Il musicista prediletto dagli angeli

Fervido credente eppure massone, geniale eppure infantile, capace di composizioni celestiali ma anche di grevi scurrilità: Wolfgang Amadeus Mozart è stato un campionario di contraddizioni. Proprio per questo, forse, è anche il musicista più amato dai teologi: da Barth a von Balthasar, da K√ºng a Ratzinger.

Il musicista prediletto dagli angeli

da Quaderni Cannibali

del 31 agosto 2006

Ci sono momenti in cui anche il più incallito giornalista cartaceo invidia la pagina web, con le sue diciture in blu e la manina che invita a 'fare clic qui'. Come parlare di Mozart senza poter trasformare in musica sull’istante, con un colpo di bacchetta informatica, quei muti titoli seguiti da un 'K' o 'KV'? (Köchel Verzeichnis, catalogo Köchel). Consoliamoci, lettori. Entro la fine del Mozart-Jahr , l’anno mozartiano, li avrete ascoltati tutti almeno una volta, quei 'K': in concerto, cd, dvd, mp3, radio, Tv, telefonino. Mozart è la miracolosa colonna sonora dell’anno duemilasei. Neppure per Bach, nel duemila, s’era verificata una tale esplosione celebrativa.

Mozart, perché? Pourquoi Mozart? La citazione francese riprende il titolo di un trattato del dottor Alfred Tomatis, iniziatore di una celebre mozarterapia neurologica. A quel pourquoi, mille parce que potrebbero rispondere. Mille e uno, anzi: il Mozart vero, indecifrabile. Di lui si è detto tutto, e il contrario. Sinfonia sconcertante. Mozart eterno fanciullo, miracolo di felicità sorgiva? No: tormentato eroe romantico ante litteram. Genio incompreso, esaltato da bambino come fenomeno da baraccone e poi morto in miseria? No, era apprezzato, guadagnava, ma spendeva troppo. Autore cifrato, esoterico? Macché, meravigliosamente accessibile, 'facile'. Angelico, celestiale, paradisiaco? No, volgare e sporcaccione. Buon cristiano, fedele cattolico? Ma via, era un massone convinto. Sposo innamorato e devoto? Anzi: libertino, donnaiolo, avvelenato da un marito tradito (non da Salieri, vecchia leggenda). Illuminista, rivoluzionario? No, più borghese di suo padre. Secondo la sorella-prodigio, Nannerl, «fuori della musica, era un uomo mediocre».

E la musica? Interpretabile in tutte le chiavi, leggibile a tutti i livelli, dal terra-terra all’altezza vertiginosa. All’asilo si canta la canzoncina dei campanelli del Flauto magico, e in cielo gli angeli suonano l’Adagio K 546. Con l’imprimatur di Karl Barth. Citiamola anche noi, la citatissima frase di Barth. Fa parte di un suo Wolfgang Amadeus Mozart pubblicato nel 1956, un altro centenario: «Forse gli angeli, quando rendono lode a Dio, cantano Bach. Ma sono sicuro che quando si ritrovano tra loro suonano Mozart, e allora anche il Signore li ascolta con particolare diletto».

E non è solo il teologo del 'Totalmente Altro' a prediligere Mozart. Anche von Balthasar, il teologo della bellezza; anche lo 'scomodo' Hans Küng. E, naturalmente, Papa Ratzinger, musicista e fratello di musicista, bavarese come Mozart padre. Benedetto XVI auspica il ritorno delle messe di Mozart nella liturgia, cancellando finalmente la vecchia etichetta (preconciliare) di un Mozart da chiesa troppo frivolo e teatrale, che oggi, con quel che si sente nelle chiese, suona quasi blasfema. Mozart è stato per moltissimi un tramite al trascendente. Addirittura – si è detto – una prova in musica dell’esistenza di Dio. Se la fede in Bach è virile abbandono, in Haendel trionfante certezza, in Beethoven dramma dell’uomo di fronte a Dio, Mozart è la bellezza pura come evidenza dell’Essere.

Il più sorpreso di questa definizione un po’ platoneggiante sarebbe lui, Johannes Chrysostomus Wolfgang Sigismundus Theophilus Mozart, detto Amadé, e molto più tardi Amadeus. Magari risponderebbe con uno sberleffo, di quelli che gelavano, e ancora gelano, i benpensanti. Altro che 'angelo in terra'! Caduta ormai ogni censura, i devoti mozartiani possono leggere oggi con sbalordito orrore (o malizioso divertimento) le lettere di Amadé alla cugina Anna Thekla, zeppe di scurrilità. Ma non 'a sfondo sessuale', come ostinatamente ripetono i biografi più superficiali. Quelli seri ricorrono pudicamente a termini dotti come 'coprolalia' o 'scatologico' (senza 'e'). Quanto al sesso, quando Mozart ne parla scrivendo al padre, è per confessargli di non aver mai frequentato prostitute e di cercare il remedium concupiscentiae di un onesto matrimonio. Che sarà quello con Constanze Weber.

In ogni caso, sembra banale ripeterlo, Mozart è un mistero. Mistero la sua vita, mistero la sua morte (malattia, delitto?), mistero dove sia finito il suo corpo. Mistero come potesse quell’«omettino con parrucca e spadino» (Goethe) improvvisare al cembalo a occhi bendati, riconoscere le note suonate coi bicchieri, copiare a memoria un Miserere a cinque voci, avere nel sangue già a quattro anni non solo la fantasia creativa ma il tema di otto battute e il passaggio alla dominante e l’aria col 'da capo' e tutte le altre regole della composizione settecentesca (che più tardi travalicherà con la sovranità del genio). Ma, tra tanti misteri, il meno misterioso, anzi l’oasi finalmente senza ombre o problemi, è la religione, la sua fede.

Per tutta la vita Mozart si dichiarò fervente cattolico, anche se non ebbe sempre facili rapporti con gli arcivescovi. È noto che da Geronimo di Colloredo, suo datore di lavoro, fu licenziato a calci. Ma non per questo se la prese con la Chiesa, come Schubert che la cancellava dal Credo delle sue messe. E la sua affiliazione alla massoneria, messa di moda dall’imperatore Giuseppe II, non gli causava alcun problema di coscienza. Era desiderio di fratellanza, di amicizia, di aiuto (anche economico, ahimè): la dimensione 'orizzontale' non toccava minimamente quella verticale del suo rapporto con Dio. Al matrimonio si preparò, con la fidanzata, tramite ripetute confessioni e comunioni. Sulla morte scrisse una famosa lettera edificante, colma di fiducia in Dio. E mai trascurò di ringraziarlo per i miracolosi doni ricevuti.

Tra i seicentoventisei numeri d’opera elencati da Ludwig Köchel (l’ultimo è il Requiem) troviamo diciannove messe o parti di messe, nove oratori, sette tra vespri, litanie e salmi, diciassette sonate da chiesa per organo, ventitré mottetti o brevi composizioni sacre. A questi va aggiunta la musica 'liturgica' massonica, trattata dall’autore con modi egualmente chiesastici. Tutta musica di circostanza, scritta su commissione? Ne avessimo, di 'commissioni' come il Requiem, l’Exsultate, il Laudate Dominum dei Vesperae sollemnes de confessore, i tre minuti di eternità dell’Ave verum, laMessa dell’incoronazione, le sessantanove battute della Maurerische Trauermusik.

Ma gli squarci di paradiso, le finestre sul soprannaturale, si ritrovano forse più nelle pagine profane: il citato Adagio, certe arie d’opera, i secondi tempi dei concerti (K 488, 467, 622, la Sinfonia concertante K 364...). I teologi parlano di una musica naturaliter christiana.

D’accordo, ma come conciliare mediocrità ed estasi, monelleria e religione, sporcizia e candore, quelle parolacce irripetibili e quella mozartiana «innocenza del tempo della Creazione» cara a Urs von Balthasar? Forse è il caso di riconsiderare seriamente il vecchio cliché di un Mozart eterno fanciullo, da tempo fuori moda. Freud avrebbe parecchio da dire al riguardo. Ma anche il Vangelo. Solo ai fanciulli, birichinate a parte, appartiene il Regno dei cieli. E se qualcuno c’è andato davvero vicino, questi è certamente il duecentocinquantenne ed eternamente giovane 'Amadé', l’amato da Dio. E che molto semplicemente lo amava.

Elena Cristina Bolla

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