I cristiani non cedano alla tentazione di diventare lupi tra i lupi. Cristo è “un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini”. Ma è un re mansueto, che regna con l'umiltà e la mitezza di fronte a Dio...
del 27 ottobre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));
 
          L'amore è la chiave per costruire il regno d'amore di Gesù Cristo, rifuggendo alla tentazione di “diventare lupi tra i lupi”, ha affermato Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale di ieri, mercoledì 26 ottobre.
          Il consueto incontro settimanale con i fedeli e i pellegrini ha assunto questa volta un carattere particolare, divenendo una celebrazione della Parola in preparazione alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo in programma giovedì 27 ad Assisi.
          Nell'omelia che ha pronunciato, il Papa ha confessato di aver voluto dare alla giornata il titolo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace” “per significare l’impegno che vogliamo solennemente rinnovare, insieme con i membri di diverse religioni, e anche con uomini non credenti ma sinceramente in ricerca della verità, nella promozione del vero bene dell’umanità e nella costruzione della pace”. “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”, ha indicato.
Cristo, re della pace
          Il Pontefice ha richiamato il brano del profeta Zaccaria letto durante la liturgia, indicando che si parla di un re. Quello che viene annunciato, però, “non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi”, ma “un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini” e “annuncerà la pace alle Nazioni”. Il re, ha sottolineato il Papa, è Gesù, “il re di coloro che sono i poveri di Dio”, “di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza”. Cristo è “un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini”.
“Come possiamo costruire questo regno di pace di cui Cristo è il re?”, ha chiesto Benedetto XVI.
          I cristiani, ha avvertito, “non devono mai cedere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici”. Per questo, chi vuole essere discepolo del Signore deve “essere pronto anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace”.
L'esempio di Paolo
          A questo proposito, il Papa ha ricordato che davanti alla Basilica di San Pietro si trovano due grandi statue dei santi Pietro e Paolo: Pietro tiene in mano le chiavi, Paolo una spada. “Chi non conosce la storia di quest’ultimo potrebbe pensare che si tratti di un grande condottiero che ha guidato possenti eserciti e con la spada ha sottomesso popoli e Nazioni, procurandosi fama e ricchezza con il sangue altrui”, ha riconosciuto il Pontefice, indicando che “invece è esattamente il contrario”, perché la spada che tiene tra le mani “è lo strumento con cui Paolo venne messo a morte, con cui subì il martirio e sparse il suo proprio sangue”.
          “La sua battaglia non fu quella della violenza, della guerra, ma quella del martirio per Cristo. La sua unica arma fu proprio l’annuncio di Gesù Cristo e Cristo crocifisso”, dedicando la vita “a portare il messaggio di riconciliazione e di pace del Vangelo, spendendo ogni sua energia per farlo risuonare fino ai confini della terra”.
          “Se vogliamo essere portatori del regno di pace” realizzato da Cristo, ha osservato il Papa, anche noi dobbiamo essere disposti “a soffrire in prima persona l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione”. “Non è la spada del conquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita”.
          “Come cristiani – ha concluso – vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre”.
          “Vogliamo chiedergli che l’incontro di giovedì ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace”.
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