Incontro di don Luigi Variara con don Bosco

15 gennaio - memoria liturgica del Beato Luigi Variara

Incontro di don Luigi Variara con don Bosco


 

Testimonianza dell'incontro del beato Luigi Variara con Don Bosco. Giunto a Valdocco il 1° ottobre 1887, quattro mesi prima della morte del santo dei giovani, Luigi ne fece una conoscenza sufficiente a segnarlo per tutta la vita. Egli stesso cosi ricorda l’evento: «Eravamo nella stagione invernale e un pomeriggio stavamo giocando nell’ampio cortile dell’oratorio, quando all’improvviso s’intese gridare da una parte all’altra: “Don Bosco, Don Bosco!”. Istintivamente ci slanciammo tutti verso il punto dove appariva il nostro buon Padre, che facevano uscire per una passeggiata nella sua carrozza. Lo seguimmo fino al posto dove doveva salire sul veicolo; subito si vide Don Bosco circondato dall’amata turba infantile. Io cercavo affannosamente il modo per mettermi in un posto da dove potessi vederlo a mio piacere, poiché desideravo ardentemente di conoscerlo. Mi avvicinai più che potei e, nel momento in cui lo aiutavano a salire sulla carrozza, mi rivolse un dolce sguardo, e i suoi occhi si posarono attentamente su di me. Non so ciò che provai in quel momento... fu qualcosa che non so esprimere! Quel giorno fu uno dei più felici per me; ero sicuro d’aver conosciuto un Santo, e che quel Santo aveva letto nella mia anima qualcosa che solo Dio e lui potevano sapere».

 

Breve biografia


 

Nato a Viarigi (Asti) il 15 gennaio 1875; prof. a Valsalice il 2 ottobre 1892; sac. a Bogotà il 24 aprile 1898; ✝︎ a Cúcuta (Colombia) il 1° febbraio 1923.

 

Dopo le classi elementari frequentate alla scuola del padre in Viarigi, il 1° ottobre 1887entrava a Valdocco per i corsi ginnasiali. Vide una volta sola Don Bosco, che parve guardarlo a lungo con occhio di predilezione e quasi d’invito alla Congregazione Salesiana. Si distinse nello studio, nel contegno, nella pietà. Soprattutto nella dedizione alla musica e nell’esercizio del canto sacro, quale discepolo del M°. Giuseppe Dogliani.

 

Fece il noviziato a Foglizzo Canavese nel 1891-92; emise subito i voti perpetui nelle mani del Beato Don Rua e aspirò alle missioni d’America. Nel 1894 – a soli 19 anni – l’apostolo dei lebbrosi Don Michele Unia, che poi lo ebbe carissimo, lo portò direttamente al lebbrosario di Agua de Dios (Colombia), perché dedicasse le sue energie alla gioventù vittima del fatale morbo e quasi del tutto abbandonata dalla società civile e dalle autorità ecclesiastiche.

 

Da chierico e ancor più da giovane sacerdote il Servo di Dio si consacrò alla elevazione umana e cristiana dei lebbrosi, attuando il programma di Don Rua: « Variara fu inviato ad Agua de Dios per sollevare con la musica i lebbrosi ». Tra di essi, oltre a coltivare i catechismi, la musica, i giuochi, le associazioni religiose, introdusse il teatro e istituì e per molti anni diresse una banda che diffuse gioia e serenità nella città del dolore, dove in un clima secco e tropicale vivevano centinaia e centinaia di affetti dal terribile morbo.

 

Pur dedicandosi a tutti i ministeri pastorali che il paese-lazzaretto gli chiedeva a vantaggio della comunità parrocchiale, la passione sacerdotale e salesiana di Don Variara furono i ragazzi. Tra l’altro fin dall’inizio del sacerdozio, riprendendo l’idea di Don Unia, morto nel 1895, egli pensò ad un asilo-ospizio per l’infanzia e la gioventù malata di Agua de Dios. Con vigore e con l’appoggio di superiori ecclesiastici e civili lanciò una campagna di solidarietà della gioventù sana di Colombia per la gioventù infelice e proscritta del lazzaretto, e nonostante le difficoltà politico-sociali del momento nel 1905 riuscì ad inaugurare l’Asilo Michele Unia per orfani lebbrosi. Qui egli diede fondo alla sua carità prodiga e insieme educativa, portando a termine una delle opere più caratteristiche del suo molteplice e intenso apostolato.

 

L’Asilo Unia, se pur passeggero, fu la creazione più geniale e benefica di Don Variara. Fu un ripetere, in diversa cornice sociale e storica, le gesta di Don Bosco a Valdocco nei primi tempi dell’Oratorio. Ai processi informativi di Bogotà alcuni antichi allievi dell’Asilo – vero e proprio collegio di arti e mestieri per abbandonati – hanno reso splendida testimonianza alla operosità instancabile e intraprendente di Don Variara e alla non comune ricchezza della sua santità di vita.

 

Nel 1905 Don Variara fondò anche la Congregazione delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria per dare la possibilità di abbracciare la vita religiosa a ragazze lebbrose, che non potevano uscire dal lazzaretto, e a ragazze sane ma figlie di lebbrosi, le quali per l’infermità dei genitori trovavano inesorabilmente chiuse le porte di tutti gli istituti femminili. Delle figlie inferme il Servo di Dio intese fare ostie viventi e vittime di espiazione, sull’esempio del Venerabile Don Andrea Beltrami, ch’egli aveva conosciuto a Valsalice, nel tempo degli studi filosofici; di quelle sane, invece, infermiere dedite alle ammalate e ai bisogni dell’infanzia più povera e abbandonata.

 

Le prime aspiranti alla nuova comunità l’avevano sognata e invocata « come oasi di felicità – dicevano a Don Rua, chiedendogli che lasciasse loro Don Variara – nel deserto che ci sta intorno ». Le difficoltà per la costituzione, la conservazione e la direzione della piccola e singolare famiglia religiosa, furono enormi. Don Variara ebbe a soffrire come un martire. Ma fin dal 1907 Don Rua aveva sentenziato: « L’opera è bella e deve continuare ».

 

L’istituto delle Figlie dei Sacri Cuori, con sede centrale a Mosquera, non lontano da Bogotà, ha ottenuto l’approvazione pontificia il 6 aprile 1964. Conta varie centinaia di religiose – un gruppo inferme, la più parte sane -, ha più di cinquanta case ed è esteso in Colombia ed Equatore. Anzi qui lavora anche nelle missioni del Vicariato di Méndez, affidato alla Congregazione Salesiana.

 

Dopo alterne vicende, che misero a prova l’eroismo delle sue virtù, nel 1919 Don Variara lasciava definitivamente il lebbrosario, ch’era stato la sua vita, e passava a Barranquilla, sul mare dei Caraibi, e di lì nel 1921 era trasferito a Túriba, nel Venezuela, dove in obbedienza e umiltà visse intensamente l’ultimo scorcio del suo apostolato missionario.

 

L’epistolario lo rivela uomo di Dio, zelante, intuitivo, aperto ai problemi delle anime, pronto al sacrificio. Mori a Cúcuta (Colombia), dove l’avevano portato le precarie condizioni di salute, in casa di amici e in una solitudine morale che sublimava la sua sorridente immolazione per il bene della terra che aveva tanto amato.

 

Nel 1932, per interessamento delle Figlie dei Sacri Cuori, i suoi resti mortali erano portati ad Agua de Dios, e nel 1941 inumati nella cappella della casa madre dell’istituto che aveva fondato, primo tra i figli di Don Bosco a dar vita a nuove istituzioni religiose. Nel 1959 presso la Curia Arcivescovile di Bogotà ebbero inizio i processi canonici per la sua Causa di Beatificazione e Canonizza zione, attualmente al giudizio della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi.

 

Venerabile il 2 aprile 1993; beatificato il 14 aprile 2002 da Giovanni Paolo II.

 

D. Luigi Castano

(tratto da “Profili di missionari SDB e FMA”, Editrice LAS, 1975)

 

 

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