Pubblichiamo l'intervista al Vescovo di Treviso mons. Gianfranco Agostino Gardin, in occasione della memoria di san Giovanni Bosco. "La figura di don Bosco continua ad affascinarmi, in particolare il suo essere totalmente proteso verso i giovani, la sua capacità di amarli e immedesimarsi in loro, e dare loro fiducia".
Eccellenza,
siamo ormai prossimi alla festa di San Giovanni Bosco, ricorrenza che avremo la fortuna di celebrare insieme a Lei. Nella nostra diocesi sono diverse le realtà salesiane presenti, vorremo così chiederLe di lasciarci qualche spunto per vivere e far vivere al meglio questo momento anche ai nostri giovani.
In quest’anno così importante, che ci avvicina sempre di più alla celebrazione del bicentenario dalla nascita di don Bosco e che ha visto protagonista la nostra Opera nell’anniversario dei 130 anni di fondazione, la richiesta che intendiamo rivolgerLe, è quella di guidarci ancora una volta verso quella Santità che ciascuno di noi è chiamato a perseguire, nella semplicità di un intervista/ testimonianza.
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Che cosa La affascina di più della figura e dell’azione educativa di don Bosco?
La figura di don Bosco continua ad affascinarmi, in particolare il suo essere totalmente proteso verso i giovani, la sua capacità di amarli e immedesimarsi in loro, e dare loro fiducia. San Giovanni Bosco è vissuto in un tempo molto diverso dal nostro, ma ha saputo eliminare questo distacco temporale, e le persone come lui mi colpiscono perché sono protese verso il futuro; penso che ognuno possa decidere di vivere racchiuso nella propria esistenza, dicendo a se stesso che l’importante è star bene poi gli altri intorno a lui se le vedranno e così anche chi verrà dopo.
Il proiettarsi verso il futuro è invece per me un grande atto d’amore, di disinteresse, di speranza, di fiducia, perché significa lavorare perché anche chi ci succede possa vivere nella gioia, nella serenità, e possa acquistare quella maturità che permette di vivere meglio.
Don Bosco è un uomo di speranza.
Il santo torinese ricordava ai suoi primi giovani oratoriani: ‘Siate felici nel tempo e nell’eternità’! Considerando la fatica del mondo giovanile a rapportarsi con l’eternità, come può un giovane di oggi ricercare la vera felicità?
Esiste una connessione tra la felicità dell’eternità e quella del presente, c’è la necessità di superare quell’idea distorta che a volte ci porta a pensare che Dio è nemico della nostra felicità presente: non è così. Dio ci ama e vuole questa nostra felicità, gli sta a cuore tutto questo: non si tratta delle piccole felicità illusorie e momentanee, ma la vera felicità si persegue facendo il bene, amando gli altri. Gesù ci lascia un messaggio importante che non viene riportato nei vangeli ma negli atti degli apostoli per voce di San Paolo: “è più beato chi da di chi riceve, c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Non c’è felicità nello strappare agli altri per tenere tutto per sé, ma nello strappare da noi stessi per dare agli altri.
Quanto, a Suo parere, è importante la presenza e il ruolo dei giovani nella Chiesa, e in quale modo essi possono testimoniare la presenza di Cristo Risorto?
È importante per qualsiasi gruppo pensarsi nel futuro, la Chiesa è stata fondata per appartenere e dare vita a tutte le generazioni, e la chiave è proprio quella di vedere nei giovani il proprio futuro. La fede per sua natura ha bisogno di essere trasmessa alle generazioni, è un tema che stiamo affrontando proprio in questo tempo, quello della trasmissione della fede.
Mi permetto di dire che i giovani, più degli anziani, sono importanti per la Chiesa (non me ne vogliano gli anziani, il mio non vuole essere uno sminuire), sono loro il futuro, il domani di speranza che dà senso e gioia alla Chiesa.
I giovani possiedono una grande capacità di cogliere che cosa nella vita sappia dare speranza, è loro continuo desiderio cercare, a volte implicitamente, a volte esplicitamente, che cosa sia importante per la loro vita, quello per cui vale la pena spendersi. I giovani per la Chiesa sono i portatori di questa speranza.
C’è un ritornello di un canto che sesso si sente nelle nostre Chiese: “dov’è carità e amore, lì c’è Dio”, lì c’è Cristo Risorto; i giovani hanno sete di ricerca e sanno trovare questa vita dopo la morte, sanno inseguire quest’alba luminosa dopo la notte oscura.
Il Vescovo di Treviso, nostro Pastore, cosa desidera suggerire al mondo adulto sul tema dell’educazione?
Mi ricollego alla precedente risposta che ho dato: i giovani sanno vedere più in là degli adulti, manifestano il desiderio di avere qualcosa di più profondo; alcuni, per esempio vorrebbero abbracciare una vita più intensa, dedicata totalmente al Signore, ed è proprio nel discernimento vocazionale che taluni si devono scontrare con le proprie famiglie che a loro volta faticano nell’accettazione dei desideri e dei progetti che i figli portano nel cuore. Questi adulti non comprendono la ricerca dei giovani e vorrebbero che l’obiettivo della felicità fosse uguale per tutti, “sarai felice solo se desidererai e farai quello che io ha desiderato, pensato e progettato per te, quello che da sempre ho sognato per te”.
I giovani chiedono, pongono domande, e queste domande sono grandi e importanti, a volte gli adulti li liquidano con giudizi frettolosi e generici, fingono di ascoltarli o non considerano affatto importanti le domande; non li ascoltano perché non sanno rispondere a queste domande, perché le domande dei giovani sono decisamente più grandi delle risposte che gli adulti hanno per loro.
Gli adulti devono farsi compagni di viaggio, senza mettersi in cattedra devono perseguire anzi questo aiuto reciproco, per un continuo dare e ricevere. Dobbiamo tenerci per mano donandoci reciproca fiducia e ascolto.
Benvenuti i giovani!
19 gennaio 2013
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