Ancora oggi non saprei dirvi se l'episodio della grande pietra sia stato un sogno e che genere di sogno. Ha esercitato così fortre influenza sui miei pensieri, ha talmente cambiato le prospettive in cui si vedono le cose, che non l'ho mai potuto attribuire a ciò che comunemente intendiamo quando, svegliandoci, diciamo: "Ho fatto un sogno."
Ancora oggi non saprei dirvi se l'episodio della grande pietra sia stato un sogno e che genere di sogno.
Ha esercitato così fortre influenza sui miei pensieri, ha talmente cambiato le prospettive in cui si vedono le cose, che non l'ho mai potuto attribuire a ciò che comunemente intendiamo quando, svegliandoci, diciamo: "Ho fatto un sogno." No, no: è stato qualcosa di più. Per me, quel tratto di deserto tra Tit e Silet rimane il luogo del mio purgatorio, l'ambiente dove si raccoglie volentieri la mia anima a meditare le cose di Dio e dove... probabilmente chiederò d'andare, dopo morte, a continuare la mia espiazione, se non sarò stato capace in vita di compiere un atto d'amore perfetto. Ecco la grande pietra sotto il sole accecante del Sahara, la lama d'ombra sulla sabbia calda, la distesa fino all'orizzonte dell'oued solcato dalle tracce dei camion e delle jeep dei petrolieri e dei geologi. "Sarete giudicati sull'amore" mi ripete sulla mia immobilità questo luogo; e i miei occhi bruciati dal sole guardano lontano il cielo senza nubi. Non mi voglio più ingannare; non mi posso più ingannare: la realtà è che non sono stato capace di dare la mia coperta a Kadà per paura della notte fredda; il che significa che io amo più la mia pelle di quella del mio fratell, mentre il comandamento di Dio mi dice: "Ama la vita degli altri come la tua." E ciò appartiene ancora al Vecchio Testamento, alla prima rivelazione di Dio all'uomo: "Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso." (Dt 6, 5). Che se veniamo al Nuovo e alla Rivelazione di Gesù, le cose si complicano. "Amatevi tra di voi come Io vi ho amato." (Gv13, 34). Come Io! cioè non solo la coperta ma la vita stessa. In realtà l'atto d'amore perfetto consiste nell'essere disposto a fare ciò che fece Gesù: cioè a morire per Kadà, per me, per tutti. Sotto questa visuale, il Cielo è quel luogo dove ciascuno dei presenti dev'essere talmente "maturo all'amore", da offrire la sua vita per tutti gli altri. È l'amore perfetto, universale, radicale, senza ombra d'avversità, d'antipatia, di limite, colati in esso come nel fuoco. Chi è pronto a ciò, alzi la mano! Per questo, dopo la visione della grande pietra, vedo il mio purgatorio lungo, terribilmente lungo, forse lungo come le epoche geologiche. Questa sabbia che tocco con le mani, che scorre tra le mie dita appartiene al "Primario". Un qualunque geologo mi dice: è vecchia di 350 milioni d'anni. I grandi rettili che popolarono questi luoghi e di cui ho visto i resti nelle fosse sahariane appartengono al secondario: 130 milioni d'anni. Quei cammelli che portano il sale dal Niger e che mi passano dinanzi in carovane lunghe ed eleganti, annoverano i loro progenitori nel lontano terziario: 70 milioni d'anni. E l'uomo, questo uomo così grande e nello stesso tempo così piccolo, con quanta lentezza marcia sui cimiteri di anumali che l'hanno preceduto! È del quaternario, di ieri: 500.000 anni. Dio non ha fretta nel fare le cose; e il tempo è suo e non mio. Ed io, piccola creatura, uomo, sono stato chiamato da essere trasformato in Dio per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel mio essere. L'amore mi trasforma lentamente in Dio. E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e poter dire di no all'amore. Vivere nel nostro egoismo significa fermarsi allo stato di uomo e impedirne la trasformazione nella carità divina. E fin tanto che non sarò trasformato "per partecipazione" in Dio, attraverso la carità, sarò di "questa terra" e non di "quel cielo". Il Battesimo mi ha elevato allo stato soprannaturale; ma tale stato deve essere maturato, e tutta la vita ci è data per tale maturazione; ed è la carità, cioè l'amore di Dio, che ci trasforma. L'aver resistito all'amore, il non essere stato capace di accettare la sollecitazione di tale amore che mi aveva detto: "Da' la coperta al tuo fratello", è talmente grave, che crea, tra me e Dio, la porta del mio purgatorio. Che vale dire bene l'Ufficio divino, ascoltare la S. Messa e non accettare l'amore? Che vale aver rinunziato a tutto, l'essere venuto qua tra la sabbia e il caldo e resistere all'amore? Che vale difendere la verità, battersi per i dogmi coi teologi, scandalizzarsi di coloro che non hanno la stessa fede e p[oi restare per epoche geologiche sulla porta del purgatorio? "Sarete giudicati sull'amore": ecco ciò che mi grida quel pezzo di deserto tra Tit e Silet. "Sarete giudicati sull'amore" mi dice la grande pietra sotto la quale trascorrerò il mio purgatorio in attesa di maturare in me la carità perfetta, quella che Gesù mi ha recato sulla terra e mi ha donato col prezzo del Suo Sangue, accompagnandolo col grido della grande speranza: "Io vi risusciterò nell'ultimo giorno! " (Gv 6, 40). Che quel giorno non sia troppo lontano!
Carlo Carretto
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