E' guardare a Gesù come la vera riuscita della vita, la morte distruttrice che è stata distrutta. Il finale di un percorso che porta tutta la sua tragicità e proprio in quella sa scrivere la certezza della risurrezione, della rivincita sulla morte, della sconfitta del nulla. Dio all'appuntamento con la nostra voglia di vivere, con il nostro anelito all'infinito si è fatto incontrare, le sua braccia sono sempre pronte ad accogliere.
del 08 novembre 2006Il tatuaggio e il sigillo
 
Esiste nella vita dei giovani anche se lentamente sta riducendosi, la moda del tatuaggio che si avvicina come simbolo alla parola sigillo e forse riflettere su di esso può aiutarci a capire più in profondità che vuol dire sigillo dello Spirito o almeno a intercettare nelle esperienze dei giovani una possibilità di comprensione maggiore.
E’ una scena più estiva che primaverile, ma nelle palestre è sempre possibile farne mostra. Un bel tatuaggio ti rende più attraente: una bella ragazza naked avvolta in un serpente sul braccio, una faccia di tigre sulla schiena, un dragone sulla spalla, la faccia di un demonio o di un vikingo, un pentagramma o una stella di David in zona ombelico sono il minimo che si può mostrare. Qualcuno osa anche in parti un po' più intime, ma è troppo impegnativo da mostrare quotidianamente. Oggi sono di moda anche pesci, rettili, animali di vario genere, stemmi di case costruttrici di moto o automobili, lettere contorte dell’alfabeto sullo stile dei murales della stazione Tiburtina, ideogrammi uncinati o facce stile arte dei Maia, i soliti cuori trafitti, teste di aquila e facce arrabbiate, dichiarazioni estreme: killer, born to lose, live to win, personaggi dei fumetti. Esiste anche un tatuaggio religioso, forse un po' fondamentalista con tanto di crocifisso in pieno petto e guardie che fanno da pendant alla croce: un calvario a tutto campo degno della processione del venerdì Santo[1].
Una volta, tantissimi anni fa, il tatuaggio era il segno di proprietà che il padrone stampava sullo schiavo o il condottiero sui prigionieri, oggi è un buon passatempo ancora di qualche carcere, ma diventa un elemento di identificazione e di appartenenza a una generazione o a una ricerca quasi religiosa, fatta di simboli esotici. E’ ancora come il piercing un intervento con dolore sul proprio corpo, una riconquista della corporeità, una dichiarazione di uso e di colore sulla pelle in maniera indelebile. Non è solo una moda, perché ha dei risultati che permangono troppo a lungo rispetto ai tempi della moda e che vanno ben oltre la tendenza del momento. I tatuatori, i più consapevoli, avvisano che una incisione sulla pelle è per sempre, non è come un orecchino o un anello o un piercing, ancor meno come un vestito. E’ cucirsi addosso una scelta definitiva. Non è una tendenza, non può essere frutto della infatuazione del momento. E’ qualcosa che consciamente o no parla della propria personalità e la mantiene nel tempo..
Qualcuno purtroppo fa come certi papà che infatuati di uno spettacolo televisivo danno nomi dei divi del momento ai figli. Sono simboli, ma anche i simboli sono importanti. Allora si ricorre all’estetista per fare una qualche plastica. Qualcuno riesce a cancellare a spese di un trapianto di pelle dislocata sulle parti “rotonde”, se sono state rispettate a suo tempo. Già gli antichi avevano avuto questi problemi, soprattutto con Caligola, che ordinava ai membri della sua corte di farsi tatuare o negli anni del tardo impero in cui si imprimevano tatuaggi sui soldati per non farli disertare e c’è in Arcigno (I secolo dopo Cristo) o Marcello quasi contemporaneo o in Ezio, fisico latino una serie di indicazioni per cancellare il tatuaggio a base di nitro, resina di terebinto, punture con spille, sale sulle nuove ferite. Probabilmente l’arte di creare croste che, quando guarivano, si portavano via anche il tatuaggio, non certo lasciando la pelle fresca come quella di un bambino.
E’ strano che in un tempo di dilazione all’inverosimile delle proprie scelte definitive, alcuni giovani, non certo giovanissimi, si vogliono scrivere sul corpo, quasi una rivincita sullo spirito in continua incertezza, una traccia indelebile. E’ ancora a mio avviso una riconquista della corporeità, un ritorno alla materialità del proprio corpo per avere un aiuto a decidere nel proprio spirito. Forse ne è responsabile il rifugio nel virtuale, nel computer, nelle immagini. In esso si vivono anche le relazione affettive che hanno assolutamente bisogno del corpo, di un viso, di un sorriso, di emozioni vere, di sentimenti, di pugni forse e di confronto fisico.
Per altri il desiderio di incidere e di marchiare il proprio corpo con un tatuaggio è una sorta di atto trasgressivo, esotico e primitivo, una dichiarazione di guerra senza pentimento, una appartenenza a un mondo altro, a una categoria che si distanzia dal marcio che c’è. Non è sufficiente mettersi tutto il giorno le cuffie per prendere le distanze, è troppo poco, bisogna tagliare netto, col proprio corpo, con la faccia della mia anima. Confesso che una forza di volontà di questo tipo mi affascina. Ho idea che presto nascerà una congregazione di frati o suore che hanno scoperto di essere fatti per qualcosa di più grande nello studio di un tatuatore, si chiami questo tattoo communication o il gladiatore o on the road tattoos: sarà la congregazione dei tatuati. Non avranno problemi di scelte definitive[2].
Il sigillo dello Spirito è in questa direzione, nella direzione di un dono totale, deciso, pubblico, determinato, ma soprattutto di un dono di Dio senza pentimento. E’ prima di tutto gioia donata da Dio, ancor prima che impegno di sequela dell’uomo; è offerta di sé senza se e senza ma di Dio alla nostra fragile vita piuttosto che sforzo nostro di rispondere. E’ Dio che si fa nel suo corpo il tatuaggio indelebile della croce, che scrive nella sua carne i segni di un amore definitivo e che viene comunicato al cresimando come sigillo.
 
 
Il sigillo dello Spirito 
1289 Per meglio esprimere il dono dello Spirito Santo, ben presto all'imposizione delle mani si è aggiunta una unzione di olio profumato (crisma). Tale unzione spiega il nome di « cristiano » che significa « unto » e che trae la sua origine da quello di Cristo stesso, che « Dio consacrò [ha unto] in Spirito Santo » (At 10,38). Questo rito di unzione è rimasto in uso fino ai nostri giorni sia in Oriente sia in Occidente. Perciò in Oriente questo sacramento viene chiamato Crismazione, unzione con il crisma, o miron, che significa « crisma ». In Occidente il termine Confermazione suggerisce che questo sacramento nel medesimo tempo conferma il Battesimo e rafforza la grazia battesimale.
E come sempre nella vita del cristiano le meraviglie di Dio non sono pensieri, astrazioni, emozioni interiori, ma hanno sempre un elemento concreto attraverso cui sono significate, conferite e rese attuali. Nel battesimo c’è l’acqua, nell’Eucaristia, il pane e il vino, nel matrimonio l’amore concreto dei coniugi…nella Cresima l’unzione.
 
I segni e il rito della Confermazione1293 Nel rito di questo sacramento è opportuno considerare il segno dell'unzione e ciò che l'unzione indica e imprime: il sigillo spirituale.
Nel simbolismo biblico e antico, l'unzione presenta una grande ricchezza di significati: l'olio è segno di abbondanza e di gioia, purifica (unzione prima e dopo il bagno), rende agile (l'unzione degli atleti e dei lottatori); è segno di guarigione, poiché cura le contusioni e le piaghe e rende luminosi di bellezza, di salute e di forza.
1294 Questi significati dell'unzione con l'olio si ritrovano tutti nella vita sacramentale. L'unzione prima del Battesimo con l'olio dei catecumeni ha il significato di purificare e fortificare; l'unzione degli infermi esprime la guarigione e il conforto. L'unzione con il sacro crisma dopo il Battesimo, nella Confermazione e nell'Ordinazione, è il segno di una consacrazione. Mediante la Confermazione, i cristiani, ossia coloro che sono unti, partecipano maggiormente alla missione di Gesù Cristo e alla pienezza dello Spirito Santo di cui egli è ricolmo, in modo che tutta la loro vita effonda il profumo di Cristo.
1295 Per mezzo di questa unzione il cresimando riceve « il marchio », il sigillo dello Spirito Santo. Il sigillo è il simbolo della persona, il segno della sua autorità, della sua proprietà su un oggetto – per questo si usava imprimere sui soldati il sigillo del loro capo, come sugli schiavi quello del loro padrone –; esso autentica un atto giuridico o un documento e, in certi casi, lo rende segreto.
1296 Cristo stesso si dichiara segnato dal sigillo del Padre suo. Anche il cristiano è segnato con un sigillo: « È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori » (2 Cor 1,21-22). Questo sigillo dello Spirito Santo segna l'appartenenza totale a Cristo, l'essere al suo servizio per sempre, ma anche la promessa della divina protezione nella grande prova escatologica.
 Il precetto e il semeChe differenza fa tra raccomandazione, precetto, regola, ingiunzione, leggi (cfr codice stradale) e Parola di Dio?
E’ quella che c’è tra i sassi e il seme.
I sassi sono pesanti, aridi, duri, statici…
Il seme è vivo, ha una forza interna inarrestabile, sbriciola la pietra, buca l’asfalto.
La Parola di Dio è in noi come un seme, dipende da te se si sviluppa, non ti costringe, non si impone, ti chiede continuamente di farlo crescere, sei tu l’artista del suo sviluppo, non ne sei prigioniero, ma lo fai sviluppare tu, cresce se lo vuoi, ma ti dà un prodotto di novità che i sassi non hanno…
E’ la stessa differenza che c’è tra la legge e le beatitudini, tra quello che c’è scritto sul quadrante della velocità del vostro motorino o scooter e la forza del motore o del carburante.
Non so se, soprattutto quando avete comperato la vostra prima automobile, avete mai fatto caso al quadrante che segna la velocità che può raggiungere l’automobile.
C’è sempre scritto un numero spropositato: 200 Km/h oppure 250 Km/h. Vi sarà capitato anche ingenuamente, su qualche rettilineo, in discesa, quando proprio non c’è nessuno, a motore caldo, di fare una pazzia: di premere al massimo l’acceleratore, contro tutte le indicazioni di meccanici, di amici, nonostante i limiti di velocità, la paura di essere giustamente beccato dalla polizia stradale, di vedere insomma se questa lancetta della velocità, se questa automobile giunge fino al limite stabilito dal quadrante. Tieni le marce al massimo: terza, quarta, quinta, alcune automobili ora hanno pure la sesta, fai crescere i giri del motore… Rumore assordante, perdita di stabilità, vibrazioni sospette ti fanno, forse, desistere. Non arriverà mai a quella velocità. E’ stato scritto sul quadrante 250 Km/h, ma l’ultima marcia che hai inserito non ha nessuna possibilità di portarti a quel risultato. Vorresti cambiare marcia, ma non ce n’è più. Dobbiamo concludere che era un comprensibile inganno aver scritto una velocità così spropositata e meno male!
E’ forse questa la sensazione che noi abbiamo quando leggiamo o sentiamo il discorso della montagna che ha fatto Gesù. Gesù, vedendo che c’era tanta gente, salì sopra il monte, si sedette e cominciò a parlare. Direi io, cominciò a scrivere nella mia vita, nella tua, nella esistenza di ogni uomo, cominciò a scrivere la velocità massima della nostra vita, il massimo di bontà, di felicità, di bene, di generosità cui possiamo aspirare. Ha cominciato a scrivere il quadrante delle nostre possibilità.
Ma non è che anche a noi capiterà la stessa sorte dell’automobile?! Che Dio ci abbia scritto un massimo per ingannarci, per farci sentire piccoli, per schiacciarci nelle nostre debolezze? Ricordo la rabbia, l’umiliazione quando giravo con la mitica Fiat 500 e in autostrada c’era scritto, indicando la corsia più a destra possibile, “piccole cilindrate viaggiate qui”.
Le cose grandi cui Dio ci chiama sono per dirci:” Piccolo uomo, accontentati?”.
Il discorso della montagna dice che quando tu, uomo, ti apri a Dio, ti metti in contatto con Gesù, aderisci a Lui, ti butti nella sua amicizia, ti fidi di lui, solo a questo punto scoprirai che hai quella marcia in più che ti permette, non solo di arrivare al massimo della tua vita, del tuo quadrante, ma di spostarlo pure. E nella vita, se andremo al massimo della capacità di bene, non dobbiamo temere multe per limiti di velocità o di attentare alla vita altrui, anzi... ne avrà vantaggio chiunque ci incontra.
 
Le speranze vive e le speranze spenteLa speranza viva:
         1. Speranza viva è sapere che alla fine del percorso della vita c’è il Signore ad accoglierci
         2. Speranza viva è trapassare per queste nostre miserie e prove con lo sguardo fisso su Gesù, che non ci abbandona
         3. Speranza viva è andare contro l’evidenza della sconfitta, sapendo che a Dio niente è impossibile
         4. Speranza viva è sperimentare in ogni fibra della nostra vita la tensione dell’aspettare,
         5. Speranza viva è tendere la nostra vita come un arco che deve scoccare una freccia,
6. Speranza viva è essere convinti che l’attesa sfocia sempre nella gioia dell’incontro
         7. Speranza viva è non arrendersi mai e sapere che ogni sofferenza non è mai definitiva
         8. Speranza viva è avere davanti una croce e essere convinti che è solo un passaggio necessario per aprire l’oltre certo di Dio
        9. Speranza viva è affrontare ogni debolezza come serpenti, ma soprattutto sapendo di essere colombe mandate da Dio e che portano all’uomo il ramoscello d’ulivo che sanno trovare in ogni vita
         10. Speranza viva è sapere che alla morte di Gesù è capitato qualcosa di inedito che diventa patrimonio di tutti
         11. Speranza viva è intuire oltre il velo del pianto la certezza di un sorriso
         12. Speranza viva è sentirsi rigenerati da una grande misericordia
         13. Speranza viva è sentirci regalata una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce
         14. Speranza viva è essere custoditi dalla potenza di Dio mediante la fede
         15. Speranza viva è essere in vista della salvezza che sicuramente sta per essere rivelata nell’ultimo tempo
         16. Speranza viva è sentirsi ricolmi di gioia anche se siamo afflitti per un po’ di tempo da varie prove
         17. Speranza viva è avere una fede provata, più dell’oro
         18. Speranza viva è amare senza vedere e senza vedere continuare a credere
         19. Speranza viva è avere una fede e una speranza fisse in Dio
 
Speranze spente         1. Sono speranze spente le illusioni, sapere cioè di non riuscire e continuare ad andare contro la realtà da rassegnati
         2. sono speranze spente gli inganni dolci per attutire le sofferenze
         3. sono speranze spente le fughe dalla durezza del presente, pensando di aver risolto il problema
         4. sono speranze spente le condoglianze di maniera, per avere un sorriso forzato che inganna tutti e due
         5. sono speranze spente i proverbi, i modi di dire, il coraggio che ci si da per non disperare, tipo: mal comune mezzo gaudio
         6. sono speranze spente trovare conforto perché siamo in tanti nel dolore, perché non siamo un caso particolare,
         7. sono speranze spente trovare consolazione perché ci si sente vittima di un accanimento della sfortuna contro di noi
         8. sono speranze spente resistere perché prima o poi cambierà secondo le leggi della probabilità, della serie: aspettiamo che passi
         9. sono speranze spente le sostanze chimiche cui si affida ogni cambiamento di umore
         10. sono speranze spente la mancanza di realismo e le frasi fatte
         11. sono speranze spente quelle fondate solo sull’ottimismo del carattere
        12.sono speranze spente gli sforzi e i ragionamenti del tossico o dell’alcoolizzato che crede di farcela da solo
         13. sono speranze spente le ritorsioni per far finire le guerre, tutte le armi anche se le chiamano intelligenti
         14. sono speranze spente gli equilibri basati sulla legge del taglione…
         15. sono speranze spente le avventure e le furbate che distruggono l’amore
         16. sono speranze spente gli “ormai” che disseminiamo su ogni esperienza
         17. sono speranze spente i calci ai sassi con le mani in tasca e le bestemmie dette tra i denti
 
 
 
C’è un cammino per superare le speranze spente e buttarsi nella speranza viva?Perciò, dopo aver preparato la vostra mente all’azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà.
 
VigilareSi può stare tutto il giorno e tirare a sera, adattandosi a quel che capita, senza aspettarsi niente dalla vita, dalle persone che incontriamo. Si può stare tutta la vita a subire gli eventi, a lamentarsi di ciò che non va bene, e ce n’è sempre troppo. Si può vivere una vita di famiglia sulla ruota dell’abitudine, da automi, come un pacco postale, su cui sta scritta la destinazione e che inesorabilmente volenti o nolenti giunge alla sua meta, sballottato qua e là, preso in mano da tutti e scaricato da tutti. Una vita così la chiamiamo appunto destino. Ma una vita così non la fa nemmeno un anziano, in casa di riposo che da ogni giorno nuovo cui apre gli occhi si aspetta qualcosa: anche solo una buona tazza di caffè, magari un sorriso. Non la vive come un cieco destino nemmeno un malato, che ha scritto nella sua carne e nei suoi orari la routine più sconfortante: misura della temperatura ad ore impossibili, pulizia della sala o finestre spalancate, visita dei medici, iniezioni, flebo, visita parenti, pasti contro il muro, luci che si abbassano; oppure un carcerato: sveglia senza impegno, sole a scacchi tutto il giorno, ora d’aria, rumori secchi di chiavi, maledizioni dei vicini, rancio……
Eppure l’ammalato ad ogni giorno che passa attende la salute e il carcerato la libertà. Il loro corpo si inarca in attesa di qualcosa, di un dono, di un nuovo futuro.
Ebbene così è la vita del cristiano: non un freddo orologio che segna il tempo che passa, non una lancetta che torna sempre sui suoi giri, non un contatore digitale che ripete sempre le stesse cifre, ma una sentinella che aspetta l’aurora, una vita protesa ad invocare l’aiuto sicuro di Dio. La sentinella non dà niente per scontato, non cede all’abitudine non si lascia intorpidire gli occhi dal “tanto non cambia niente”, ha il cuore aperto ad accogliere. È una mamma che sa aspettarsi dai figli il bene massimo che sempre spera per loro, è il giovane che non si adatta a tenere i piedi per terra, tanto il futuro gli pare scippato dagli adulti; è la ragazza che aspetta dal suo ragazzo i sentimenti teneri di un amore e non le pretese di un egoismo sottile e camuffato. È il cristiano che sa leggere in tutti gli avvenimenti una parola, un messaggio, un invito, il passaggio di Dio. Sa vedere più lontano, oltre le lacrime che spesso ci appannano la vista, sa sperare pienezza di vita per gli altri e per sé.
È una sentinella del mattino, come Giovanni Paolo II voleva fossero tutti i giovani, e non un registratore di cassa.
         1. Non conformatevi ai desideri d’un tempo, quando eravate nell’ignoranza.
Se continuiamo a tornare con i nostri pensieri ai tempi delle nostre infedeltà, ai momenti che abbiamo con convinzione abbandonato, ma che ogni tanto si rifanno prepotenti, spegniamo la speranza e fissiamo il futuro al passato. Non aspettiamo più, ma crediamo che il meglio sia già passato e facciamo crescere la nostalgia anziché l’attesa.
         2. Diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo.
E’ desiderio e decisione di orientarsi alla santità che spesso è percepita come l’impossibile, ma Dio ce ne dà la certezza, sarete santi perché io sono santo, non perché sarete bravi voi, perché potrete far da soli, ma perché io sarò la vostra santità. Non entra in gioco il calcolo della nostra volontà, ma l’abbandono alla sua grazia; è la sua grazia che fa la nostra santità. 
         3. Comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio.
La nostra vita non è un andar avanti a caso, non è una gara, non è un camminare senza meta, ma è pellegrinare, cioè abbandonare le sicurezze, trovarsi dei compagni di viaggio, fissare lo sguardo in una meta, scegliere l’essenziale e rischiare. Il pellegrino destabilizza le certezze che lo tengono legato al già sicuro e conquistato, ma comodo e inutile, riesce a fare un percorso senza rete di protezione, una scalata in free climbing perché non ha nessuna certezza se non nella provvidenza di Dio.
         4. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.
Siamo posseduti dalla certezza che un sangue è stato versato, un riscatto è stato pagato, non è più sangue di capri e tori, ma il sangue di Gesù. Quella croce è un fatto vero, quel Calvario è stato abitato dall’amore di Dio, quell’agnello è stato immolato fuori dalle mura della città ed è stato caricato di tutte le nostre colpe e vane speranze. Dio non si pente se ama, ama per sempre.
         5. E voi per opera sua credete in Dio, che l’ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.
E’ guardare a Gesù come la vera riuscita della vita, la morte distruttrice che è stata distrutta. Il finale di un percorso che porta tutta la sua tragicità e proprio in quella sa scrivere la certezza della risurrezione, della rivincita sulla morte, della sconfitta del nulla. Dio all’appuntamento con la nostra voglia di vivere, con il nostro anelito all’infinito si è fatto incontrare, le sua braccia sono sempre pronte ad accogliere.
 
 
[1] Attorno al tatuaggio è sorto un mercato, fatto di tatuatori, di tecnici degli strumenti e degli inchiostri, di riviste specializzate. Non siamo più all’artigianato locale dell’amico o, meglio dell’amica, nel sottoscala durante le bellissime, interminabili ferie, in un paese esotico. Lì, ora ci si adatta solo a farsi pettinare e “ingessare” i capelli in minutissime treccine che resistono proprio solo per far vedere agli amici che si è stati alle Maldive o alle Bahamas. Siamo all’arte, al design, allo studio, all’intervento programmato, a sedute calcolate, a tatuatori confederati nella T.A.I. Ho incontrato un giorno sul pendolino Roma Firenze una ragazza che prima timidamente, poi con tanta disinvoltura mi parlava del suo hobby: tatuatrice. Arrotondava e sapeva convincere a farsi sottoporre alla penitenza parecchi clienti. Le ho chiesto se c’era qualche possibilità di farmi tatuare come prete: mi ha decisamente sconsigliato.
I ferri del mestiere sono box a cinque aghi e tre punte, tavolozza plastica a 6 fori, Iron Eagle, Cobra, Orion, Fly, Storm (le marche più in voga di strumenti in acciaio Inox) machine a 12 wrap, telai per linee, riempimenti e sfumature, Pedale con jack grande o piccolo, Clipcord, matite ectografiche, sterilizzatori, colours homogenized, dime per saldare aghi e stringere punte, raccolta di disegni a non finire... Accanto ai ferri un supporto video per l’enciclopedia. Per eventuali ragazzi non coraggiosi, che se la fanno ancora sotto, si può prendere qualche tatuaggio decalcomania da pelle, che si toglie con l’alcool. In genere in uno studio per tatuaggi, buco più buco meno, non è impresa difficile fare anche piercing.
[2] Cfr Sigalini, Meglio una carezza, un bacio, LDC 2005
mons. Domenico Sigalini
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