una volta che i giovani arrivano a persuadersi che chi li dirige ama sinceramente il loro vero bene, non sarà necessario all'educatore ricorrere ad altro castigo che a quello di tenere un contegno più riservato, che renda visibile il dispiacere di vedersi mal corrisposto nelle sue cure paterne...
del 15 febbraio 2007
I. INTRODUZIONE
 
1.      Don Bosco a Tornese
 
    Tra le passeggiate autunnali di don Bosco è celebre quella che nel 1864 lo portò insieme ai suoi ragazzi a Mornese. Provenendo da Genova, dove si erano trattenuti dal 3 al 6 ottobre, gli escursionisti sostarono nel borgo monferrino dal giorno sette all’undici. Fu la prima volta che Maria Mazzarello e le sue compagne videro il santo, confermandosi nel proposito di lasciarsi guidare da lui in quella impresa che approdò alla fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.1
    Data l’importanza ecclesiale di questo Istituto, non a caso la maggior parte dei documenti che rievocano la suddetta escursione concentrano l’attenzione su questo incontro, trascurando un avvenimento secondario, ma significativo: il colloquio, la sera dell’otto ottobre, tra don Bosco e il maestro Bodrato.
 
2.      Francesco Bodrato: da Mornese a Buenos Aires
 
    Nato a Mornese il 18 ottobre 1823, Francesco Bodrato faceva i suoi studi mentre aiutava il padre nel negozio di pizzicagnolo. Presto, però, dovette lasciare lo studio per fare il calzolaio. Quando aveva 17 anni gli morì il padre. Ai venti si sposava con Brigida Pizzarino, che gli diede due figli. Rimasto vedovo, aprì un negozio proprio, dove serviva caffè e liquori.
    Era stimato da tutti per l’onestà e l’intraprendenza. Don Pestarino,2 che era vice-parroco e ne ammirava le abilità e lo zelo, lo mandò a Chiavari per frequentare la scuola di metodo.3 Bodrato concludeva il corso il 6 ottobre 1858 con risultato positivo, conseguendo il 12 novembre di quell’anno la patente di maestro elementare inferiore. Gli fu allora affidata la scuola comunale di Mornese. Egli, inoltre, si dedicava alla catechesi dei fanciulli e alla Società dei Figli di Maria Immacolata, per orientamento vocazionale.
    Quel sabato 8 ottobre 1864 doveva imprimere alla sua esistenza un indirizzo totalmente nuovo. Attratto dalla bontà di don Bosco e desideroso di dedicarsi alla pratica del metodo educativo, i cui effetti aveva potuto personalmente costatare nella gioiosa schiera dei giovani dell’Oratorio che erano passati a Mornese, risolse di andare a Torino, affidò a don Bosco l’educazione dei suoi due figli e vestì l’abito chiericale il 29 ottobre 1864.
    Don Bosco lo inviò subito a Lanzo come insegnante di terza e di quarta elementare. Il collegio aveva iniziato le attività in quell’autunno, assumendo anche la gestione delle scuole comunali. Fino allora in esse era regnata tale indisciplina che i maestri precedenti avevano tutti abbandonato il campo.
    Con l’esperienza acquisita a Mornese il nuovo insegnante impostò il lavoro in modo tale che l’ispettore governativo, visitate attentamente le scuole, si felicitava della trasformazione avvenuta, tributando grandi lodi al maestro.
    Il 2 dicembre 1865, a Novara, Bodrato superava gli esami per il conseguimento della patente di maestro elementare superiore, che gli veniva concessa il 14 di quel mese.
    Don Bosco ne ricevette la professione perpetua il 29 dicembre di quello stesso anno. Gli affidò, quindi, la carica di prefetto (amministratore) del collegio, ufficio che egli unì a quello di insegnante. Pratico della gioventù, ispirato da affetto cristiano verso i convittori, Bodrato seppe rendersi padrone dei cuori, vivendo a Lanzo un sessennio eccezionalmente fecondo.
    La consacrazione sacerdotale, ricevuta il 29 dicembre 1869, aggiunse nuove possibilità al suo impegno educativo.
    Nel 1871 passò a Alassio e, dopo due anni, a Borgo San Martino, sempre in qualità di prefetto. Del suo ufficio, che lo metteva a contatto con ogni persona della casa, egli si servì per impedire il male e promuovere il bene così efficacemente che in collegio egli veniva soprannominato il medico degli incurabili.
    Nel 1875 don Bosco lo chiamò all’Oratorio come prefetto di sagrestia del santuario di Maria Ausiliatrice. Presto, però, dovette assumere la carica di economo generale della Società Salesiana, ma vi rimase soltanto un anno.
    Allestendosi nel 1876 la seconda spedizione missionaria, don Bosco vide in don Bodrato l’uomo maturo e saggio in grado di guidarla.
    Il 7 novembre partì da Torino con uno stuolo di 22 missionari avviandosi prima a Roma e s’imbarcò poi a Genova donde salpò il 14 dello stesso mese. Giunse a Buenos Aires il 22 dicembre. In Argentina fu parroco alla Boca, popolare quartiere di Buenos Aires. Nel 1878 era già ispettore della Ispettoria Americana, che comprendeva le case e le missioni salesiane dell’Argentina e dell’Uruguay. Moriva a Buenos Aires il 4 agosto 1880.
 
3.      Una biografia in tre redazioni
 
    Morto il Bodrato, il conte Cays4 fu incaricato di tracciarne un profilo biografico. Nel suo lavoro egli poteva servirsi anzitutto delle testimonianze di don Bosco e di tanti che, come lui stesso, avevano conosciuto di persona il protagonista. Inoltre, aveva a sua disposizione le lettere scritte dal Bodrato e una breve sintesi biografica — specialmente attenta alla sua attività missionaria — già pubblicata sul 'Bollettino Salesiano'.5
    Il Cays, però, non riuscì a terminare il suo lavoro. Il 27 marzo 1881 egli inviava una lettera a don Rua, accompagnandola con le lettere di don Bodrato e altro materiale informativo, insieme a quanto era riuscito fino allora a scrivere.
    Possiamo assegnare al lavoro del Cays uno spazio di tempo che va dal settembre 1880 al marzo 1881. Esso è contenuto in un quaderno manoscritto, formato 20,9x13,3 cm., senza righe, con i fogli numerati solo nel verso da 1 a 119. La carta è ingiallita, con molte macchie, ma in buono stato di conservazione. È il testo che indicheremo con la sigla A.
    Questo abbozzo di biografia non include il dialogo tra don Bosco e il maestro Francesco Bodrato. La narrazione dell’incontro di Mornese è, infatti, esclusivamente finalizzata a mostrare il modo con cui il Bodrato arriva alla decisione di farsi salesiano.
    Dell’incontro il Cays ha lasciato tre redazioni; tutte e tre ignorano il dialogo pedagogico. La prima è contenuta nelle pp. 28-31 del testo A. Le altre due, testi B e C, si trovano in fondo al quaderno, in pagine non numerate. La prima delle due, il testo B, viene rigettata dallo stesso Cays che la cancella con un tratto di penna dall’alto in basso. È l’unica che riporta l’espressione 'e fattane più intima conoscenza dopo particolari colloqui seco lui tenuti': può far supporre l’esistenza di un dialogo su problemi educativi quale fu poi tramandato.
    C’è, però, dell’altro. Tra i fogli 31 e 32 del quaderno A vengono inseriti dallo stesso Cays due fogli senza numerazione, con le medesime caratteristiche di quelli del quaderno manoscritto. Essi contengono due redazioni diverse della prima parte del dialogo. Le abbiamo indicate con le sigle D e E. Come si può rilevare dalla nostra edizione, le redazioni sostanzialmente coincidono e le diversità sono piuttosto di carattere formale.
    Nei testi manoscritti manca la redazione della seconda parte del dialogo. Questa non è da attribuirsi al Cays, il quale, come abbiamo detto, ha restituito a don Rua il suo lavoro ancora incompiuto, il quale è stato rivisto, a quanto sembra, anche dal Cagliero.
 
4. Le bozze di stampa
 
    Della biografia del Bodrato furono fatte le bozze di stampa, che chiamiamo testo F. È un fascicolo soltanto rilegato, di pagine 152, con la copertina grigia, carta ingiallita, ma in buono stato di conservazione, dimensioni 18,8x13,4 cm.
    Tra esse e il manoscritto del Cays ci dovrebbe essere stato un manoscritto intermedio che potrebbe giustificare le notevoli differenze esistenti tra i due testi F e A. La principale di esse è che le bozze di stampa riportano la seconda parte del dialogo, la quale non esiste nel testo del Cays. L’intero 'dialogo' è riportato da pagina 35 a pagina 38. Da pagina 33 a pagina 35 si trova la descrizione del pranzo di Mornese. A pagina 35, riga 12, vi è un caratteristico segno di rimando a matita, prima delle parole 'Don Bosco se ne sbrigava...' e a pagina 39 un analogo segno di rimando a riga tre, dopo 'Bodrato'. Il contenuto delimitato dai due segni da pagina 35 a pagina 39 viene riportato integralmente e fedelmente nel volume VII delle Memorie Biografiche (1909) alle pp. 761-763.
    Non abbiamo dati sicuri circa la data delle bozze di stampa, ma con grande probabilità esse risalgono agli anni 1881-1882.
 
5. Il 'Vade-mecum'
 
    Soltanto nel 1901, con la pubblicazione del Vade-mecum degli ascritti salesiani da parte di d. Giulio Barberis, videro la luce alcuni cenni biografici del Bodrato. Stampato a S. Benigno Canavese, dalla Scuola Tipografica Salesiana, il Vade-mecum esce in questa prima edizione in due volumi di complessive 1188 pagine, in formato 13,8x9 cm.
    Com’è noto, il Vade-mecum contiene ammaestramenti e consigli esposti agli ascritti della Pia Società di S. Francesco di Sales da don Barberis che celebrava allora il venticinquesimo del suo lavoro come maestro dei novizi. Alla fine di ogni capitolo l’autore aggiunge una lettura che contiene un esempio che chiarisce meglio quanto spiegato teoricamente. Con tale intento vengono riportati fatti riguardanti la vita di don Bosco e di salesiani che il Barberis ha conosciuto personalmente.
    I cenni biografici di don Francesco Bodrato occupano due 'letture', collocate nel secondo volume dell’opera, e precisamente da pagina 975 a pagina 985, dove si rievoca la vita del Bodrato da Mornese a Buenos Aires e da pagina 1001 a pagina 1015, con la descrizione delle circostanze della morte e dei solenni funerali.
    Poco si dice della sua vita a Mornese. L’incontro con don Bosco è presentato in appena undici righe a pagina 977, e il dialogo è ridotto all’espressione: 'Quelle due anime si intesero perfettamente'. Evidentemente al Barberis premeva mostrare come il Bodrato si era fatto salesiano e nient’altro.
 
6. 'Profili di capitolari salesiani'
 
    Nel 1951, Eugenio Ceria pubblicava presso la Libreria della Dottrina Cristiana (Colle Don Bosco) 24 profili di Salesiani, morti dal 1865 al 1950, che avevano ricoperto qualche ufficio del Capitolo (= Consiglio) Superiore della Società Salesiana. Il volume conteneva, inoltre, una sintesi storica della Società Salesiana e alcuni cenni storici sullo sviluppo delle Costituzioni. Ne risultava un volume di 507 pagine, formato 15,5x11 cm., nel quale, dichiara il Ceria, 'non si recitano panegirici, ma si presentano profili, dove i singoli sono delineati nella realtà della loro personalità e delle loro attività specifiche'. È un libro destinato a un pubblico salesiano. Infatti, come dice l’autore, i profili 'serviran pure ad arricchire l’esperienza nostra e gioveranno all’edificazione generale'.6
    Il profilo del Bodrato occupa le pagine 98-107. Si rilevano diverse imprecisioni. Le notizie vengono ricavate dalle Memorie Biografiche e principalmente dalle 'letture' del Barberis. L’autore si attiene a quanto detto nella premessa del libro: parla del lavoro svolto dal Bodrato nelle varie cariche e mette in risalto la sua personalità. Tace, perciò, dell’intero periodo di Mornese, accennando soltanto all’incontro con don Bosco e al dialogo allora avvenuto. Tutto, però, è condensato in sole 17 righe, attenendosi esclusivamente alla traccia delle Memorie Biografiche.
 
7. Le 'Memorie Biografiche'
 
    Nelle Memorie Biografiche Lemoyne e Ceria abbondano in notizie sulla vita del Bodrato dopo l’incontro del 1864. Del dialogo il Lemoyne assume la versione presente nelle bozze di stampa (testo F), riportando a pp. 761- 763 del volume settimo l’identico contenuto delle pp. 35-39 delle bozze. Nell’edizione non si terrà, quindi, conto del testo delle Memorie Biografiche.
    È da notare che nei Documenti per scrivere la storia di D. Giovanni Bosco, preparatori delle Memorie, il dialogo non si trova. Esso comparirà soltanto 25 anni più tardi nel volume settimo delle Memorie.
    Non siamo riusciti a individuare le fonti di cui si servono le Memorie Biografiche per il racconto del pranzo che precede il dialogo. Esso non corrisponde né ai testi del Cays, né a quello delle bozze di stampa né ai documenti di cui si è servito il Maccono per scrivere le biografie di Madre Maria Mazzarello e di don Pestarino e nemmeno alle testimonianze del Processo Apostolico della Santa.
    Tuttavia, dovendoci occupare direttamente di stabilire il testo del dialogo e non di ricostruire la visita di don Bosco a Mornese, non ci occuperemo delle diverse relazioni sulla presenza di don Bosco a Mornese nel 1864. Per il nostro scopo ci si riferirà esclusivamente al testo delle bozze di stampa (F) e delle due redazioni contenute nel foglio senza numerazione di cui sopra (D e E).
 
8. Contenuto del dialogo
 
    Si può osservare che i contenuti del dialogo corrispondono a quanto viene ripetuto in tante 'buone notti' e altri insegnamenti di don Bosco. Basti citare, ad esempio, MB VII 507 e 824; MB XI 221 e 253; MB XII 133.
    Per la prima parte del dialogo i tre testi sostanzialmente concordano. In linea di massima questa prima parte tratta della conversione interiore del giovane. Per arrivare ad essa, l’educatore si serve della religione e della ragione. Dio è amore, e come amore deve essere conosciuto e compreso dai giovani. La considerazione dei benefizi che l’amore di Dio ha elargiti, fa sì che nasca nel cuore del giovane la riconoscenza; non una riconoscenza meramente emotiva e sterile, ma ragionevole e fattiva, che porta il giovane a decidere sinceramente di seguire la strada dei comandamenti e di adempiere i propri doveri. Il lavoro educativo è allora a buon punto.
    Diversa è la visione presentata dalla seconda parte del dialogo. Il Bodrato fa un riferimento all’uso della frusta — che era stato perfino d’obbligo nei Regolamenti scolastici anteriori alla legge Casati — e afferma essere indispensabile all’educazione un terzo elemento, ossia la minaccia dei castighi.
    Don Bosco, nella sua risposta, ricorda che la religione porta già con sé anche severe e terribili censure che colpiscono la vita del giovane nelle più segrete azioni e nei pensieri più reconditi. Le pratiche della religione, vissute con sincerità, la frequenza dei sacramenti e l’insistente opera dell’educatore tendono, coll’aiuto del Signore, a far sì che il giovane si convinca di questo e cambi condotta, senza bisogno di ricorrere a castighi esteriori.
    Uno spiraglio di luce conclude questo discorso, riallacciandosi in qualche modo alla prima parte: una volta che i giovani arrivano a persuadersi che chi li dirige ama sinceramente il loro vero bene, non sarà necessario all’educatore ricorrere ad altro castigo che a quello di tenere un contegno più riservato, che renda visibile il dispiacere di vedersi mal corrisposto nelle sue cure paterne.
 
9. Una possibile fonte e l’autore
 
    Tra il materiale in possesso del Cays e conservato insieme al suo manoscritto e alle bozze di stampa si trovano nel Bollettino Salesiano del 1880 due indicazioni intreressanti. La prima parla della morte del Bodrato in Argentina e traccia un breve profilo della sua vita con particolare riguardo alla sua attività missionaria. L’altra, invece, tocca un argomento che a prima vista sembra avere poco da fare con il Bodrato. È una puntata della Storia dell’Oratorio di S. Francesco di Sales di don Giovanni Bonetti,7 nella quale si riportano alcune originali riflessioni dell’Autore circa lo stile di vita dell’Oratorio dei primordi (cfr. BS 4 (1880) n. 10, ott., p.7). Bonetti tenta un’analisi dei 'segni dei tempi', ricavandone l’esigenza di una autentica 'innovazione educativa'. Il sistema introdotto e praticato da don Bosco nell’educazione della gioventù, oltre ad essere consentaneo alla ragione e alla religione, pareva più conforme all’indole dei tempi.
    Lo schema concettuale è abbastanza simile a quello della seconda parte del dialogo. Il Bodrato si richiama a misure severe e forti per governare la gioventù (la frusta). Don Bosco invece risponde che il castigo esterno si rende quasi del tutto superfluo, una volta che la coscienza abbia presenti i castighi eterni e il giovane comprenda che l’educatore non ha altro di mira che liberarlo da danni così terribili. Quanto più ci si sforza di far crescere il giovane nel santo timore di Dio, tanto più sarà facile e costruttivo trasformare l’immagine dell’educatore dominatore assoluto in una figura più affettuosa e paterna, corrispondente alle nuove attese dei giovani in tempi mutati.
    Sappiamo che l’autore della prima parte del dialogo è il Cays. Sappiamo anche che l’autore della seconda parte non è il Lemoyne (cfr. p. 174).
    La somiglianza tra la ‘puntata’ del BS e la seconda parte del dialogo ci ha portato in un primo momento a cercare nel Bonetti l’autore di quest’ultima. Ma il periodare del Bonetti ha una struttura che, partendo da una idea, si esplicita sempre più in nuove spiegazioni e indicazioni che completano il pensiero; mentre lo stile del dialogo ha una architettura più sobria. Mancandoci qualsiasi documento che faccia da ponte tra i manoscritti del Cays e le bozze di stampa, non abbiamo in mano elementi che permettano di affermare con certezza chi sia l’autore del testo delle bozze di stampa e quindi della seconda parte del dialogo.
    Se si confronta il numero di libri e di pubblicazioni che riproducono il testo del dialogo, con quello di quanti riportano le pagine sul Sistema Preventivo di don Bosco, si vede che il dialogo ha avuto poca diffusione sia nell’ambiente salesiano che fuori di esso. Si indica qui quanto si è riusciti a trovare.
 
Sigle:
A = manoscritto originario di don Carlo Cays
D = fogli non numerati inseriti tra i fogli 31 e 32 del quaderno A con la relazione, redatta dal Cays, della prima parte del dialogo tra Bodrato e don Bosco
E = fogli non numerati inseriti tra i fogli 31 e 32 del quaderno A con altra relazione, redatta dal Cays, della prima parte del dialogo tra Bodrato e don Bosco
F = bozze di stampa della biografia di don Bodrato proveniente con notevoli varianti dal manoscritto originario di don Carlo Cays
 
 
 
 
1 Cfr. Copia publica transumpti Processus Apostolica auctoritate constructi in Curia ecclesiastica Aquensi super virtutibus et miraculis in specie Servae Dei Mariae Dominicae Mazzarello primae Superiorissae Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis, art. 41, pp. 54 e 439.
     Ferdinando MACCONO, Suor Maria Mazzarello prima Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate dal Venerabile Giovanni Bosco. Torino, Libreria Editrice Internazionale [1913], p. 108.
     Ferdinando MACCONO, L’apostolo di Mornese Sac. Domenico Pestarino. Torino, SEI [1927], p. 106.
2 Sac. Domenico PESTARINO, nato a Mornese (Alessandria-Italia) il 5 gennaio 1817, compì gli studi nel Seminario di Genova; ordinato sacerdote nel 1839, rimase in Seminario fino al 1846, andando poi a Mornese, ove fece il vice-parroco. Nel 1862 conobbe don Bosco a Torino. Salesiano nel ’63, rimase a Mornese fino alla morte, collaborando con don Bosco nella fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Morì il 15 maggio 1874.  
3 Le scuole di metodo erano obbligatorie per tutti i maestri in esercizio, che avevano meno di 50 anni. Anche quelli che non erano maestri vi potevano essere ammessi, previo esame. La scuola di Chiavari fu istituita nel 1848. Il corso durava tre mesi, dal 1º agosto al 20 ottobre. Gli insegnamenti venivano impartiti da un professore, da un assistente e da un maestro di calligrafia. Il programma comprendeva sia una parte di pedagogia sia il contenuto delle materie che si insegnavano nella scuola elementare e i loro metodi specifici. Al termine del corso gli allievi erano tenuti a sostenere un esame, scritto e orale, che valeva anche per il conseguimento della patente di maestro elementare. Destinate a formare maestri delle scuole elementari e a diffondere universalmente la cognizione e la pratica delle migliori dottrine (cfr. Regie patenti del 1º agosto 1845, N. 515) le scuole di metodo provinciali furono il primo nucleo dal quale si svilupparono poi le scuole normali istituite prima dalla legge Lanza (1858) e poi dalla legge Casati (13 novembre 1859). Ma le esigenze e i programmi di massima subirono spesso notevoli riduzioni sia per le difficoltà finanziarie dello Stato sia per la necessità di adeguamento alle condizioni culturali degli aspiranti, del resto richiesti in numero crescente da una scuola in espansione. Si ebbero, così, vari tipi e modalità di abilitazione all’insegnamento elementare, inferiore o superiore. 'Gli esami erano aperti a tutti gli aspiranti ‘dovunque e comunque’ avessero compiuti i loro studi, purché di età non inferiore a 18 anni se uomini, 17 se donne, per il grado inferiore; ai 19 e 18 rispettivamente, per il grado superiore' (I. ZAMBALDI, Storia della scuola elementare in Italia. Roma, LAS 1975, p. 229; Cfr. l’intero cap. VII. Scuole per i maestri, pp. 221-239).
4 Sac. Carlo CAYS, conte, nato a Torino il 24 novembre 1813, da famiglia nobile e antica, conseguì la laurea in giurisprudenza all’Università di Torino. Vedovo a 32 anni, dedicò il resto della vita all’educazione dell’unico figlio e alle opere di bene; membro e poi presidente a Torino delle Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli. I giovani degli oratori di S. Francesco di Sales, di S. Luigi e dell’Angelo Custode lo ebbero spesso catechista, priore, benefattore. Dal ’57 al ’60 fu deputato al Parlamento Subalpino. L’anno 1877 si ridestò in lui l’antico desiderio di abbracciare la vita religiosa. Il 26 maggio di quell’anno fece il suo ingresso a Valdocco. Nel settembre del 1878 fu ordinato sacerdote a Torino. Fatto dapprima direttore a Challonges (Savoia) fu poi richiamato a Torino in qualità di direttore delle Letture Cattoliche. Morì il 4 ottobre 1882.
5 Cfr. BS 4 (1880), n. 9, sett., pp. 1-3; BS 4 (1880), n. 10, ott., pp. 1-4.
6 E. CERIA, Profili dei Capitolari Salesiani morti dall’anno 1865 al 1950 con sintesi storica della Società Salesiana e cenni storici delle Regole. Colle Don Bosco (Asti), LDC 1951, p. VII.
7 Su don Giovanni Bonetti, cfr. p. 92.
 
 
 
 
 
 
II. TESTO – Doc. F
 
 
Non pago della semplice ammirazione il Bodrato voleva saperne qualche cosa di più, e si è a questo fine richiesto D. Bosco di una particolare udienza, ed ottenutala nell’istessa sera, gli chiedeva il secreto ch’egli avesse per dominare sifattamente cotanta gioventù da rendersela così ubbidiente, rispettosa e docile da non potersi desiderare di più.
   D. Bosco se ne sbrigava con due parole: Religione e Ragione sono le molle di tutto il mio sistema di educazione.
   L’educatore deve pur persuadersi che tutti, o quasi tutti questi cari giovani, hanno una naturale intelligenza per conoscere il bene che loro vien fatto personalmente, ed insieme sono pur dotati di un cuore sensibile facilmente aperto alla riconoscenza.
   Quando si sia giunto con l’aiuto del Signore a far penetrare nelle loro anime i principali misteri della nostra S. Religione, che tutto amore ci ricorda l’amore immenso che Iddio ha portato all’uomo; quando si arrivi a far vibrare [p.36] nel loro cuore la corda della riconoscenza che gli si deve in ricambio dei benefizi che ci ha largamente compartiti; quando finalmente colle molle della ragione si abbiano fatti persuasi che la vera riconoscenza al Signore debba esplicarsi coll’eseguirne i voleri, col rispettare i suoi precetti, quelli specialmente che inculcano l’osservanza de’ reciproci nostri doveri; creda pure che gran parte del lavoro educativo è già fatto.
   La religione in questo sistema fa l’ufficio del freno messo in bocca dell’ardente destriero che lo domina e lo signoreggia; la ragione fa poi quello della briglia che premendo sul morso produce l’effetto che se ne vuole ottenere. Religione vera, religione sincera che domina le azioni della gioventù, ragione che rettamente applichi quei santi dettami alla regola di tutte le sue azioni, eccole in due parole compendiato il sistema da me applicato, di cui ella desidera conoscere il gran segreto.
   Al finire di questo discorso, Bodrato riprendeva alla sua volta: Rev. Signore, colla similitudine del saggio [p.37] domatore dei giovani poledri ella mi parlava del freno della religione, e del buon uso della ragione a dirigerne le azioni tutte. Questo va benissimo; parmi però che mi abbia taciuto di un terzo mezzo che sempre accompagna l’ufficio del domatore dei cavalli, voglio dire della inseparabile frusta, che è come il terzo elemento della sua riuscita.
   A questa sortita di Bodrato, D. Bosco soggiungeva: Eh caro signore, mi permetta di osservarle che nel mio sistema la frusta, che ella dice indispensabile, ossia la minaccia salutare dei venturi castighi non è assolutamente esclusa; voglia riflettere che molti e terribili sono i castighi che la religione minaccia a coloro che, non tenendo conto dei precetti del Signore, oseranno disprezzarne i comandi, minaccie severe e terribili che ricordate sovente, non mancheranno di produrre il loro effetto tanto più giusto in quanto chè non si limita alle esterne azioni, ma colpisce eziandio le più segrete ed i pensieri più occulti. A fare penetrare più addentro la persuasione di questa verità [p.38] si aggiungano le pratiche sincere della religione, la frequenza dei sacramenti e l’insistenza dell’educatore, ed è certo che coll’aiuto del Signore si verrà più facilmente a capo di ridurre a buoni cristiani moltissimi anche fra i più pertinaci.
   Del resto quando i giovani vengono ad esser persuasi che chi li dirige ama sinceramente il vero loro bene basterà ben sovente ad efficace castigo dei ricalcitranti, un contegno più riserbato, che ne addimostri l’interno dispiacere di vedersi mal corrisposto nelle paterne sue cure.
   Credami pure, caro Signore, che questo sistema è forse il più facile e certamente il più efficace perché colla pratica della religione sarà anche il più benedetto da Dio. A dargliene una prova palpabile, mi fo ardito ad invitarlo per qualche giorno a vedere l’applicazione pratica nelle nostre case. Lo faccio libero di venire a passare qualche giorno con noi, e spero che alla fine dell’esperimento possa assicurarmi che quanto le ho detto è sperimentalmente il più pratico ed il più sicuro sistema. Questo invito parte faceto, parte anche sul serio fece impressione al nostro Bodrato. Ringraziatone D. Bosco, si riservò ad una più esplicita risposta, portando nel cuore il pensiero che ne avrebbe forse più tardi approfittato con soddisfazione.
Antonio Ferreira da Silva
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