L'eutanasia a 35 millimetri: morire per rabbia, morire per pietà

Una domanda: davvero quei film sono un manifesto a favore?La stagione cinematografica 2004 vide il trionfo dell'eutanasia. Quattro Premi Oscar a "Million Dollar Baby" di Clint Eastwood, Oscar per il miglior film straniero a "Mare dentro" di Alejandro Amen√°bar...

L’eutanasia a 35 millimetri: morire per rabbia, morire per pietà

da Attualità

del 01 luglio 2009

 La stagione cinematografica 2004 vide il trionfo dell’eutanasia. Quattro Premi Oscar a 'Million Dollar Baby' di Clint Eastwood, Oscar per il miglior film straniero a 'Mare dentro' di Alejandro Amenábar. L’anno prima l’Oscar per il miglior film straniero era stato assegnato al canadese 'Le invasioni barbariche' di Denys Arcaud. Poi la pressione s’è allentata. E oggi possiamo dire: davvero sono tre film “a favore” dell’eutanasia?

Soltanto 'Mare dentro' ha il tono e il sapore del film-manifesto costruito per sostenere una causa. La storia di Ramón Sampedro, tetraplegico dopo un tuffo disgraziato in mare all’età di 19 anni, è vera. Sampedro, galiziano, si appellò al tribunale della Coruña per poter mettere fine in modo indolore alla propria vita, che dopo 30 anni di infermità gli risultava insopportabile. Amenábar, a sua volta, non nasconde i suoi intenti anticlericali. Schematico, ma tutto sommato efficace, lo scambio di battute tra Ramón e un prete, infermo come lui, che cerca di dissuaderlo. Prete: «Una libertà che elimina la vita non è libertà»; Ramón: «Una vita che elimina la libertà non è vita». Dialogo sbagliato perché privo di sbocchi: ognuno resta fermo ai blocchi di partenza.

Dire però che 'Million Dollar Baby' è un film sull’eutanasia è pura propaganda. Sarebbe come dire che I promessi sposi sono un romanzo su un’epidemia di peste nel Seicento. Il film di Eastwood è molto più profondo e amaro e complesso. L’ex pugile ed allenatore Franckie ha un “peccato” da farsi perdonare. Non sappiamo quale sia. Sappiamo che da anni scrive lettere alla figlia lontana, che gli ritornano intonse. Ogni mattina va a messa. Quando Maggie gli chiede di allenarla, e dopo il diniego iniziale egli accetta, torna a fare il “padre” con una nuova “figlia”. Che va in “missione”, combatte e vince, riscattando entrambi, fino alla tragedia finale: per un colpo scorretto rimane paralizzata. Maggie è talmente disperata da cercare di togliersi la vita staccandosi a morsi la lingua. Quando gli chiede di praticarle l’eutanasia, Franckie chiede consiglio al prete, il quale però non sa che ripetergli la fredda dottrina. Franckie mette fine alla vita di Maggie, senza gioia, con disperazione. E sparisce, ossia “muore” pure lui. Qualcuno ha visto nella storia una sorta di “Passione”, umana e tragica. L’accappatoio che Franckie regala a Meggie porta scritto, in gaelico, Mo Cuishle, ossia “mio sangue”.

'Le Invasioni barbariche' sono piuttosto un film sullo sfacelo della pingue borghesia franco-canadese. Remy, condannato dal cancro, si fa uccidere con un’overdose. Film apprezzato per i fitti dialoghi colti e arguti, si conclude con un’eutanasia che è atto finale di una vita insensata.

Tre film e tre eutanasie: atto liberatorio e libertario in 'Mare dentro'; un padre che compie l’estrema volontà della figlia condannando anche se stesso 'Million Dollar Baby'; il vuoto prima e dopo nelle 'Invasioni barbariche'. Tre storie del tutto diverse, con l’eutanasia che gioca un ruolo marginale, conclusivo, nel secondo e nel terzo. Soltanto dei manipolatori possono farne dei “manifesti” pro-eutanasia. Per i cattolici, piuttosto, il film di Eastwood suona da monito: di fronte a certi drammi insondabili non si risponde con la pura, semplice, fredda dottrina. Il Vangelo ha bisogno di interpreti sensibili e intelligenti; si fa interrogare dalla storia; e, come scrive Giovanni, il Verbo per vivere deve farsi carne.

Prima di questi tre, un altro film viene a volte presentato come capostipite di un cinema pro-eutanasia. Si tratta di 'E Johnny prese il fucile', primo e unico film che Donald Trumbo, a lungo sceneggiatore (per anni sotto pseudonimo, da vittima del maccartismo), trasse nel 1971 dal suo romanzo del 1939. L’ultimo giorno della prima guerra mondiale, Johnny viene centrato da una bomba. Rimane senza braccia e senza gambe e perde vista, voce e udito. È un fagotto di carne, che però pensa, sogna, ragiona. E riesce perfino a comunicare movendo la testa. Alla fine chiede di essere ucciso, invano. Ma prima chiede, altrettanto invano, di essere fatto vedere in pubblico, a dimostrazione dell’insensatezza della guerra. Cerca cioè di dare un senso alla propria vita e l’eutanasia compare alla fine, quando ogni senso e ogni speranza gli vengono negati. Un film terribile pieno di domande terribili. Ma di sicuro non un film di propaganda.

 

Umberto Folena

http://www.scienzaevita.org

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