Ingesson, il gigante buono più forte del tumore

L'ex di Svezia, Bari, Bologna e Lecce ha sconfitto per ben due volte un mieloma multiplo e oggi, costretto a usare la sedia a rotelle, allena l'Elfsborg.

Ingesson, il gigante buono più forte del tumore

 

I giocatori dell’Elfsborg si tengono per mano sotto la curva, pronti a festeggiare la prima vittoria della stagione contro l’Hacken. Ma non è a loro che i tifosi stanno inneggiando, bensì a un uomo un po’ in sovrappeso e con il braccio sinistro ingessato e nascosto sotto il giaccone (è caduto negli spogliatoi al termine della sfida della settimana prima contro l’Atvidabergs, persa 2 a 1) che sta arrivando da centrocampo, seduto su una sedia a rotelle spinta da un assistente. Un uomo che quando giocava nel Bari, di cui è stato lo storico capitano fino al 1998 prima di passare al Bologna e chiudere la carriera al Lecce, veniva chiamato “il gigante buono” per via della stazza imponente e di una vaga rassomiglianza con l’attore Dolph Lundgren (quello di Rocky). Ma che ora è semplicemente Klas Ingesson, l’allenatore della squadra. Ma anche colui che ha sconfitto per ben due volte il mieloma multiplo, un tipo di tumore del sangue che colpisce in maniera devastante il sistema immunitario.

 

 

Era il dicembre del 2008 quando glielo diagnosticarono per la prima volta, ma tempo due anni e Ingesson era di nuovo in panchina come tecnico delle giovanili dell’Elfsborg, dove ha fatto talmente bene che la promozione ad allenatore della prima squadra è stata praticamente automatica. Prima però il 45enne ex centrocampista del Goteborg ha dovuto respingere un secondo assalto del cancro, che lo scorso anno lo ha costretto a ricorrere ad un trapianto di cellule staminali. “Ci ho pensato tanto prima di accettare la proposta – raccontava lo stesso Ingesson in un’intervista di qualche tempo fa – ma poi mi sono reso conto che un’altra opportunità del genere non mi sarebbe mai più ricapitata e così ho detto di sì”. E anche se il trattamento a cui si è dovuto sottoporre è stato assai debilitante e non senza conseguenze (deve camminare usando un deambulatore per via dell’osteoporosi e quindi, adesso che ha il braccio rotto, è costretto per forza ad usare la sedia a rotelle) e sebbene non ci siano garanzie che sia guarito definitivamente, Ingesson è un combattente nato e non molla. “Fisicamente e mentalmente non ho alcun problema per svolgere il mio lavoro – si legge nella lettera aperta scritta dall’ex nazionale svedese e pubblicata sul sito del club la scorsa settimana – e chiedo di essere giudicato come chiunque altro, ovvero sulla base dei risultati e della mia competenza e non già per via della mia condizione fisica”. Ma a giudicare dal boato con cui i tifosi di casa l’hanno accolto quando ha raggiunto i suoi ragazzi sotto la curva, la sua partita Ingesson l’ha già vinta.

 

 

 

Simona Marchetti

http://www.gazzetta.it

Versione app: 3.26.4 (097816f)