IL GIARDINO DELLE VERGINI SUICIDE

La famiglia Lisbon appartiene solo ad una delle “due facce degli anni ‚Äò70'; la madre è il simbolo di un mondo vecchio e chiuso che in tutti i modi cerca di ostacolare la crescita, il cambiamento, e il nuovo...

IL GIARDINO DELLE VERGINI SUICIDE

da Quaderni Cannibali

del 24 novembre 2005

Regia: Sofia Coppola

Interpreti: James Woods, Kathleen Turner, Kirsten Dunst

Origine: Usa 1999

Durata: 95'

 

Provincia del Michigan, anni ’70. I coniugi Lisbon hanno cinque figlie di età compresa tra i tredici e i diciassette anni: Cecilia, Lux, Bonnie, Mary, Teresa. Anche se con diverse sfumature, tutte vivono i momenti belli e difficili dell’adolescenza, tutte suscitano l’interesse e l’attrazione dei ragazzi di scuola e del vicinato. La più piccola, Cecilia, prova simpatia per il coetaneo Dominique, ma non può frequentarlo. Solo più tardi i genitori le permettono di organizzare una festa a casa. A quel punto Cecile si allontana da casa e si uccide. Trip frequenta Lux, poi chiede al padre di lei se possono uscire insieme ma lui dice di no. Una sera le quattro ragazze escono con quattro ragazzi, vanno ad una festa, Lux e Trip vengono eletti regina e re del ballo. Mentre gli altri rientrano, Lux invece torna a casa solo la mattina. La reazione dei genitori è immediata: tutte e quattro relegate dentro con divieto di uscire. Dopo un po’ le ragazze chiedono aiuto ai loro amici fuori. Una notte i ragazzi arrivano per portarle via di nascosto, ma loro si sono suicidate. Dopo i funerali, la vita nella cittadina riprende.

 

Hanno detto del film

Esordio alla regia di Sofia Coppola, figlia di Francis, con un film abbagliante, apparentemente contorto e invece fluido, inesorabile, predestinato. Senza fuga. Una famiglia per bene, forse troppo, un’incapacità di comunicare e di accettare la realtà. La vita scappa senza che nessuno riesca a fermarla.

(Adriano De Grandis, Segnocinema 111, sett./ott. 2001)

 

La famiglia Lisbon appartiene solo ad una delle “due facce degli anni ‘70'; la madre è il simbolo di un mondo vecchio e chiuso che in tutti i modi cerca di ostacolare la crescita, il cambiamento, e il nuovo. La figlia Lux, al contrario, tenta di emulare i comportamenti della sua generazione (il fumo, l’alcool, il sesso) ma manca in lei il vero spirito di lotta e ribellione che forse l’avrebbe potuta salvare. (...) Fa rabbia, fa male! Perché, ci si domanda alla fine del film. Lo stesso perché che gli impotenti ragazzini si chiedono, una volta adulti, ricordando le belle ed inaccessibili “lolite”. Ragazze-simbolo di un’adolescenza mitizzata dalle apparenze (i ragazzi interessati a loro solo per la bellezza) in un ambiente poco stimolante, anzi estremamente limitante, le quali riescono a trovare nel gesto estremo della morte la loro unica affermazione.

(www.sentieriselvaggi.it)

 

Fa bene la regista ad inquadrare più volte l’abitazione dei Lisbon dal basso comunicando immediatamente il senso d’oppressione del giogo materno con un padre debole che si limita a guardare. Il processo di individuazione delle giovani donne è bloccato da una madre bigotta, dalla mentalità ottusa. È una madre che non capirà mai le sue responsabilità, perché la mentalità rigida è un meccanismo che ha salde radici, niente può scuoterlo, è un carrarmato che fatalmente distruggerà tutto quanto al suo passaggio.

(www.revisioncinema.com)

CGS

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