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L'accompagnamento spirituale insegnatoci da Sant'Ignazio

Sant'Ignazio di Loyola si limita ad accompagnare persone nella loro crescita spirituale e umana, aiutandole a liberarsi di sovrastrutture genetiche, sociali, religiose e morali che le condizionano e le riducono a robot del tutto programmati, per diventare artigiane della loro propria libertà. Cinque sono i punti...


L'accompagnamento spirituale insegnatoci da Sant'Ignazio

da Teologo Borèl

del 27 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Il modo di procedere della Compagnia di Gesù trova il suo fondamento nell'esperienza del suo fondatore S. Ignazio di Loyola. Durante la sua conversione a Manresa Ignazio fa una esperienza pedagogica. Nelle sue memorie autobiografiche racconta in terza persona: «Allora Dio si comportava con lui nella stessa maniera di un maestro di scuola con un bambino; insegnava». Insegnamento che Ignazio non riceveva come lezione cattedratica calata dall'alto, ma attraverso l'attenzione a quanto sperimentava.

          Dalla sua esperienza Ignazio deduce una serie di principi metodologici e pedagogici che caratterizzeranno la sua maniera di procedere quando si tratterà di aiutare uomini e donne a trovare il loro cammino, cioè a diventare liberi e responsabili della loro vita. Un evento rilevante ha particolarmente segnato il neo-convertito, una sorta di illuminazione che l'ha preso e sconvolto durante una passeggiata sul bordo del Cardoner, un corso d'acqua nei dintorni di Manresa. «Gli occhi della sua mente cominciarono ad aprirsi. Non perché vivesse alcuna visione, ma perché comprese e conobbe molte cose, dati spirituali ed elementi concernenti la fede e la cultura, e questo con una illuminazione così esplicita che tutte queste cose gli apparivano nuove». In una sorte di «visione sintetica» ha sperimentato l'unità che lega l'insieme dei misteri della fede, le realtà del mondo e della storia.

          J. Nadal, il suo confidente, scrive: «Gli occhi interiori della sua comprensione si aprirono con una luce così intensa e così abbondante tale da avere l'intelligenza e la conoscenza dei misteri della fede e delle cose spirituali e, nello stesso tempo, ciò che concerneva le scienze; al punto che gli sembrava di percepire la verità di tutte le cose in una maniera nuova e con intelligenza molto chiara… come se avesse visto la causa e l'origine di tutte le cose». Per Diego Lainez, altra figura assai prossima, Ignazio «cominciò a guardare in modo nuovo tutte le cose». Grazia e natura          In cosa consisteva la novità di questo sguardo? Comprendendo che Dio è il creatore della natura come l'autore della grazia, Ignazio non potrà ormai più separare i due ordini. Sperimentando in un medesimo movimento le realtà spirituali e profane egli abolisce la separazione fra il mondo dal basso, quello degli uomini, e il mondo dall'alto, quello di Dio, fra il sacro e il profano, fra l'ordine della grazia e quello della natura. Così stabilisce come Principio e Fondamento del suo cammino il fatto che tutta la realtà, ogni situazione, incontro e circostanze possono essere luoghi della presenza di Dio, occasione d'amare e di servire. Per questo darà sempre grande importanza non solo alle virtù spirituali, ma anche a quelle naturali e alle qualità umane.

          In un'epoca in cui la società cambiava di paradigma, passando da una concezione medioevale, illustrata dalla scolastica, al modello ispirato dal Rinascimento, Ignazio propone, non teoricamente ma nella sua pratica, una nuova sintesi antropologica e teologica affermano l'unità fra la dimensione umana e cristiana della persona. L'uomo accede così allo statuto di soggetto responsabile, autonomo, libero e responsabile delle sue decisioni, capace di trovare la volontà di Dio iscritta in lui e non da qualche parte al di sopra di lui.

          Ignazio che non è un insegnante, ma un pedagogo, non sviluppa una teoria né elabora una teologia. Si limita ad accompagnare persone nella loro crescita spirituale e umana, aiutandole a liberarsi di sovrastrutture genetiche, sociali, religiose e morali che le condizionano e le riducono a robot del tutto programmati, per diventare artigiane della loro propria libertà. Una parola di Nadal riassume bene il suo progetto pedagogico: vuole aiutare le persone a «trovare Dio in tutte le cose». Questa maniera di procedere esige due attitudini che egli auspica presso tutti i suoi «compagni»: la capacità di uno sguardo positivo sulle realtà terrene e una grande agilità spirituale e intellettuale. Liberi e obbedienti          Poiché Dio è all'opera nella storia, Ignazio abborda in maniera positiva e benevolente tutta la realtà terrena. Lontano dalla fuga del mondo propria dei Padri del deserto o dei monaci, porta uno sguardo contemplativo e ottimista sul mondo del suo tempo, che riconosce come luogo di servizio e di adorazione. Karl Rahner parla di una «mistica di simpatia per il mondo» (Mystik der Weltfreudigkeit). Negli Esercizi contemplando il mistero dell'incarnazione, Ignazio invita l'eserciziando e vedere come Dio si abbassa con amore e compassione sul mondo del proprio tempo, il mondo del secolo d'oro spagnolo: affinché l'eserciziando si sforzi di guardare al proprio mondo con gli occhi di Dio. Teilhard de Chardin è un buon esempio della maniera ignaziana di guardare al mondo.

          Chi pretende di trovare Dio in tutte le cose e vuole aiutare altri ad arrivarci deve dare prova di disponibilità, di agilità intellettuale per raggiungere l'altro nel suo proprio ambito. Affrancato da schemi aprioristi e da dogmatismi di tutti i generi, deve essere un uomo libero, pronto a impegnarsi là dove comprenderà che Dio lo chiama. Ignazio si spiega richiamando l'esempio del gioco di una bilancia ben equilibrata, la quale, al minimo sollecito, è pronta a pendere da una parte o dall'altra. Ignazio amava definirsi come un pellegrino, un uomo in cammino non solamente in senso geografico o psichico, ma anche intellettualmente, spiritualmente, culturalmente; in grado di interessarsi a tutto ciò che ribolliva nel mondo del suo tempo, pronto ad andare là dove sperava servire il più efficacemente possibile.

          Tale disponibilità suppone l'entrata in gioco di una attitudine di simpatia e una disposizione a non giudicare a priori. All'inizio degli Esercizi nel momento in cui una persona si mette in cammino per trovare la propria via, Ignazio ricorda un principio a lui tanto caro tanto da esserne vittima in nove processi e di denuncie presso l'Inquisizione: «Un buon cristiano deve essere disponibile più a salvare le intenzioni del suo prossimo piuttosto che a condannarle. E se non arriva a giustificarle, domandi all'altro ciò che ha voluto dire, e se ha l'impressione che si sbagli, lo aiuti con amorevolezza a vedere più chiaro». Vi arriva solo chi è capace di mettere in questione la propria visione del mondo e della storia. Rimosso ogni dogmatismo, egli è convinto che l'altro, chiunque esso sia, anche il nemico, può essere d'aiuto a progredire nella verità. Il consiglio rimane di bruciante attualità in un epoca dove la società si organizza secondo un nuovo paradigma (evoluzione, secolarizzazione) che rimette così profondamente in causa la spiegazione del mondo da cui proveniamo. In nome del Vangelo          Il rispetto dell'autonomia della persona a cui Ignazio si indirizza non significa affatto che adotti una posizione perfettamente neutra. È cosciente che ha davanti a sé persone che non sono semplicemente destinate a scomparire, ma che hanno un destino trascendente. Portatore di una fede, di una visione specifica del mondo e della storia e di una scala di valori ispirati dal Vangelo, egli vuole «aiutare le anime».

          Il lavoro dei gesuiti, la nostra maniera di aiutare gli altri, di accompagnarli sul cammino della loro libertà è certamente ispirato dalla fede cristiana. Non possiamo ignorarlo. Rispettosi della libertà altrui, non facciamo proselitismo, ma il nostro impegno per la giustizia, la pace, la tolleranza, il rispetto delle persone, l'unità, e, in una parola, per il messaggio di Cristo, dona certamente una colorazione particolare alla nostra maniera di agire.

          Sono cinque le caratteristiche della nostra «maniera di procedere», ereditate da sant'Ignazio. L'attenzione alla storia anzitutto. Negli Esercizi, all'inizio di ogni preghiera, Ignazio raccomando all'eserciziando di «ricordarsi della storia» che è chiamato a contemplare. Questa attenzione alla storia è uno dei tratti del suo realismo. Chi pretende di aiutare una persona a fare un passo verso la libertà e l'autonomia deve iniziare dalla conoscenza della realtà altrui, il suo contesto di vita, i condizionamenti che pesano sulle sue decisioni, le esperienze che influiscono nel suo immaginario. Tutto ciò esige dalla persona che si indirizza all'altra una buona dose di tolleranza, una grande libertà interiore e la capacità di operare un dislocamento di sé. Chi pretende di sapere da subito ciò che conviene al proprio interlocutore è un cieco che conduce un altro cieco. Cinque caratteristiche          1. Sperimentare o sentire e gustare interiormente. Negli Esercizi Ignazio ricorda all'eserciziando che egli rifletta e «senta» da sé le cose «perché non è il molto sapere che sazia e soddisfa l'anima, ma il sentire e gustare le cose interiormente». Non è sufficiente indirizzarsi alla sola razionalità della persona, fornendole lezioni e spiegazioni, ma è necessario sollecitare la sua capacità di sperimentare da se stessa ciò che essa vive, rendendola attenta ai diversi movimenti costruttivi e distruttivi che l'agitano interiormente. Il cammino che lei cerca si trova in essa e non deve essere paracadutato dall'esterno.

          2. Verificare confrontando lo spirito alla lettera. Chi non vuole essere vittima di una soggettivismo di cattiva lega deve confrontare la sua esperienza personale con la realtà sociale, cioè con i bisogni degli uomini e delle donne ai quali è inviato. Ignazio aveva incominciato ad andare «solo e a piedi». Ben presto ha sentito il bisogno di riunire dei «compagni» per discernere insieme i bisogni della società contemporanea, i «segni dei tempi» riprendendo una espressione del Vaticano II. Senza dubitare delle sue intuizioni, persuaso che poteva fare esperienza di Dio senza intermediari, ha in ogni caso avuto cura di verificare lo spirito che l'animava alla lettera dell'istituzione, anche quando quest'ultima lo sottoponeva a processi malevoli.

          3. Decidere. Al termine degli Esercizi, al momento di introdurre l'eserciziando nella preghiera mistica, gli ricorda che «l'amore va posto più negli atti che nelle parole» e che «l'amore consiste in uno scambio reciproco». Non è sufficiente vedere con chiarezza, è necessario decidersi e operare. Esistenzalista prima del tempo, Ignazio pensa che l'uomo si realizza nell'azione.

          5. Valutare o rimettere in questione. Una delle pratiche essenziali di Ignazio è quello che chiama «esame», cioè l'abitudine di fare regolarmente il punto per verificare se l'interessato mantiene sempre la giusta direzione e se le proprie azioni si sviluppano in conformità con la decisione presa. Che cosa ho fatto? Che cosa sto facendo? Che cosa sto per fare? Si tratta di trarre lezione dal proprio vissuto per poter continuare o intraprendere nuove strade. Questa costante rimessa in questione gli consente, all'occorrenza, di riorientare la propria azione e di aprirsi a delle nuove esperienze.

          Una pratica non circuitabile per chi non vuole accontentarsi di ripetere vecchi schemi e restare prigioniero di strutture e di metodi che non rispondono più ai bisogni del mondo contemporaneo.

Emonet Pierre

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