Una bimba senza voce parla, ed ha mille altre cose da dirci. E' la sua storia a parlare per lei. Non può alzarsi, non parla e si nutre grazie ad un sondino è stata “adottata” da tutto il reparto, che amorevolmente se ne prende cura da quasi mille giorni. Una vita che da quasi mille giorni dona e riceve amore.
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«Coloro che usano la ragione non la venerano, la conoscono troppo bene; coloro che venerano la ragione non la usano». (G. K. Chesterton)
Una bimba senza voce parla. E’ la sua storia a parlare per lei.            Nata nel 2009 con una grave forma di cerebropatia genetica, affidata dai genitori nomadi, non in grado di accudirla, al reparto di pediatria dell’ospedale di Livorno, questa bimba che non può alzarsi, non parla e si nutre grazie ad un sondino è stata “adottata” da tutto il reparto, che amorevolmente se ne prende cura da quasi mille giorni. “Le carezze che riceve sono quelle dei medici e degli infermieri, che – si legge in un articolo pubblicato oggi su Repubblica – le fanno compagnia con la loro voce, le portano giocattoli sonori, vestiti, tute, pigiami. La accudiscono, la tengono in braccio, le fanno fare ginnastica”. Quale futuro per questa bambina? Il tribunale di Firenze a breve dovrà decidere se potrà essere assegnata ad una famiglia disposta ad adottarla o a prenderla in affidamento, fornendole l’assistenza di cui necessita.            Questa la conclusione dell’articolo: “La storia si intreccia con il dibattito in corso in Italia sullo Ius Soli, la concessione della cittadinanza italiana ai figli di stranieri nati nel nostro Paese. Se questa legge ci fosse stata avrebbe accelerato le procedure”.Una bimba senza voce parla, ed ha mille altre cose da dirci. E’ la sua storia a parlare per lei. Eppure non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e non esiste peggior cieco di chi non vuol vedere.           Parla e parla chiaro, la storia di questa bimba tracheotomizzata e senza voce. Prima e più che di una riflessione sullo Ius Soli, racconta di genitori che all’epoca erano adolescenti e, nomadi che vivono di carità, avrebbero potuto decidere di non portare a termine la gravidanza. Racconta di un padre che quando può passa in reparto e, pur sapendo che la legge non gli consente di vederla, chiede come sta la sua bambina. Racconta di una vita che da molti, oggi, verrebbe considerata “indegna” e di uomini, donne, bambini che, da più di due anni, irresistibilmente sono attratti dalla cameretta in cui vive. Da lei. “Tutti quelli che sono passati da quella cameretta – scrive la giornalista – le hanno organizzato feste di compleanno, ogni tanto le famiglie di altri piccoli pazienti ricoverati le portano regali e disegni”.           Racconta di Simona, una delle infermiere che non passa giorno senza che si prenda cura di questa piccolina e di tanti, come lei, che sentono questa bimba parte della loro vita. Racconta di un essere umano che per la mentalità dominante è un vegetale e che – come afferma il primario del reparto, il dottor Edoardo Micheletti – “sorride appena, però sa piangere e riesce in qualche modo ad interagire con l’ambiente: si esprime con la mimica del volto. Determinate posture e atteggiamenti fanno capire quando gradisce o meno qualcosa e se vuole essere presa in braccio”.Parla, questa bimba senza voce. Racconta il miracolo di una vita che potrebbe non esserci e invece c’è. Una vita che da quasi mille giorni dona e riceve amore.           Provoca tutti, quel lettino che poteva essere vuoto e vuoto non è, perché ospita una “presenza” che interroga anche noi che leggiamo. E le domande che pone, in-evitabili, sui doni legati alla vita (ogni vita!), sulla sofferenza, sulla grandezza dell’amore gratuito salgono dal profondo del cuore.           Questo e tanto altro ancora racconta questa bimba senza voce. Basta aver occhi per vedere e orecchie per sentire questa storia, così straordinariamente grande da oltrepassare ogni schema, ogni griglia, ogni riduzione ideologica. Occorre però un cuore disposto ad accogliere la provocazione di questa “presenza” e una ragione senza pregiudizi, spalancata alla realtà: antenne tese a coglierne tutte le preziose sfaccettature. Se alla vita e alle circostanze ad essa legate non ci si accosta con questa disponibilità, inevitabilmente si perde “il meglio”, e cioè che cresca ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra umanità.Sara Luisella
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