorio. Come possono essere collegati i due episodi? Beh possiamo dire che è questione di cartello. Infatti sembra che tornando dalla convalescenza don Bosco abbia deciso di abbellire il suo ufficio, di renderlo più confortevole. Si legge infatti:

 

Intanto alcuni giovanetti dell'Oratorio, fra i quali eravi Castagno Stefano, andarono ad appostarsi curiosamente sotto le finestre della casa per vedere D. Bosco, ed ecco la sua voce accompagnata a quella di sua madre cantare la lode: - Angioletto del mio Dio. Il canto continuò per più di un'ora, mentre D. Bosco appendeva alla parete in capo al letto un crocifisso, un'immagine di Maria SS., un quadretto con l'Agnus Dei in cera, un ramo d'olivo della Domenica delle Palme, una piccola conchiglia fornita di acqua lustrale e la candela benedetta. Egli ci teneva molto a questi benèfici oggetti di divozione e loro portava un grande rispetto, Ezandio adornava le mura con alcuni cartoni, sui quali aveva fatte stampare varie iscrizioni. In uno leggevasi il motto di S. Francesco di Sales: DA MIHI ANIMAS CAETERA TOLLE, motto che fin dai primi tempi della sua sacerdotale ordinazione egli aveva preso per sua divisa, e al quale si mantenne fedele sino alla morte: null'altro desiderava che far salvo quel maggior numero di anime che fosse stato possibile. In un secondo cartello stava scritto: UNA COSA SOLA È NECESSARIA: SALVAR L'ANIMA. Un terzo collocato sull'entrata portava la giaculatoria o saluto Cristiano: SIA LODATO GESU' CRISTO.

( MB II – 529ss )

Personalmente sono rimasto colpito dal fatto che nella camera di don Bosco non ci fosse solo un cartello ma bensì tre! Ricapitoliamoli: Da mihi animas caetera tolle; Una sola cosa è necessaria: salvar l’anima; Sia lodato Gesù Cristo. Il fatto che Domenico Savio abbia notato solamente il primo, o per lo meno così ci è riportato dalla tradizione, fa riflettere. Per un ragazzo come Domenico infatti il secondo e terzo cartello potevano rientrare in normali affermazioni che per un credente sono parte dei propri principi. Perciò è interessante che egli non li abbia notati e si sia concentrato per così dire sul primo, su quello più curioso, e che non riusciva a comprendere. Possiamo immaginare che abbia visto gli altri due e che non sapendo il latino si sia incuriosito e presumendo che il cartello in latino fosse collegato ai primi due, si sia dato la pena di chiedere. 

 

Continuando a seguire l’immaginazione, potremmo chiederci: e se Michele Magone o Francesco Besucco fossero entrati in quella stanza, quale cartello avrebbero notato? Mi piace pensare che Michele non avrebbe nemmeno degnato di uno sguardo quello in latino. “Robe di chiesa, robe di preti!” avrebbe pensato nei suoi primi giorni li. Michele avrebbe potuto essere interessato dal secondo cartello: “una sola cosa è necessaria: salvar l’anima”. Per un ragazzo come lui, la scoperta di avere un anima, e un anima da salvare, avrebbe potuto essere fonte di domande, rivolte magari a don Bosco o al compagno che gli faceva da angelo custode.

 

E per Besucco? forse Francesco avrebbe notato il terzo cartello: “Sia lodato Gesù Cristo”. Per un ragazzo come Francesco, abituato, e giustamente potremmo dire, ad essere la “consolazione dei genitori” e del parroco, il rischio di abituarsi appunto ad essere lodato non doveva essere troppo lontano dalla sua esperienza. Quel cartello gli avrebbe forse ricordato che il centro della nostra religione è la persona di Gesù, il dono di questa Persona che possiamo corrispondere ma mai meritare o pensare di aver meritato. 

 

Concludo cari amici questo esercizio di immaginazione salesiana chiedendomi se focalizzandoci sul “Da mihi animas caetera tolle” non si rischi di perdere la pedagogia della fede. Lungi da me lo sminuire il nostro motto! Credo infatti che questi cartelli siano progressivi e parte di un crescendo. Il primo a mio avviso, in ordine cronologico, è quello del salvarsi l’anima. Scoprire che si ha un anima è l’inizio della vita spirituale, che altrimenti non parte. Che cos’è l’anima? per dirla con l’esperienza di Magone, e anche la mia, è “quella cosa imbrogliata” che Dio può sbrogliare. Il secondo passo poi è “sia lodato Gesù Cristo”, perché è lui che entra nella nostra anima e la conquista e salva e riempie di pace, non i nostri meriti. Infine quando la nostra anima è stata conquistata da Gesù, possiamo aprirci alla conquista delle anime altrui che nasce dall’essere stati conquistati da Gesù e ci apre anche alla rinuncia, alla sofferenza, alla mancanza: caetera tolle sì, però da mihi animas. Forse questo episodio di don Bosco può spronarci a riconquistare una pedagogia della fede, senza imporre a chi è all’inizio del cammino rinunce incomprensibili, mettendo al centro Gesù, e sapendo osare con chi matura nella fede anche l’alta vetta del sacrificio e dell’apostolato. Il mio augurio cari amici è che dovunque vi troviate voi e le vostre famiglie siate in pace e in salute.

Un abbraccio, Brother Marco Baù.

 

 

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