Il corpo alla prova

Il corpo è alla prova, è messo alla prova proprio nel fuoco del desiderio. Il corpo «fa» il tuo «io». Nel fuoco del desiderio come il corpo continua a compiere questo prodigio? Capita che il corpo, sempre immerso nel fuoco del desiderio, si ritrovi a essere percezione del piacere.

Il corpo alla prova

da Teologo Borèl

del 25 ottobre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

 

Quando gli amanti vedono la bellezzadel corpo amato, scoprono che il mondoè molto buono, come in un tripudio genesiaco.L. Alonso Schokel Il corpo messo a dura prova dalla coscienza          «Io», dici tu, e sei orgoglioso di questa parola. Ma la cosa ancora più grande, cui tu non vuoi credere, il tuo corpo e la sua grande ragione, essa non dice «io», ma fa «io». Strumenti e giocattoli sono il senso e lo spirito; ma dietro di loro sta ancora il Sé. Il Sé cerca anche con gli occhi dei sensi, ascolta con gli orecchi dello spirito.Dietro i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti, fratello, sta un possente sovrano, un saggio ignoto, che si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo. Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza. (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)          È il corpo dunque che «fa» il tuo «io». Nel suo funzionare e nel suo sentire ti plasma, ti conduce presso di te. Opera questa meraviglia sempre, quando si presenta come percezione del piacere, quando si presenta come percezione del dolore; anche quando pretendi di disfartene.Il corpo alla prova nella percezione del piacere          Ci sono, nel fuoco del desiderio: il desiderio di godere, il desiderio di essere una cosa sola con l’altro, il desiderio di iniziare, il desiderio di essere iniziato, di conoscere insomma, di sapere il segreto, il desiderio di quiete - lo spirito e il corpo tranquilli, la fine della tensione insopportabile – il desiderio di sentirsi vivi, il desiderio di avere la prova che si è vivi, il desiderio di mettere in azione la propria forza, il desiderio di donare la vita, il desiderio di sopravvivere a se stessi, il desiderio di ritornare al luogo precedente la nascita, il desiderio di nascere e di rinascere, il desiderio di morire, di abbandonarsi, il desiderio di essere preso, ricevuto, amorevolmente inghiottito, il desiderio di aprirsi, essere penetrato, invaso, il desiderio di vincere, penetrare, venire e riandare fino alla vittoria, il desiderio della dolce sconfitta, il desiderio di donarsi, il desiderio di dare tutto.          E altri desideri ancora, e il desiderio di estasi: uscire da sé, annientarsi nella estrema affermazione di se stesso - al di fuori di sé. Se si prendessero questi desideri uno a uno, come dicono il desiderio dell'uomo e il suo destino! E non sono nel fuoco del desiderio prodigiosamente riuniti? Ma il fuoco del desiderio ricade e si spegne.La divina tenerezza, nella sua sobrietà, credo che non voglia di meno del fuoco del desiderio. Ma è senza ricaduta e senza fine. In qualche modo è fuori dalla morte.(M. Bellet, Il corpo alla prova o della divina tenerezza)          Il corpo è alla prova, è messo alla prova proprio nel fuoco del desiderio. Il corpo «fa» il tuo «io»; le sue funzioni, che è dire il suo funzionare, anche il più elementare, produce il miracolo del tuo riconoscere te stesso. . .          Nel fuoco del desiderio come il corpo continua a compiere questo prodigio? Capita che il corpo, sempre immerso nel fuoco del desiderio, si ritrovi a essere percezione del piacere. Ecco che si impone una sosta pensosa: come il corpo, che funziona nella percezione del piacere, svolge bene la sua «vocazione» di consegnarti il tuo nome, la tua identità di uomo, di donna, di creatura «in relazione»? Come il corpo, quando prende la forma del desiderio giustamente appagato, ti fa provare il godimento di essere avvolto dalla tenerezza di Dio? Non è, dico, che la percezione del piacere rappresenti una prova per il corpo? O, diciamo pure la parola, una «tentazione»? Il corpo non viene lì messo a dura prova?         Indubbiamente non possiamo nasconderci che nella percezione del piacere il corpo viene messo a dura prova: ... perché può essere mal-trattato e sciupato. Può non funzionare più come educatore mite della coscienza, dell'essere al mondo come relazione. Le sue funzioni, con il loro fiorire di emozioni e passioni, possono essere idolatrate come in un culto con i suoi riti; e invocate come sovrani di regni di solitudine con tutto il loro cerimoniale e le loro regole senz'anima.          Il corpo che patisce una tale strumentalizzazione non è più allora dimora ospitale del desiderio; il fuoco del desiderio pare spegnersi e il calore della divina tenerezza si fa quasi impercettibile.          Vedi, il problema non è se il piacere sia la morte e la sconfitta del desiderio o il compimento del desiderio: la questione decisiva è la quota di giustizia con cui si appaga il desiderio. E non è scontato che il corpo come percezione del piacere abbia la forma del desiderio giustamente appagato. Non è scontato: non ci sono sconti per una giusta attuazione del desiderio. Capita infatti di scambiare il desiderio con il bisogno; c'è un prosperare della salute e del piacere che occlude le vene del desiderio. E nella prosperità l'uomo non comprende.          Non ti è come gratitudine: non riconosci più il tuo «io» come «venire dall'altro» e «andare verso l'altro»; non distingui più i contorni dell’altro da cui vieni e presso cui stai e verso cui vai. Non avverti più l'annunciarsi della tenerezza divina nella finitezza dell'appagamento del tuo desiderio, perché la finitezza di questo appagamento non è raccolta nella sua buona e bella misura, ma censurata... o assolutizzata: è lo stesso! Davvero l'uomo nella prosperità non comprende!(M. Henry, Io sono la verità. Per una filosofia del cristianesimo)Il corpo alla prova nella percezione del dolore          Il corpo di dolore è straziato, penetrato da frammenti di morte; è mostruosamente prolungato: tubi, sonde, perfusione. Come appare lontano il desiderio! E tutto l'ardore della carne!          Corpo di umiliazione: nel senso originario, non morale. Perché è un corpo prostrato. Ma umiliato e straziato, il corpo mantiene, o forse acquisisce, un'altra sua grandezza, la sua dignità assoluta: poiché esso è, rimane e diviene la presenza. La semplice presenza, senza nient'altro, dove viene la divina tenerezza. Il viso, le mani, il corpo - anche senza contatto - sono, possono essere il luogo della pura tenerezza. Il cuore dell'amore, dell'amore nel corpo, si annuncia forse da qui: quando in un certo senso il corpo è senza desiderio. Corpo di contemplazione: perché non può né conquistare né essere conquistato, è escluso dal gioco del piacere... è fuori dalla semplice opposizione tra l'esaltazione del corpo e il suo disprezzo. In un certo senso mai il corpo è così grande: verbo dello spirito, presenza di un desiderio che oltrepassa ogni desiderio - poiché è il desiderio di tutto, il primitivo desiderio della beata genesi di tutto.(M. Bellet, Il corpo alla prova o della divina tenerezza)            Anche nella percezione del dolore il corpo è messo a dura prova; perché sembra non dire più niente, sembra non guardare e non attrarre sguardi, sembra inservibile e muto, sembra destinato alla solitudine. Il corpo che senza quasi batter ciglio assecondava il desiderio di vivere, ora «non viene più dietro»; zavorra che tutto rallenta, bastone tra le ruote del desiderio che più non avanzano, intralcio che mortifica le attese. Il godimento di un tempo è interrotto; il godimento del tempo pare scomparire. Spossatezza del corpo, ritirata del desiderio.          Si direbbe che nella percezione del dolore il corpo sembra patire un abbandono da parte del desiderio; e sembra cullato dalle nenie tutt'altro che consolanti di memorie tanto nostalgiche quanto strazianti. E, soprattutto, la solitudine. Non è forse vero che la percezione più acuta del dolore si ha nella solitudine? Come credere lì che tutta la sofferenza tua e del mondo è dolore non di un'agonia, ma di un parto? Lì, quando è tutto configurato come percezione del dolore, quando la sua forma è la forma della prostrazione, il tuo corpo fa ancora il tuo «io», lo partorisce? E come lo fa?          Anche come percezione del dolore il tuo corpo fa il tuo «io», ancora. E lo fa nella sua verità; il tuo corpo torna a rivestire quella passività che gli è congeniale (l'essere accudito, l'essere nutrito e lavato e vestito, l'essere visitato, l'essere guarito.. .), esce decisamente dal gioco del conquistare e dell'essere conquistato, e ti restituisce alla coscienza giusta di essere non contro l'altro o sopra l'altro, ma presso l'altro e dell'altro.          Il corpo nella prostrazione assapora la purezza dell'attesa: è attesa di una parola che squarci il silenzio della solitudine, è attesa di un intervento che lenisca il dolore, è attesa e desiderio che l'altro semplicemente ci sia. Ecco, il desiderio purificato dell'altro, del suo non scomparire, desiderio mai sazio del suo esserci e del suo stare presso di te: traccia del desiderio puro che anima la tenerezza divina.

Mario Antonelli

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