Il bambino soggetto e non oggetto

Il 20 novembre 1989 è una data di grande importanza per i bambini di tutto il mondo: quel giorno l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha approvato, dopo vari anni di lavoro, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia.

Il bambino soggetto e non oggetto

da Un Mondo Possibile

del 05 dicembre 2008

 Il 20 novembre 1989 è una data di grande importanza per i bambini di tutto il mondo: quel giorno l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha approvato, dopo vari anni di lavoro, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia. Si tratta di un documento che stabilisce quali sono i diritti dei bambini e che cosa si deve fare per rispettarli e attuarli; ma, più in generale, riguarda il rispetto e la salvaguardia di tutti i minori, dal momento che, come precisa il suo art. 1, «Si intende per fanciullo ogni essere umano avente età inferiore a diciott'anni». In un tempo relativamente breve e pur con parecchie incertezze ed assenze di Stati anche importanti, numerosi paesi, compresa l'Italia, hanno aderito alla Convenzione, garantendo, almeno formalmente, l'impegno del loro governo e dei loro cittadini a proteggere i fanciulli: così finalmente essa ha potuto entrare in vigore il 1 settembre 1990. In realtà una carta dei diritti dei bambini non è cosa nuova: nel 1924 la Società delle Nazioni aveva diramato una «Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo»; poi, nel 1942 usciva a Londra una «Carta dell'Infanzia»; nel dopoguerra, l'Unione internazionale per la protezione dell'infanzia pubblicava una sua «Dichiarazione dei diritti» (1948) e, infine, l'ONU promulgava il 20 novembre 1959 la «Dichiarazione dei diritti del fanciullo», articolata in dieci «principi», la quale ha costituito l'immediato precedente dell'attuale Convenzione, non a caso approvata esattamente trent'anni dopo. Ma fra i passati documenti e la nuova Convenzione si può rilevare una differenza significativa: prima il bambino era considerato soltanto un individuo bisognoso di assistenza, per il quale erano gli adulti a prendere le decisioni; ora invece il bambino è considerato capace di esprimersi, di valutare e, in certi casi, di prendere decisioni responsabili: cioè un soggetto anziché un oggetto. Tutti gli adulti e i bambini dovrebbero conoscere la Convenzione, per discuterne insieme e capirne il grande valore. Ma come fare ad avvicinare soprattutto i ragazzi a tematiche complesse come quelle dei diritti umani?

In primo luogo è necessario «vivere» i diritti umani, ossia creare un clima sufficientemente sereno da permettere l'instaurarsi di rapporti basati sul rispetto e sull'ascolto reciproci. Sono fondamentali perciò gli atteggiamenti che gli adulti assumono, dal tono della voce alla coerenza tra le loro affermazioni e le loro azioni. Vivere i diritti umani significa anche creare un ambiente che stimoli la creatività, il senso critico e la partecipazione dei ragazzi, affinché tutti possano esprimere le proprie potenzialità e siano accettati per quello che sono. Un ulteriore approccio consiste nell'«incontrare» i diritti umani nei curricoli scolastici, in modo interdisciplinare. Si tratta di dare all'educazione ai diritti umani uno spessore formativo e informativo che percorra trasversalmente i contenuti e gli obiettivi delle discipline scolastiche. L'educazione ai diritti umani deve interessare tutte le aree disciplinari, da quella scientifica a quella linguistico-letteraria; dalle discipline geo-storico-sociali a quelle artistiche (si pensi alla musica e al canto popolare come espressione di culture e di bisogni/diritti di popoli). In secondo luogo occorre «conoscere» i diritti umani attraverso un'informazione precisa, corretta e abbastanza vasta da consentire un valido punto di partenza (analisi delle diverse categorie di diritti, individuazione dei loro rapporti reciproci, ecc.).

Infine è importante «operare per» i diritti umani, identificando possibili soluzioni o almeno facendo esperienza di diverse modalità di intervento e di impegno personale, grazie soprattutto alle Organizzazioni non governative e non solo.

Dallo sforzo comune e differenziato di quanti lavorano per i diritti umani possono nascere una nuova sensibilità e consapevolezza, e una maggiore disponibilità a concreti atti solidali.L’investimento sul futuro dei giovanissimi e dei ragazzi è sicuramente l’unica finestra aperta per le nostre speranze di serenità, benessere e giustizia.

Comitato VIS San Marco - Maria Grazia

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