Il Papa nella baraccopoli

A Kangemi dove vivono oltre centomila persone: "I vostri valori non si quotano in Borsa"...

 

Il Papa nella baraccopoli

 

«Mi sento a casa tra voi!». Papa Francesco, nell’ultimo giorno della sua visita in Kenya, percorre la strada sterrata di Kangemi, una delle bidonville di Nairobi, situata in fondo a una piccola vallata che confina con un’altra baraccopoli. Qui vivono oltre centomila persone senza una rete di drenaggio delle acque nere e senza servizi, in abitazioni di fortuna fabbricate con latta e legno. L’incontro avviene nella chiesa di San Giuseppe Lavoratore retta dai gesuiti. Ci sono tanti bambini seduti per terra. Bergoglio saluta i malati, chiede  di essere benedetto da un prete in sedia a rotelle.

 

Il Papa viene salutato da una residente dello slum in abiti tradizionali, Pamela Akwede, che gli ricorda come il 60 per cento della popolazione di Nairobi viva nelle baraccopoli le quali occupano solo il 5 per cento dell’area totale della città. La gente qui «sopravvive con meno di un dollaro al giorno.Ci sono stati focolai di colera, specialmente all’inizio di quest’anno». Mentre suor Mary Killeen ricorda che serve una maggiore presenza di religiosi nei quartieri poveri.

 

Francesco, che da arcivescovo di Buenos Aires aveva mandato molti preti a vivere nelle baraccopoli, è visibilmente felice: «Mi sento a casa condividendo questo momento con fratelli e sorelle che, non mi vergogno a dire, hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte». Ma prima di «denunciare le ingiustizie subite» dagli abitanti degli slums, Bergoglio parla della «saggezza dei quartieri popolari», di quei «valori evangelici che la società del benessere, intorpidita dal consumo sfrenato, sembrerebbe aver dimenticato».

 

«Voi – dice il Papa – siete in grado di tessere legami di appartenenza e di convivenza che trasformano l’affollamento in un’esperienza comunitaria in cui si superano le barriere dell’egoismo». E cita valori come «la solidarietà, dare la propria vita per l’altro, preferire la nascita alla morte; dare una sepoltura cristiana ai propri morti. Offrire un posto per i malati nella propria casa, condividere il pane con l’affamato», perché «dove mangiano 10 mangiano in 12», spiega Francesco citando un documento dei sacerdoti argentini impegnati nelle villas miserias, anche se gli slums africani sono diversi dalle baraccopoli latinoamericane. «Valori che si fondano sul fatto che ogni essere umano è più importante del dio denaro. Grazie per averci ricordato che esiste un altro tipo di cultura possibile. Vorrei rivendicare in primo luogo questi valori che voi praticate, valori che non si quotano in Borsa, valori con i quali non si specula né hanno prezzo di mercato».

 

Dopo aver ricordato che «il cammino di Gesù è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti», il Papa ha detto che non si può «in alcun modo ignorare la terribile ingiustizia della emarginazione urbana», le «ferite provocate dalle minoranze che concentrano il potere, la ricchezza e sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate».

 

«Vediamo l’ingiusta distribuzione del terreno – continua il Pontefice – che porta in molti casi intere famiglie a pagare affitti abusivi per alloggi in condizioni edilizie per niente adeguate. Ho saputo anche del grave problema dell’accaparramento delle terre da parte di “imprenditori privati” senza volto, che pretendono perfino di appropriarsi del cortile della scuola dei propri figli».

 

Un grave problema, sottolinea Francesco è «la mancanza di accesso alle infrastrutture e servizi di base. Mi riferisco a bagni, fognature, scarichi, raccolta dei rifiuti, luce, strade, ma anche scuole, ospedali, centri ricreativi e sportivi, laboratori artistici». Soprattutto manca l’acqua potabile, «un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone». Negare «l’acqua ad una famiglia, attraverso qualche pretesto burocratico, è una grande ingiustizia, soprattutto quando si lucra su questo bisogno».

 

Bergoglio accenna alla violenza che si diffonde e alle «organizzazioni criminali, al servizio di interessi economici o politici, utilizzano i bambini e i giovani come “carne da cannone” per i loro affari insanguinati. Conosco anche le sofferenze di donne che lottano eroicamente per proteggere i loro figli e figlie da questi pericoli. Chiedo a Dio che le autorità prendano insieme a voi la strada dell’inclusione sociale».

 

Tutto ciò non è il risultato di «una combinazione casuale di problemi isolati. Sono piuttosto una conseguenza di nuove forme di colonialismo», non mancano «di fatto, pressioni affinché si adottino politiche di scarto come quella della riduzione della natalità che pretende legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare».

 

Bisogna, insiste Francesco, «riprendere l’idea di una rispettosa integrazione urbana. Abbiamo bisogno di città integrate e per tutti. Abbiamo bisogno di andare oltre la mera declamazione di diritti che, in pratica, non sono rispettati, e attuare azioni sistematiche che migliorino l’habitat popolare e progettare nuove urbanizzazioni di qualità per ospitare le generazioni future». Il Papa si appella «a tutti i cristiani, in particolare ai pastori, a rinnovare lo slancio missionario, a prendere l’iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte».

 

«So che fate molto» riconosce Bergoglio «ma vi chiedo di ricordare che non è un compito in più, ma forse il più importante, perché  – spiega citando Benedetto XVI – i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo». «Preghiamo, lavoriamo e impegniamoci insieme – conclude – perché ogni famiglia abbia una casa decente, abbia accesso all’acqua potabile, abbia un bagno, abbia energia sicura per illuminare, per cucinare, per migliorare le proprie abitazioni… perché ogni quartiere abbia strade, piazze, scuole, ospedali, spazi sportivi, ricreativi e artistici; perché i servizi essenziali arrivino ad ognuno di voi; perché siano ascoltati i vostri appelli e il vostro grido che chiede opportunità; perché tutti possiate godere della pace e della sicurezza che meritate secondo la vostra infinita dignità umana».

 

 

Andrea Tornielli

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