Io non ho paura

Del tutto ‘Dalla parte dei bambini', Salvatores ha girato un piccolo grande capolavoro che fa riflettere sia il ragazzo sia l'adulto. Un gran bel film dal sapore poetico, fortemente simbolico ed evocativo nonostante la durezza drammatica del suo racconto.

Io non ho paura

da Quaderni Cannibali

del 26 aprile 2004

     

Regia: GABRIELE SALVATORES

italia – spagna – gran bretagna  anno:2003

 

   Tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, co-sceneggiatore, in distribuzione Medusa, è già venduto a 32 Paesi, tradotto in 8 lingue.

   Dopo l’ottima accoglienza a Berlino, l’elogio unanime della critica e un omaggio universale di  pubblico, viene candidato all’Oscar 2004.

  

    Ben strutturato è ripreso dalla splendida fotografia di Italo Petriccione.

Semplice ed estremamente raffinato, con bravi interpreti bambini e non, ha  un forte senso della natura ma rifugge da ogni patetismo o moralismo: “nessun luogo comune, asciutta sobrietà, realistica serietà, niente metafore”.

“Recuperando il ricordo di una recente stagione civile e sociale italiana: i sequestri/i rapimenti, il copione diventa cronaca delle asprezze quotidiane, ma anche appello alla capacità di risollevarsi facendo ricorso alla propria forza interiore. Tributo di onestà per il Sud , il film lancia un messaggio forte di riscatto e di ribellione nel coraggio, senza escludere accenni più profondi  circa il commino dalle tenebre alla luce (…) che porta alla salvezza” (Valutazione Pastorale).      

 

Il prezzo “ del diventare adulti”

 

 

   È l’estate del 1978. Nel paesino di Acque Traverse – sembra quasi abbandonato -  da tempo le scuole sono chiuse per le vacanze. Solo un piccolo gruppo di ragazzini, scorazza tra le case e le campagne. Durante quest’uscita Michele, dieci anni - un’anima tersa quanto l’azzurro mediterraneo che lo sovrasta, trova un buco nella terra… : un pozzo crudele accanto ad un casale abbandonato. La scoperta è sconvolgente, e Salvatores ne sviluppa un film sul dramma del diventare grandi. Dentro quel buco oscuro c’è infatti qualcosa di più di un bambino rapito - “uguale a lui”, suo coetaneo - che gli adulti tengono segregato. C’è tutto un altro mondo, tenebroso ed irrazionale fatto di violenza, di tristi interessi e di più tristi povertà. Una prigione in cui è il male a dettar legge e farla da padrone. Un universo incomprensibile per li occhi e la mente di Michele che non lo capisce e non lo giudica. Lo affronta però, da solo, con il coraggio ragazzino ed eroico del “non ho paura”, in nome di un amico da difendere,  da salvare.

 

Crescere senza paura

 

 

    La scelta vincente di Salvatores rispetto ad Ammaniti (l’autore del romanzo) è di non limitarsi a raccontare la storia, ma il punto di vista di un bambino.

    La sua innocenza e la sua giovane età  non gli impediscono di intuire e di decidere. E’ questa la proposta/messaggio del regista: lasciarci ‘salvare’ dai giovani, dai piccoli. Lasciarci mettere in crisi dal miracolo stupefacente deI loro voler crescere ‘oltre, e nonostante la paura’. Con e per amore.

 

 Valeria Chiari: “In questo film la sua ripresa è a poco più di un metro e trenta da terra. Un modo piuttosto complesso di girare un film !?”

 Salvatores: “Si certo, ma l’unico per riuscire a cogliere l’essenza del mondo dei bambini. Il compito di ogni regista è di avere e di indicare uno sguardo particolare… ‘Io non ho paura’ è il racconto dello sguardo di un bambino e del suo modo di cogliere/vedere le cose e le persone”

 

 Valeria Chiari: “Ma un bambino come vede  il mondo?”

 Salvatores: “Senza filtri, in maniera diretta e profonda. I bambini sono ciò che noi col tempo dimentichiamo di essere: sono semplici e non usano tante parole per spiegare ciò che li affascina o

fa loro paura. Noi crescendo impariamo ad usare  giri oziosi. Loro invece, vanno diritto al cuore del problema.”

 

 Valeria Chiari: “Un film di piccoli protagonisti sul grande schermo?”

 

 Salvatores: “L’ambiente resta quello della provincia più dimenticata, della povera gente. E il protagonista, sì, resta un bambino più responsabile dei grandi. Non ho voluto girare un film sul sud di un’ Italia bozzettistica, ma mettere i personaggi dei piccoli, dei bambini, in inquadrature grandi, epiche, renderli eroi. Anche se non vengono eletti a simbolo di innocenza: i loro giochi sono prepotenti e crudeli quanto gli affari sporchi degli adulti… E’ un film più astratto e universale che strettamente ‘naturalistico’.  L’ho desiderato esportabile … anche se subito riconoscibile come molto italiano…”

 

 

Quando  il  film  diventa preghiera 

“Se non diventerete come bambini non entrerete mai…”

    Dal punto di vista evangelico dopo questo film è quasi d’obbligo il riferimento alla citazione di Matteo (18,3). che torna, tra l’altro, molto salesiana. La proposta pastorale 2003 -2004 del Rettor Maggiore ci richiama infatti alla santità, ricordandoci le figure e gli  anniversari di grazia dei nostri Santi “Bambini”: Laura e Domenico.

    Non è da meno il piccolo/grande Michele del film, anche se il suo regista non ne fa un ‘santo confessionale’. Si schiera con linguaggio laico per la parola  “eroe”, ma non equivoca affatto sulla “misura alta della vita” che si decide appunto, con semplicità eroica,  a favore dell’altro,  dalla parte dell’Amore.

 

“Ma – continua ancora il testo di Matteo – guai a colui che  scandalizza uno di questi piccoli… sarebbe meglio per lui che non fosse mai nato”. (18, 6 )

    Se la prima citazione esalta Michele la seconda inchioda la responsabilità degli adulti. Al di là del caso di sequestro specificamente italiano il film  rimanda al dramma enorme dell’infanzia d’oggi: mercanteggiata,  violentata, plagiata. Sola nella sua crescita, disorientata di fronte al futuro.

                                                    

sr Mariolina Perentaler

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