«Il nostro 'B16'».

I giovani presenti in piazza San Pietro riconoscono di avere trovato soddisfazione nel sentirsi considerati e chiamati in causa dal nuovo Papa, da quello che già chiamano affettuosamente nelle mail, sugli sms e nei blog «il nostro 'B16'». Un invito all'amicizia dunque che ha commosso e spronato il «popolo della Gmg»...

«Il nostro 'B16'».

da Teologo Borèl

del 26 aprile 2005

 Gasati da quel «spalancate le porte a Cristo», i giovani presenti in piazza San Pietro riconoscono di avere trovato soddisfazione nel sentirsi considerati e chiamati in causa dal nuovo Papa, da quello che già chiamano affettuosamente nelle mail, sugli sms e nei blog «il nostro 'B16'». Un invito all'amicizia dunque che ha commosso e spronato il «popolo della Gmg» che ascoltava, mescolato alla folla delle gente comune, dei religiosi, delle personalità. «Ha usato diverse volte l'espressione 'cari amici' - sottolinea Gianni, a capo di un nutrito gruppo di ragazzi di Gioventù studentesca delle superiori provenienti dalla provincia di Milano -. E l'impressione che ci ha comunicato è che abbiamo ritrovato un padre». «Fin dal momento dell'elezione ci ha ispirato un senso di paternità che oggi si è rafforzato»: parla anche a nome dei suoi amici Angela della diocesi di Altamura, a Roma per l'assemblea nazionale dell'Azione cattolica. «Sappiamo che i 'deserti interiori' - prosegue - per molti di noi significano solitudine, incomprensione, paura, ma abbiamo la speranza, dopo quello che abbiamo ascoltato nell'omelia, che verranno superati anche grazie alla sua guida». «No, non è stato sentimentalismo a spingerci a Roma alla morte di Wojtyla - chiarisce subito Luca, studente di Milano, che tenta di vincere la stanchezza dormicchiando sul pullman che lo riporta a casa -. Né è stata l'onda dell'entusiasmo a spingerci oggi a partecipare alla prima Messa, semplicemente io e i miei amici siamo grati a questi due uomini, adulti affascinanti, che ci testimoniano quanto è attuale e importante la proposta di Cristo nella vita». «A pelle, l'uomo Ratzinger mi ispira come potrebbe fare un nonno tenero - interviene Concita, responsabile provinciale dei giovani delle Acli di Roma -. Ho lasciato il mio gruppo e mi sono intrufolata per vederlo meglio e tutto mi è sembrato tranne che una persona fredda. Le sue parole sono andate dritte al cuore e insieme con gli amici abbiamo già pensato che utilizzeremo il testo dell'omelia per prepararci alla Giornata mondiale di Colonia». Ma Concita ci tiene a sottolineare un altro aspetto: «Vivere la fede in parrocchia è semplice perché si è tra gente che la pensa nelle stessa maniera. Il difficile è 'fuori', a scuola, con gli amici che non fanno parte del 'giro'. Spesso chi ha fede si nasconde per paura di essere impopolare. Mi sembra che il Papa oggi ci abbia invitato a superare questa dicotomia e a rendere tutt'uno vita e fede». In cento sono arrivati da Bologna all'alba, «e ne valeva la pena - chiarisce Francesco - perché oggi è stato fatto un grande passo avanti rispetto a quel 'non avere paura', ci è stato chiesto di accogliere Cristo nella nostra vita attraverso l'amicizia». È rimasto invece deluso chi si aspettava che il rito, lungo, cantato e in latino, annoiasse i più giovani: «La bellezza della celebrazione, la liturgia molto curata e tutti quei canti mi hanno lasciato una grande serenità come del resto mi ha confortato sentirmi dire che Dio mi ama», sostiene il diciassettenne milanese Giovanni. «Quei 38 applausi con cui l'abbiamo interrotto - vuole precisare Chiara da Vicenza - non erano per fare spettacolo, ma per dirgli 'siamo qui', non andiamo via. Vicino a me c'era un gruppo scout di Hannover che non si era ancora ripreso dallo stupore per l'elezione di un Papa tedesco. Mi dicevano che quella sfida a portare Cristo nella loro vita intendono raccoglierla. Vedo sul blog al quale partecipo che l'attenzione ai laici è un altro passaggio che colpisce». «Eravamo in tanti noi giovani sacerdoti - si entusiasma don Alessandro Amapani, della Pastorale giovanile Cei - mi sono stupito e molto rallegrato per questo segno di unità. Credetemi, non è facile indossare una tonaca al giorno d'oggi. Ma tutti quei giovani preti di varie nazionalità erano lì per dirgli 'ci siamo anche noi'». Tornano a casa, al seminario regionale marchigiano, con una marcia in più Alessio di 21 anni e Leonardo di 20: «Pensavo di rimanere male vedendo un altro Papa al posto di Gp II - rivela Leonardo -, ma non è stato così perché Benedetto XVI ha creato sintonia e ci ha fatto sentire che di noi a lui importa». «Da oltre 20 anni Papa Ratzinger non si trovava più, come pastore, davanti a una comunità guardandola negli occhi - analizza Marco -, ma mi sembra che non abbia perso l'allenamento. Come giovane mi sono sentito sfidato da un adulto che non fa sconti». Una piazza molto raccolta è ciò che più ha impressionato Anna Maria di Firenze: «Nonostante fossimo in migliaia e al di là dei cori da stadio la grande attenzione che ha regnato durante l'omelia significa che quell'uomo, che conosciamo ancora poco, ci ha già catturati».

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