Non si è amici se non si fa un giro di 180 gradi dalla parte dell'altro, se non ci si decentra e si volge tutta la nostra sensibilità, attenzione, cura, comunicazione all'altro, agli altri. Essere amici è la prima esperienza che si incontra di superamento dell'egoismo, dell'istinto di far convergere tutto a me.
del 11 giugno 2009
Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi creder à e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non creder à sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.
 
L’uomo è per sua natura un pellegrino, un viaggiatore, lo è stato nei secoli più antichi, quando c ’era solo il cavallo o la barca, lo è oggi con tutti i mezzi di trasporto più moderni. Fa parte della sua natura essere cercatore, scopritore, contemplatore del creato, della natura. Soprattutto è viandante perché ha dentro di s é una forza incoercibile che è quella di far sapere, di comunicare, di rendere partecipe l ’altro della gioia che vive. L ’uomo non è fatto per tenere per s é, ma per offrire e trova la sua gioia nel condividere.
Per questo alla fine del vangelo di Marco c’è un comando perentorio di Gesù, un comando che destabilizza, che non permette di stare chiusi nel proprio egoismo, ma apre all’inedito di Dio, alla sua novità assoluta: andate. Non si può star fermi quando hai visto che è giunta la pienezza dei tempi.
Gli apostoli hanno fatto molta fatica a entrare in questo ordine di idee. Già era sembrata di averla scampata bella quando hanno saputo che Gesù era vivo, che il Sinedrio non aveva detto l’ultima parola su di Lui; grazie a Dio lo avevano incontrato risorto, dopo i giorni bui della passione e morte.
Ecco, si dicono i discepoli, adesso le cose sono state ben sistemate. Si sa chi ha colpa, si sa che Gesù è risorto e questo ci d à una grande serenità. Il male non vince, gli inferi sono spalancati. Questo Gesù ci ha veramente riconciliati con le nostre radici e ci ha anche aiutato a dare alla nostra vita la sua serenità. In questo stato d ’animo si sarebbero adagiati i discepoli se non avessero avuto questo comando perentorio: andate. Non sono venuto al mondo solo per aggiornare la vostra vita religiosa, sono venuto a portare un fuoco e voglio che divampi. I confini del popolo di Israele sono troppo angusti, occorre prendere il largo; l a mia casa è il mondo, la Parola deve correre ovunque, la salvezza è per tutti.
Gli apostoli capiranno come obbedire a questo comando dalla vita, dalle persecuzioni. Paolo lo capisce quando in un processo che volevano intentargli i giudei si dichiara cittadino romano e per questo ha diritto di essere giudicato a Roma dall’imperatore e parte per Roma, dove annuncia Gesù, dove il vangelo prende casa, nel cuore del mondo di allora. Il mandato di andare è la scelta di Dio di abitare il mondo, dimostrando di non abbandonare nessun popolo, nessuna nazione.
E che cosa andate a dire? Che cosa avete di bello da comunicare? Spesso si pensa di dover fare i predicatori, di mettersi su un piedestallo a far la predica, ma ci scorgiamo profondamente bisognosi, fragili noi stessi, urgentemente assetati di salvezza , di un paracadute, di un salvagente.
Non sono le prediche che aspettano i vostri amici: la prima cosa che dovete offrire è amicizia, quella vera.
 
L’amicizia sta dalla parte di una felicità che nasce dal dono
Non si è amici se non si fa un giro di 180 gradi dalla parte dell’altro, se non ci si decentra e si volge tutta la nostra sensibilità, attenzione, cura, comunicazione all’altro, agli altri. Essere amici è la prima esperienza che si incontra di superamento dell’egoismo, dell’istinto di far convergere tutto a me. E’ la esperienza necessaria per cominciare a coniugare il verbo amare oltre gli affetti familiari; anche nel giro delle parentele è importante contare su un amico, che va oltre i legami, il ruolo, oltre un’eventuale controllo.
 
L’amicizia è dire sempre: qualcuno sta bene con me e non gli voglio far mancare questa felicità
E’ percepire che l ’amico o gli amici stanno bene con noi, riescono a esprimersi con libertà e fiducia, sanno di essere capiti e non giudicati, aiutati e non sfruttati, ascoltati e non dati per scontati. E ’ togliere dalla noia perché si mette sul piatto la propria vivacità e creatività, la propria capacità di guardare la vita da altri punti di vista. E’ sapere che quando hai gi ù la catena qualcuno la rimette a posto e ti sostiene nel riprendere a correre. L ’amico non lo butti mai fuori di casa, non spegni il cellulare quando ti chiama, non giri lo sguardo altrove quando l’incroci.
 
L’amicizia è anche fare qualche volta discorsi veri
Non h ai mai fatto discorsi “strani ”, intimi, un po’ folli talvolta, con gli amici sulle questioni grandi della vita? Hai mai avuto qualche bella esperienza religiosa da comunicare agli amici?
Ti potrà capitare un giorno di poter parlare a tu per tu con un amico e potergli dire che hai fatto una scoperta che ti ha cambiato la vita:
“Ho incontrato Gesù! Sono stato affascinato da Lui. E’ proprio vero, non è una storia da bambini, è di pi ù della prima comunione. Ti ricordi quante chiacchierate stupide abbiamo fatto la sera, un po’ calati con qualche birra di troppo? Hai in mente che domande disperate ci siamo fatti al funerale di quel lunedì nero? Quelle serate di ritorno dalle nostre avventure, dopo esserci illusi di aver trovato il massimo della felicità? Ci sembrava di aver fatto di tutto per tappare un buco che ci squarciava l ’anima e invece ci si aprivano voragini! Ebbene, non ti sembrerà vero, ma io oggi ho trovato; credevo di essermi illuso, perché non è la prima volta che abbocco ai venditori di felicità, ma stavolta è proprio Lui: ho trovato il senso, la strada, una risposta strana perché scava sempre pi ù sete e sempre più felicità, è una strada in salita, mi va bene cos ì, non sono fatto per andare in pensione. E’ Gesù. Non so ancora risponderti a tutte le domande che mi potresti fare, ma non mi puoi cancellare o mettere in dubbio la gioia che finalmente provo. Lo penso come qualche volta penso a te nella mia solitudine, è mille volte la tua compagnia, tu con la tua amicizia me ne hai tenuto vivo il gusto e il desiderio ed ora lo sento alla grande per Lui ”.
Se siete amici cos ì, se con la vostra amicizia tenete vivo il gusto e il desiderio della bontà, della bellezza, della purezza di spirito, della gioia, siete pi ù forti di ogni mia predica, avrete conquista te piazze vere, l’agorà dei vostri sogni, dei nostri programmi di pastorale giovanile.
 
 
 
 
Sabato 30 Maggio 2009Veglia di Pentecoste e Conclusione Agorà dei Giovani ItalianiBasilica Cattedrale
mons. Domenico Sigalini
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