Davanti alla promozione e alla difesa della vita umana non si deve parlare di ingerenza nei confronti degli Stati, né esistono ragioni di opportunità politica per impedire di esprimere un giudizio in proposito. La libertà degli Stati nel legiferare in materia bioetica non può certo essere intaccata da elementi esterni ai propri sistemi giuridici.
del 13 novembre 2008
Le tematiche di natura etica rimarranno in primo piano per ancora molto tempo. Pensare che si possano ridurre a un dibattito televisivo di pochi minuti o a un lancio di agenzia non può rendere ragione della profondità che questi temi richiedono. Alla base è necessaria, in primo luogo, la competenza su quanto si discute, superando spinte emotive suscitate, volta per volta, da singoli casi. L'importanza della posta in gioco non può sfuggire a nessuno:  né allo scienziato che vuole procedere alla sperimentazione, né al legislatore che con le sue leggi crea di fatto una cultura. Pensare che su tali questioni la competenza sia esclusiva degli uomini di scienza porta con sé un vizio di fondo che è difficile negare.
Non esiste una posizione neutrale della scienza:  in nessun ambito, e tanto meno in quello che tocca direttamente la vita umana, che come tale comporta delle implicazioni etiche. La scienza vive di ricerca e non avremmo raggiunto alcune tappe fondamentali del progresso attuale senza il suo apporto faticoso, a volte difficile, ma sempre necessario. La scienza, tuttavia, non vive senza regole; alcune le raggiunge a partire da sé, altre deve necessariamente richiederle. Una scienza che volesse sperimentare sulla vita umana senza sentire il bisogno di un richiamo etico si porrebbe da se stessa fuori gioco, perché presterebbe il fianco al sospetto di essere al servizio del potente di turno e non del bene di tutta l'umanità.
È inutile ricordare che anche l'economia e la finanza - che hanno investito e investono molto in questi ambiti - hanno loro pure bisogno di criteri etici. Quando oggetto di sperimentazione è l'uomo, allora gli stessi scienziati devono convincersi che è necessario l'apporto di quanti avanzano una competenza antropologica. Questa esigenza non può essere rifiutata, e tanto meno schernita o emarginata.
Davanti alla promozione e alla difesa della vita umana non si deve parlare di ingerenza nei confronti degli Stati, né esistono ragioni di opportunità politica per impedire di esprimere un giudizio in proposito. La libertà degli Stati nel legiferare in materia bioetica non può certo essere intaccata da elementi esterni ai propri sistemi giuridici. Allo stesso modo, la libertà della Chiesa di esprimere il proprio insegnamento non può essere limitata dall'arroganza di alcuni scienziati o intellettuali, i quali ritengono che su tali contenuti non dobbiamo parlare.
La vita possiede per i cristiani una sua sacralità perché è innanzi tutto mistero, e dal suo inizio sino alla sua fine evidenzia quanto la natura abbia in sé qualcosa di talmente inintelligibile, che ancora sfugge all'analisi più critica e alla macchina più precisa e, proprio per questo, deve essere rispettata da tutti. Quando si parla di vita umana, insomma, non si è mai in presenza di pura materia manipolabile; c'è in essa una dignità intrinseca che merita almeno il rispetto.
Che senso ha dividersi sulla necessità di difendere la vita quando tutti ne sentiamo profondamente la responsabilità per il suo giusto sviluppo e per la conservazione della sua dignità? Non saranno le vaghe promesse di guarigione che alcuni avanzano, sapendo pietosamente di mentire, a poter permettere l'utilizzo di embrioni per la ricerca, fossero anche quelli che per l'avidità di alcuni sono stati congelati e di cui ora ci si ricorda come panacea, per suscitare ulteriori emozioni.
Su alcune questioni vitali tacere sarebbe ipocrita e questo non ci appartiene. Molte cose si possono rimproverare agli uomini di Chiesa in diversi momenti della sua storia bimillenaria, ma su questi temi la nostra posizione permane da sempre cristallina, immutata e proprio per questo credibile. Non siamo soliti fare promesse che non possiamo mantenere. Qualcuno potrà sorridere davanti alla nostra fede. Ne siamo abituati. Da duemila anni veniamo sbeffeggiati e fino ai nostri giorni proprio per questo motivo molti cristiani vengono uccisi ed emarginati. Ma questa è la nostra forza e ci rende - come disse Paolo vi davanti alle Nazioni Unite - esperti in umanità.
Se altri trovano le loro certezze nella scienza non troveranno certo in noi degli oppositori. Solo desideriamo con grande rispetto ricordare che anche la scienza non ha certezze definitive e che il mistero dell'esistenza umana, con le sue domande inevitabili di senso, vale anche per loro. Non necessariamente dovranno dare ascolto alla Chiesa cattolica, ma se mantengono aperta la loro ragione e danno spazio alla forza del ragionamento a noi basta:  non andranno lontano dalle nostre posizioni. Questo, alla fine, sarà anche lo spartiacque per verificare chi aderisce a fondamentalismi confessionali o laicisti; questi infatti non servono per approdare a una visione condivisa per la salvaguardia e il rispetto della vita umana.
Ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno è la capacità di ascoltare gli uni le ragioni degli altri. Questo è un punto fermo. Al contrario non è per nulla vero che abbia ragione chi grida di più, forse perché a corto di argomentazioni, oppure chi sbandiera un consenso scientifico che non si vede all'orizzonte.
 
mons. Rino Fisichella
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