News 4

Il professore: "Dovrei fare più sport e imparare ad amare"

"E dormire di più, lavorare meglio con gli altri ma soprattutto essere visitato dalla Bellezza". Appaio. Faccio. Sono. Mi chiamo Alessandro D'Avenia, 34 anni, capelli ricci che cominciano a cadere, occhi azzurri per fare entrare tutta la luce che è loro concessa. Così appaio.


Il professore: 'Dovrei fare pi√π sport e imparare ad amare'

da Feste dei Giovani

del 25 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Appaio. Faccio. Sono. Mi chiamo Alessandro D’Avenia, 34 anni, capelli ricci che cominciano a cadere, occhi azzurri per fare entrare tutta la luce che è loro concessa. Così appaio.           Faccio il professore di scuola superiore a poco più di mille euro al mese, ma ho la fortuna di scrivere dei libri, che vengono anche letti, il che mi ha risparmiato dalla necessità di dare ripetizioni. Questo è quello che faccio.Sono un uomo che fa fatica ad amare e a lasciarsi amare, come tutti credo, ma con un grande desiderio di riuscirci. Ho una gran sete di bellezza, di quella vera, di quella che non si rovina, né si rompe, di quella che Dante chiama splendore della verità: su di me e sul mondo. Questo è quello che sono.           Appaio, faccio, sono. Su queste tre zone - dalla periferia al centro - della mia identità vorrei provare a basare gli interventi prima dell’apocalisse dei Maya. Quanto all’apparire vorrei provare a fare un po’ di sport in più, perché a furia di studiare e scrivere mi sto ingobbendo, ma siccome poi so che non riuscirò a farlo come dovrei, mi accontenterò di andare a dormire prima, così da dormire almeno sette ore e mezza, così da migliorare le occhiaie e soprattutto sorridere. Quando dormo poco sono nervoso, perdo la pazienza e non sorrido. Apparire.           Sul piano del fare mi vorrei proporre di lavorare un po’ di più con i miei colleghi di scuola. Spesso preferisco fare da me e non mi coordino con gli altri dello stesso consiglio di classe. E poi pretendo che lo facciano i ragazzi tra di loro? Non è facile, perché spesso credo di saper fare le cose: solo, prima e meglio. Troppo spesso mi sbaglio... Ma che fatica accettare di non essere autonomo, di avere bisogno di aiuto, insomma di essere limitato e non il professore ideale che credo stupidamente di dover essere e potrei invece più felicemente accontentarmi di essere un buon professore. Fare.           Quando qualche giorno fa un amico mi ha scritto in una mail che, nonostante la sua vita sia piena di soddisfazioni professionali, spesso ha un dolore che quasi lo soffoca e fatica ad aprirsi e a piangere davanti a qualcuno, ma ne avrebbe bisogno, ho capito quanto lo avevo lasciato solo a subire quella profonda solitudine che ci afferra tutti anche nel bel mezzo di una gioia o di una folla.Ecco allora vorrei fare il proposito di dedicare più tempo alle persone che ho accanto, ritagliandolo a Facebook & co., per poterle ascoltare faccia a faccia, provando, nei limiti della mia capacità di attenzione, ad essere un balsamo per le loro ferite. Magari imparo anche io a concedermi ogni tanto il lusso di essere me stesso, non solo quando scrivo. Essere.           Mi rendo conto però che mi è rimasta fuori la bellezza e non posso fare a meno di dedicarle un proposito. Altrimenti l’essere mi resta dimezzato. Mi sia allora concessa un’altra possibilità, spero non velleitaria. Vorrei abbracciarla questa bellezza che non si rovina, questa Bellezza che è casa ovunque io sia, quasi una patria tascabile, per lasciarla albergare in quello che Amleto chiama il cuore del cuore dell’uomo, perché niente e nessuno me la porti via e io sia suo e lei mia.           Allora proverò a frequentarla un po’ di più ogni giorno, nel silenzio. Le chiederò più spesso di farmi visita nel bel mezzo della routine quotidiana, in metropolitana, in bicicletta, a letto, nel traffico, in cucina e dovunque la vita ordinaria mi sorprenda. Come quando si poggia l’orecchio su una conchiglia e si sente tutto il mare. E aspetterò che Lei venga a trovarmi, lì nel bel mezzo della strada, o anche nel bel mezzo di una notte oscura. Per poter dire con il poeta che «bellezza è verità e verità è bellezza, e questo è tutto quello che abbiamo bisogno di sapere». Adesso però metto in ordine la mia stanza...

Alessandro D'Avenia

http://www3.lastampa.it

Versione app: 3.15.3.0 (e8dc3b7)