«E' il dramma del rifiuto di Cristo, che come in passato, si manifesta e si esprime, purtroppo, anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose sono le forme del rifiuto di Dio nell'era contemporanea: dal netto rigetto all'indifferenza, dall'ateismo scientista alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato. Un Gesù uomo, ridotto in modo diverso ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 3 gennaio].
del 13 gennaio 2007
«E' il dramma del rifiuto di Cristo, che come in passato, si manifesta e si esprime, purtroppo, anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose sono le forme del rifiuto di Dio nell'era contemporanea: dal netto rigetto all'indifferenza, dall'ateismo scientista alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato. Un Gesù uomo, ridotto in modo diverso ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 3 gennaio].
La via che conduce a Dio è Gesù Cristo, non solo perché soltanto in lui possiamo conoscere il volto di Dio, il suo atteggiamento di amore senza misura verso di noi e il mistero stesso della sua vita intima, cioè del Dio unico e assoluto che esiste in tre Persone totalmente “relative” a vicenda - di questo mistero non sono state ancora enucleate tutte le implicazioni sia per la nostra vita e sia per la conoscenza di Dio, dell’uomo e del mondo -, ma anche perché soltanto nella croce del Figlio, nella quale si mostra nella sua forma più radicale l’amore misericordioso e solidale di Dio per noi, può trovare una risposta, misteriosa ma convincente, il problema del male e della sofferenza, che da sempre - ma con forza nuova nella nostra epoca “umanistica” - è la fonte del dubbio più grave contro l’esistenza di Dio. Perciò la preghiera, l’adorazione che apre al dono dello Spirito e rende liberi il nostro cuore e la nostra intelligenza, è dimensione essenziale non solo della vita cristiana ma della conoscenza credente e del lavoro del teologo. Sono queste le argomentazioni ai preti di Roma del card. Camillo Ruini puntando al cuore dell’insegnamento di Benedetto XVI, lontano sia da una ragione indipendente dalla fede stessa e sia di una fede come puro paradosso, in totale indipendenza dalla ragione.
Non per puro gusto personale, dunque, Benedetto XVI sta usando “tutti i momenti liberi” per portare avanti il suo libro “Gesù di Nazareth”, di cui pubblicherà tra breve la prima parte e ha già reso pubblici stralci della prefazione e della introduzione.
La separazione tra il “Cristo della fede” e il reale “Gesù storico”, che l’esegesi basata sul metodo storico-critico sembra aver reso sempre più profonda, costituisce per la fede una situazione “drammatica”, perché “rende incerto il suo autentico punto di riferimento”.
Perciò J. Ratzinger-Benedetto XVI si è dedicato a mostrare che il Gesù dei Vangeli e della fede della Chiesa è in realtà il vero “Gesù storico”, e fa questo impiegando il metodo storico-critico, di cui riconosce volentieri i molteplici risultati positivi, ma andando anche al di là di esso, per porsi in una prospettiva più ampia da consentire una interpretazione della Scrittura propriamente teologica, e che pertanto richiede la fede, senza rinunciare per questo alla serietà storica.
Si tratta cioè, come per le scienze empiriche così per la critica storica, di “allargare gli spazi della razionalità”, non consentendo che esse si chiudano in se stesse e si pongano come autosufficienti.
Questo tipo di approccio a Gesù Cristo rimanda chiaramente al ruolo della Chiesa e della tradizione apostolica nella continuità dinamica della trasmissione della rivelazione.
Al riguardo J.Ratzinger non solo sostiene l’origine della Chiesa da Gesù stesso e la sua intima unione con Lui, incentrata nell’Ultima Cena e nell’Eucaristia che fa la Chiesa, ma lega intrinsecamente la rivelazione con la Chiesa e la tradizione.
Infatti la rivelazione è anzitutto l’atto continuo, l’avvenimento continuo con cui Dio si manifesta, non il risultato oggettivato (scritto) di questo atto. Per conseguenza, del concetto stesso di rivelazione fa parte anche il soggetto che la riceve e la comprende - in concreto, la Chiesa -, dato che se nessuno percepisse la rivelazione nulla sarebbe svelato, nessuna rivelazione sarebbe avvenuta.
 
Tutta la vita di Cristo è mistero
Dice il Compendio al n. 101: “Tutta la vita di Cristo è evento di rivelazione. Ciò che è visibile nella vita terrena di Gesù conduce al suo mistero invisibile”. Pur usando il metodo storico –critico ma con una ragione allargata che richiede la fede senza rinunciare alla serietà storica, le parole, i miracoli, le azioni, l’intera vita di Gesù Cristo è rivelazione della sua filiazione divina e della sua missione redentrice. Gli evangelisti, avendo conosciuto mediante la fede chi è Gesù, hanno indicato in tutta la sua vita terrena i tratti caratteristici del suo mistero. La rivelazione dei misteri della vita di Cristo, accolta nella fede, ci apre alla conoscenza di Dio e alla partecipazione alla sua stessa vita. Nella liturgia la Chiesa celebra ciò che professa la nostra fede, affinché accada continuamente l’avvenimento dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Come ricorda il CCC n. 521 “Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che egli lo viva in noi”. Ecco la continuità fra la figura storica di Gesù Cristo, la professione di fede ecclesiale e la comunione liturgica e sacramentale nei misteri di Cristo.
Constatiamo con dolore - affermano i Vescovi spagnoli in Teologia e secolarizzazione – come in alcuni scritti di cristologia non si dimostri tale continuità, dando luogo a presentazioni incomplete, quando non deformate, del mistero di Cristo. In alcune opere cristologiche si avvertono le seguenti mancanze: una metodologia teologica errata, in quanto pretende di leggere la sacra Scrittura a margine della tradizione ecclesiale e con criteri unicamente storico – critici, senza spiegare i presupposti di tali criteri né indicarne i limiti; il sospetto che l’umanità di Gesù Cristo sia minacciata se si afferma la sua divinità;
la rottura tra il “Gesù storico” e il “Cristo della fede”, come se quest’ultimo fosse il risultato di differenti esperienze della figura di Gesù, dagli apostoli fino ai nostri giorni; la negazione del carattere reale, storico e trascendente della risurrezione di Cristo, ridotta a una mera esperienza soggettiva degli apostoli; l’oscuramento di nozioni fondamentali della professione di fede nel mistero di Cristo quali, tra le altre, la sua preesistenza, la filiazione divina, la coscienza di sé, della sua morte e della sua missione redentrice, della risurrezione, dell’ascensione e della glorificazione e invio del Suo Spirito.
Alla radice di queste teorie si trova spesso una rottura tra la storicità di Gesù e la professione di fede della Chiesa: si considerano scarsi i dati storici degli evangelisti su Gesù Cristo. Da questa prospettiva, i Vangeli sono studiati esclusivamente come testimonianza di fede in Gesù, che non direbbero nulla o molto poco su Gesù stesso e che necessitano pertanto di essere reinterpretati. Inoltre questa impostazione prescinde dalla tradizione patristica, dogmatica, liturgica, magisteriale della Chiesa e la emargina. Questo modo di procedere porta a conseguenze difficilmente compatibili con la fede, quali:
svuotare di contenuto ontologico la filiazione divina di Ges√π; negare che nei Vangeli si affermi la preesistenza del Figlio; considerare che Ges√π non ha vissuto la sua passione e morte come missione redentrice, ma come fallimento.
I Vescovi spagnoli, in totale sintonia con il magistero di Benedetto XVI, concludono affermando questi errori sono fonte di grave confusione, perché inducono non pochi cristiani a concludere, equivocando, che gli insegnamenti della Chiesa su Gesù Cristo non si fondano sulla Sacra Scrittura oppure che devono essere radicalmente reinterpretati.
Luigi Giussani al termine del Perché la Chiesa, volume terzo del Percorso afferma che non si può parlare della Chiesa senza guardare alla donna da cui essa è nata per l’avvenimento continuo dell’Incarnazione nella storia e che permette anche ad ogni uomo di oggi l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, non solo è nata ma continuamente nasce, Maria, Vergine e Madre di Cristo, della Chiesa, Immacolata, Assunta.
La comprensione errata dell’umanità di Cristo, della Chiesa procede con gli errori sulla Vergine Maria come la negazione del concepimento verginale, l’abbandono della dimensione mariana, propria di una autentica spiritualità cattolica, e della rottura tra la fede celebrata e la fede confessata.
 
don Gabriele Mangiarotti
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