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Il volto indiano della Famiglia Salesiana da Giovani per i Giovani

“Siamo qui per contemplare con gratitudine il passato, affrontare il presente con fiducia e progettare il futuro con coraggio”. (don Pasqual Chàvez, 28 febbraio 2006, Nuova Delhi)


Il volto indiano della Famiglia Salesiana da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 10 febbraio 2009

Presenza salesiana in India: “una saga epica”

 

Con queste parole il rettor maggiore definisce i primi cento anni di presenza salesiana in India, aggiungendo poi: “Non possiamo non essere meravigliati per l’enorme crescita del carisma di don Bosco in India, per il fiorire delle vocazioni, per lo sviluppo della famiglia salesiana, a tal punto che possiamo dire che la famiglia salesiana ha oggi anche un volto indiano”.

 

Dati alla mano, possiamo riassumere la presenza salesiana in India con qualche numero che ci aiuta  a comprenderne le dimensioni: dal 1906, quando il primo gruppo di cinque salesiani giunse in India, ad oggi, sono nati 750 centri in 25 stati e 4 unioni territoriali dell’india, con circa 2300, 2500 suore, 3000 cooperatori e migliaia di ex allievi. Tra i centri istituiti, si contano 196 scuole e collegi universitari, frequentati da oltre 230 mila studenti, 85 istituti professionali e due istituzioni agricole, a cui hanno accesso più di 14 mila giovani!

 

Tra grandezza e povertà: una sfida multiforme ed affascinante

 

Con una popolazione di circa 1.3 miliardi di persone e grazie alle sue risorse e all’accesso alle più sofisticate e moderne tecnologie, l’India si pone tra le prime dieci potenze economiche mondiali –quinta per potere d’acquisto - intrecciando progresso scientifico altamente qualificato e cultura millenaria, ricca di tradizione e sapere, edificata su di un tessuto multietnico e multi religioso.

Continuano, tuttavia, a gravare sul paese situazioni contrastanti: povertà, sottosviluppo, emarginazione e disuguale distribuzione delle ricchezze.

 

Proprio su queste contraddizioni s’innesta l’attività missionaria dei salesiani: un’attività che si scontra con le ricadute sociali della mentalità induista – che vede nella vita disagiata di un essere umano la giusta punizione per colpe commesse in vite precedenti - e che risente dell’epocale suddivisione in caste della società, in base alla quale una larga percentuale della popolazione viene additata come “dalit”, fuori casta e perciò intoccabile.

 

 

La specificità della risposta salesiana ai disagi della società indiana

 

Di fronte al dramma dei Dalit, discriminati in vario modo, privi di possibilità di riscatto, la strada scelta per rispondere all’ingiustizia è la stessa intrapresa da don Bosco a Torino: quella dell’educazione, dell’istruzione e dell’informazione professionale, come strumenti per recuperare rispetto di sé e per guadagnare indipendenza. Destinatari privilegiati dell’operato salesiano in India sono indubbiamente i giovani e, tra questi, una cura speciale è riservata ai più poveri: ai ragazzi di strada che affollano le grandi città e agli emarginati delle zone rurali.

Per provvedere ai bisogni di questi giovani sono nati diversi centri; interessante soffermarsi su alcune esperienze portate avanti nelle ispettorie del sud, quali le Anbul Allam, “casa dell’amore”. Si tratta di un gruppo di case che si occupa di rispondere a diverse situazioni di disagio socio-psicologico e di esclusione sociale e familiare che affliggono molti ragazzi che qui trovano casa, possibilità di istruirsi e formarsi professionalmente.

Navajeean , “nuova vita”, è il nome di altre case presenti nel sud e che si occupano realmente di dare una nuova esistenza ai ragazzi recuperati dalla strada, attraverso programmi educativi ben organizzati e strutturati a più livelli, affinché un giovane, a cui la società nega la possibilità di sognare un futuro, diventi cittadino rispettabile e attivamente impegnato per costruire il proprio paese.

 

Le opere di don Bosco in india sono poi caratterizzate da un occhio di riguardo per la salvaguardia delle culture locali, che rischiano di sparire per una progressiva omologazione. In quest’ottica di rispetto, conoscenza e stima reciproca, si pone la questione della testimonianza cristiana secondo un principio di “inculturazione”, ovvero di inserimento del messaggio evangelico in un contesto dalla storia millenaria che, di fronte al nuovo, non deve soccombere ma aprirsi, integrarsi… perché le due esperienze si valorizzino a vicenda.

Significativa è l’iniziativa del Don Bosco Centre For Indigenous Colture, sorta a Shillong, nord-est dell’India: un territorio di straordinaria ricchezza e diversità culturale, dove convivono centinaia di tribù diverse dalle più numerose che popolano il subcontinente. Il centro ospita un museo, un centro di documentazione, una biblioteca specializzata e una sala conferenze: è di grande importanza per la documentazione delle diversità e la salvaguardia delle minoranze.

 

Uno sguardo all’attualità: le persecuzioni religiose

 

Negli ultimi mesi si è intensificata un’escalation di violenze da parte di estremisti indù sulla popolazione cristiana che ha causato morti, distruzione e circa cinquantamila sfollati.

Già l’8 luglio 2007 un seminarista salesiano di 24 anni, Paulus Kongadi, era stato picchiato da otto uomini mentre si recava al villaggio per le attività domenicali.

Per capire le cause di quest’odio ci rifacciamo alla testimonianza di don Joseph Puthenparkal, salesiano indiano:  “Gli estremisti indù potano come pretesto per le persecuzioni l’attività di proselitismo. (…) Noi cattolici (…) possiamo fare opera di sensibilizzazione: (…) non possiamo dimenticare che ci sono delle persone con interessi politici che usano i terroristi i quali a loro volta si servono della religione per uccidere, terrorizzare, umiliare, per polarizzare la società, per ottenere un vantaggio elettorale nelle prossime elezioni in programma per magio 2009. Inoltre sappiamo che  questi politici interessati appartengono alle caste alte della società e sono contro la Chiesa cattolica proprio perché essa difende i diritti dei dalit, i fuori casta, e di quelli che sono più poveri. Questi politici non vogliono che i poveri siano istruiti dalla chiesa e così siano capaci di difendere i loro diritti (…). Le persecuzioni sono sorte e si sono allargate in quegli stati dove i governi sono in mano al partito politico induista”.

 

Special guest: Sunny Minij

 

Chi sei e cosa fai in Italia?

Mi chiamo Sunny Minj, ho 26 anni, religioso salesiano di Don Bosco. Vengo dall’Assam che si trova nel nord – est dell’India. Mi trovo in Italia per motivi di studio e per completare il mio tirocinio di vita salesiana attraverso esperienze educativo – personali tra i ragazzi e i giovani. Attualmente faccio parte della comunità salesiana di Castello di Godego (TV).

                  

Come hai incontrato la fede cristiana?

Sono stato fortunato ad essere battezzato quando ero piccolo. I miei genitori sono diventato cristiani nel 1975 da adulti. Il vescovo salesiano di Dibrugarh di quell’anno ha mandato i miei genitori a Ranchi nello Stato di Bihar, adesso Jharkhand, a studiare catechismo per diventare catechisti della diocesi. Ho ricevuto una buona educazione religiosa, fatta di preghiera e di Bibbia, specialmente in famiglia.

 

India. Chi sono i cristiani e come vivono?

I cristiani in India sono 24 milioni (di cui 16 milioni i cattolici), cioè il 2,5% della popolazione. La maggior parte dei cristiani sono poveri e vivono con l’aiuto dei missionari, benefattori e ONG (organizzazioni non governative). Sono una minoranza riconosciuta dallo Stato e sono impegnati a praticare i valori del rispetto e della reciproca tolleranza, per costruire una convivenza senza conflitti e incomprensioni, senza offendere i sentimenti e le convinzioni altrui.

 

Nuove frontiere

 

I rapidi cambiamenti socio-politico-economici dell’india offrono nuove sfide: “Abbiamo bisogno di una nuova educazione e di un a uova evangelizzazione (…) I salesiani devono affrontare queste sfide rinnovandosi spiritualmente, aggiornandosi professionalmente e con capacità educativa.

Mentre celebriamo  la memoria dei cento anni passati, abbiamo di fronte a noi un secolo da costruire con rinnovata freschezza, vigore spirituale e sguardo missionario”.

( don Pasqual Ch√°vez, 28 febbraio 2006, Nuova Delhi)

 

 

 

A cura di Maddalena Marconato madda_m24@libero.it

 

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