La sconvolgente testimonianza di una ragazza palestinese strappata al suo folle proposito dall'azione dei volontari. «Paura di morire? Io avevo solo paura di vivere» (fonte: www.vita.it)
del 01 maggio 2004
Manal ha ventitrè anni, è una palestinese che vive a nel campo profughi di Balata a Nablus e quando parla il suo racconto è interrotto da piccole risatine isteriche e nervose.
 
'Mio cugino si è fatto ammazzare durante un assalto ad un check point, gli ebrei lo hanno riempito di proiettili...anche io voglio fare come lui, tanto per me non c'è speranza e la mia vita è un inferno che non riesco più a sopportare. Io voglio andare a Tel Aviv... Non ho paura di morire, io ho paura di vivere.”
 
'In che senso?' domando sconvolto dalla serenità del suo tono.
'Nel senso che voglio essere una martire e voglio uccidere quanti più ebrei possibile...' Impressionante la sottolineatura vocale sulla parola “voglio” quasi a dimostrare l'assoluta sincerità delle sue parole.
 
Manal fortunatamente è stata portata via dal suo inferno senza ritorno da un gruppo di giovani volontari francesi che sono riusciti a farle ottenere l'asilo politico in Francia, paese dove attualmente lavora.
 
I suoi racconti, parlano di percosse, irruzioni dei soldati nella notte, estenuanti controlli ai posti di blocco tutti i giorni, coprifuoco di intere settimane...
 
Ma c'è anche paranoicità acuta nelle sue storie e capita che i soldati entrati in casa inizialmente fossero due per poi diventare quattro, sei, dieci...
A Nablus lavorava con i bambini orfani nel campo profughi di Balata, un giorno durante un coprifuoco, divieto assoluto di uscire di casa, andò a stuzzicare i soldati israeliani con la scusa che dovesse assolutamente attraversare la strada che loro avevano chiuso per un motivo non ben preciso.
I militari le urlavano di andarsene immediatamente, le puntavano il fucile addosso e sparando in aria ma lei imperterrita con il solito risolino isterico sussurrava 'stasera voglio farmi ammazzare... così tutti capiranno.' Attirata dai giornalisti che stavano vicino al blindato desiderava che le televisioni e i fotografi di tutto il mondo riprendessero il suo assassinio.
“Sono in lista d'attesa, ci sono solo dei problemi tecnici”, ovvero la difficoltà a superare i posti di blocco e la scarsità di esplosivo e congegni elettronici all'interno della Cisgiordania.
 
Le ragazze come Manal, e anche molto pi√π giovani non sono casi isolati.
La mitizzazione del martire ha fatto larga breccia tra le adolescenti palestinesi ed il gruppo integralista Hamas durante le parate fa sfilare gruppi di ragazze a volto coperto, chiaro simbolo che sono aspiranti kamikaze. Non solo Hamas, purtroppo è l'intero mondo palestinese che oramai adora la figura del martire e l'iconografia che tappezza le strade di tutte le città occupate non lascia adito a dubbi.
 
Le università sono fucina di agitatori che incitano all'intifada armata, ma anche le moschee, i circoli politici e in genere tutti gli ambiti sociali sono pervasi dall'assoluta fiducia nella lotta armata.
 
Solo qualche sparuta eccezione si distingue dal fanatismo disperato generale, bizzarri intellettuali che vengono spesso tacciati di collaborazionismo con il nemico.
'Perché non dovrei? I palestinesi non hanno armi, non hanno un esercito, non hanno niente. Gli ebrei invece hanno duecento bombe atomiche, i carri armati, i fucili, il quarto esercito del mondo, l'appoggio della nazione più potente del mondo gli Stati Uniti...'
'Perché colpire i civili?' domando.
'Perché gli ebrei cosa fanno? Non uccidono forse donne e bambini palestinesi? Il governo Sharon non è forse appoggiato dalla totalità dell'opinione pubblica israeliana? Lo sai che i morti civili palestinesi sono il triplo di quelli israeliani?'
La dura occupazione militare che l'esercito israeliano impone nei territori non aiuta a stemperare gli animi , anzi fomenta odio e voglia di vendetta, perennemente frustrata dalla disparità di forze. Da una parte le pietre e dall'altra i giganteschi carri armati Merkawa.
In una vignetta apparsa su un quotidiano francese due soldati israeliani commentano l'uccisione del fondatore di Hamas lo sceicco Yassin e così dicono: “Signor Generale l'attacco è stato un successo ed ha prodotto sei morti, venti feriti e duemila kamikaze…”
Nulla di pi√π vero.
 
L'unico posto dove l'estremismo sembra trovare terreno poco fertile? La zona commerciale della città vecchia di Gerusalemme e la fabbrica della Coca Cola,ormai in Palestina ormai di cinque anni. Qui le migliorate condizioni economiche e l'imposizione di un agire comune tra le parti minimamente moderato, perché sennò i turisti scappano o la fabbrica si blocca, ha creato il miracolo della convivenza semipacifica. Al massimo scaramucce, qualche pietrata o qualche sventagliata di mitra in aria, che nella Terra santa di oggi appare già come qualcosa di miracoloso.
Maurizio Pagliassotti
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