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Il Ragazzo di Tien An men

Questo libertà così grande e così fragile, così cercata a così carica di rischi...Soffriamo oggi di una sbronza di libertà che rischia di condurci al disastro.Tolleranza zero? L'intervento del Card. Martini.


Il Ragazzo di Tien An men

da Quaderni Cannibali

del 30 maggio 2008

L’icona più incisiva della lotta per la libertà è quella dell’anonimo ragazzo cinese che, in camicia bianca, solo e disarmato, ha affrontato e bloccato la colonna di carri armati che sfilavano in piazza Tienanmem a Pechino. Le fotografie che lo ritraggono così, nella sua drammatica solitudine di fronte alla violenza brutale che poteva travolgerlo, hanno fatto il giro del mondo e sono diventate un simbolo della lotta contro ogni tirannide. Ancor oggi il turista che vuol visitare la storica piazza è invitato a non soffermarsi e a non fare domande imbarazzanti. Dimenticare Tienanmen. E se lo dimenticano fin troppo i politici e gli uomini d’affari che si recano nell’immenso paese che cresce a ritmi vertiginosi, tali da alterare gli equilibri economici mondiali, ma che non sa riconoscere i diritti fondamentali dell’uomo.

La lotta per la libertà è una delle molle della storia. Lo vediamo a tutt’oggi in molte parti del mondo. Ancora sotto dittature di vario colore.

Gandhi, con la nonviolenza ha guidato il subcontinente indiano alla libertà. Una lotta senza sangue e senza morti, ma una lotta durissima.

Fremiti di libertà agitano oggi i giovani universitari iraniani, come le piccole repubbliche del Caucaso, sorte dal frantumarsi dell’impero, la cui colpa è nei giacimenti di petrolio, cari al Cremlino.

Lotta per la libertà il popolo curdo, 25 milioni spaccato tra Iran, Irak, Siria e Turchia grazie ai calcoli della diplomazia europea degli anni Venti per fronteggiare l’impero ottomano.

E la libertà religiosa, oggi ancora conculcata in troppi Paesi, dalla Cina al mondo islamico. Libertà religiosa, madre di tutte le libertà, perché il fattore religioso si sta rivelando, nelle sue varie espressioni, quello che ha radici più profonde nel cuore dell’uomo. 

 

 

Le libertà del mondo occidentale

 

Nel mondo occidentale, europeo e americano, che le libertà politiche se le è già conquistate con due guerre mondiali sanguinose, si affacciano altre richieste di libertà. Più preoccupanti.

Libertà di aborto, di divorzio. Libertà di ricerca scientifica in campi delicatissimi come l’embrione e le staminali e tutta la genetica. Libertà di droga. Libertà di legittimare nuove forme di famiglia. Libertà di esperienze sessuali estreme, al limite della perversione. E in casi eccezionali, come in Olanda, libertà di pedofilia.

Non c’è più tradizione, valore, riferimento etico, norme, consuetudine, tutto un insieme di norme sociali che costituiva la struttura portante della società di ieri, e che era condivisa da credenti e non credenti.

“È tipico della nostra epoca – osserva il Card. Martini – il superamenti di tanti limiti da parte della coscienza della gente: si tende a vivere o almeno a pensare come se tali limiti non ci fossero più. L’uomo d’oggi, l’uomo occidentale (ma il fenomeno sta dilagando anche in paesi di cultura differente quali la Cina e il Giappone) ha l’impressione oggettivamente esagerata, che quasi tutto gli è o gli sarà presto tecnicamente possibile, che i limiti fisici ritenuti invalicabili possono o potranno ben presto essere superati.

La conseguenza veramente nuova è che mai come oggi nella storia, si è accresciuto a dismisura il senso della propria libertà e autonomia: libertà dai condizionamenti naturali e biologici, libertà dalle leggi e consuetudini che sembravano oggettivamente derivare da un modo di essere dell’uomo ‘naturale’ e perciò invalicabile. Mai come oggi l’uomo si è sentito dotato di tanta libertà, mai è stato più emancipato e disancorato da punti di riferimento che apparivano scontati ed evidenti”. E conclude: “Abbiamo tutti in mente esempi recenti di queste tendenze: la facilità a giustificare l’aborto, la spinta verso una liberalizzazione della morte autogestita, il superamento dei quadri tradizionali della concezione del matrimonio come unione stabile e feconda tra un uomo e una donna, la possibilità di esperimenti spericolati con l’embrione, ecc. Una tale emergenza del senso della libertà, intesa come libertà pienamente autonoma, in pratica, selvaggia, appare come un fatto sconosciuto fino ad oggi nella storia umana” (Carlo M. Martini, Cambiamento culturale e fede cristiana, Elledici, Leumann 2000).

 

Zigmunt Bauman è uno degli studiosi oggi più quotati. Scrive a sua volta nel suo saggio La società dell’incertezza: “Settant’anni dopo la stesura de Il disagio della civiltà di Freud, la libertà individuale regna sovrana: è il valore in base al quale ogni altro valore deve essere valutato e la misura con cui la saggezza di ogni norma e decisione sovraindividuale va confrontata”.

“In questo crescere tumultuoso, selvaggio del senso prepotente e quasi onnipotente di libertà, –riprende Martini – dobbiamo però confessare che la stessa libertà non è mai stata tanto manipolabile. Davvero, la libertà che l’uomo crede di aver conquistato non è mai stata così grande e così fragile”. C’è una intera biblioteca di psicologi e sociologi che sta a comprovare questa fragilità occulta o meno. Ci crediamo tanto liberi e non ci accorgiamo di tutti i tranelli tesi alla libertà da infiniti lacci e lacciuoli.

 

 

Dal catastrofismo alla ‘tolleranza zero’

 

Di fronte a queste sfide sono possibili alcuni atteggiamenti. Il primo è quello ‘catastrofico’. Un atteggiamento di rassegnazione, a volte disfattista: stiamo andando verso il disastro morale, non ci sono più regole, la famiglia si sta sfasciando, l’uomo cammina verso la distruzione della sua dignità e del suo futuro. “Dove andremo a finire?”.

Il secondo è l’atteggiamento di chi pensa di essere ancora in tempo a rovesciare le cose e a ricuperare le regole del vivere umano: la gente sbanda perché non le conosce e occorre dunque riaffermarle continuamente confidando nella loro efficacia persuasiva. L’arbitrarietà selvaggia genera la noia della vita, porta alla ricerca di sempre nuove sollecitazioni che finiscono col distruggere la persona e vanificare ogni piacere di vivere. È anche la linea della ‘tolleranza zero’, una tirata energica dei freni prima del disastro.

Ma sappiamo che sia la prima che la seconda opzione non risolvono nulla. E allora la grande domanda, l’interrogativo che il nostro tempo ci pone è questa: quali sono le possibilità offerte alla fede cristiana dalla vicenda contemporanea della libertà? Le risposte sono tante e diversificate a seconda della situazioni in cui si trovano le varie Chiese nel mondo. Altri sono i problemi delle Chiese latino–americane insidiate dal crescere tumultuoso delle sette, altre quello delle Chiese perseguitate, come in Cina, altre ancora le sfide delle Chiese che si trovano nel ribollente mondo islamico, e diverse ancora le preoccupazioni delle Chiese della Riforma luterana che, nei Paesi del nord Europa vedono il loro cristianesimo alle corde. Non c’è dubbio che oggi le Chiese in Europa soffrano di una loro ‘notte’. “Il trauma culturale che la Chiesa patisce oggi – si chiede il card. Danneels nel Sinodo europeo dei vescovi – non potrebbe rappresentare un salutare elettrochoc per far ripartire il cuore cristiano dell’Europa dopo la lunga anestesia spirituale? Nel momento in cui scende la notte, e la notte sta scendendo sulle Chiese d’Occidente, è necessario, secondo la parabola delle vergini, entrare in un tempo di veglia”.

 

 

La Chiesa italiana tra politico e culturale

 

Due rilievi iniziali. Anzitutto la battaglia che oggi si combatte in Italia è evidentemente anche politica. La Chiesa è accusata di essere una lobby politica. E dato il suo radicamento nel popolo cristiano – è una Chiesa di popolo – non può non guardare con preoccupazione una politica che, per dissidi interni ai partiti, non riesce a portare avanti le riforme che il popolo si aspetta. Riforme che non sono certamente quelle che le forze politiche ispirate al laicismo propongono con insistenza come se la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito potessero risolvere i problemi davvero prioritari dell’occupazione giovanile, dell’immenso debito pubblico, della micro e macro criminalità, dell’arretratezza delle opere pubbliche, di una vera politica verso la famiglia..

Ma c’è un’altra e più dura battaglia che la Chiesa italiana deve affrontare, quella culturale. Si vogliono cioè imporre al nostro Paese idee, modi di pensare e di sentire, modelli culturali ispirati al soggettivismo individualista e al relativismo etico, secondo cui non esistono principi etici e norme morali oggettivamente validi. È evidente lo sconcerto di gran parte del mondo laico per questo nuovo protagonismo cattolico in un campo, quello culturale, che un certo laicismo ritiene essere di sua esclusiva competenza. Di qui le accuse rivolte alla Chiesa di perseguire interessi di parte, di non rispettare la libertà religiosa e le diverse sensibilità presenti in una società pluralistica, di identificare indebitamente l’Italia tout court con l’Italia cattolica. La Chiesa non può non intervenire, non può non parlare con chiarezza senza che qualcuno si senta offeso. Donde le accuse di cui traboccano i giornali contro l'invadenza della Chiesa, la sua interferenza nei problemi vitali della vita civile (cfr. La Civiltà Cattolica, 17 marzo 2007).

Un discorso più ampio a documentato è stato fatto da Franco Garelli, docente di Sociologia della Religione nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino nel suo saggio L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo, Il Mulino 2006.

Per il sociologo torinese il cattolicesimo continua ad essere il punto di riferimento per ampie quote del popolo italiano e la Chiesa torna alla ribalta della scena pubblica: il dinamismo delle istituzioni e dei gruppi cattolici sembra essere il fenomeno emergente oggi. Certo, crescono i musulmani, avanzano i cristiani ortodossi con l’arrivo di nuovi popoli slavi nell’Europa unita, ma questo non solo non indebolisce la presenza della Chiesa che ne fa scaturire nuove forze. A parte le statistiche, il consenso più ampio che la Chiesa italiana riscuote è la difesa dei valori etici in un tempo di relativismo morale, il ricupero del senso della vita, punto dolente della nostra cultura. È significativo il fatto che oggi non pochi uomini di cultura, senza essere credenti, vedano con simpatia le prese di posizione della Chiesa nei campi della famiglia, della bioetica, dell’eutanasia, dell’aborto. In un tempo in cui dominano dubbi e incertezze sui problemi essenziali della vita umana, nota Garelli “una parte della popolazione italiana può essere estranea a una vita di fede, ma può maturare un generale senso di appartenenza al cattolicesimo per il richiamo sui valori fondanti che esso è in grado di riattualizzare anche nella società dell’incertezza”. E ancora: “Rispetto al passato, la fede religiosa non è più considerata una debolezza psicologica, il segno di un limite umano o dell’incapacità di raggiungere una condizione di maturità”. Le grandi tesi dell’illuminismo stanno entrando nell’ombra.

Carlo Fiore

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