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L'influsso degli scrittori spirituali spagnoli sulla Introduzione alla vita devo...

San Francesco di Sales afferma, nella prefazione dell'Introduzione alla vita devota, che non pretende di scrivere nulla di nuovo. Molti, prima di lui, hanno trattato della perfezione cristiana e hanno esposto le dottrine e l'insegnamento dell'Introduzione. Si rivolge anche a coloro che non pensano alla devozione, a quelli non si preoccupano di aspirare alla perfezione cristiana...


L’influsso degli scrittori spirituali spagnoli sulla Introduzione alla vita devota

da Spiritualità Salesiana

del 24 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

L’influsso degli scrittori spirituali spagnoli del sec. XVI sulla Introduzione alla vita devota di san Francesco di Sales          San Francesco di Sales afferma, nella prefazione dell’Introduzione alla vita devota, che non pretende di scrivere nulla di nuovo. Molti, prima di lui, hanno trattato della perfezione cristiana e hanno esposto le dottrine e l’insegnamento dell’Introduzione. Sono pertinenti, in questo senso, le parole di Bremond: «Non dice nulla che non abbia imparato da altri o che altri non abbiano già detto prima di lui». La sua originalità non consiste nel proporre un insegnamento nuovo, ma nella scelta particolare che egli fa degli insegnamenti dei predecessori, nell’orientamento che ispira e anima la sua sintesi, nell’accento personale che riesce ad imprimerle e, come egli stesso fa notare, nella finalità specifica della sua opera.

          Si rivolge anche a coloro che non pensano alla devozione, a quelli non si preoccupano di aspirare alla perfezione cristiana, a quanti non osano o non si sentono chiamati a intraprendere questo cammino. E il primo grande merito di Francesco di Sales è proprio questo rilancio della perfezione e della santità cristiana per tutti. In loro favore riesce a fondere insieme, in modo armonico e veramente felice, la dottrina spirituale di quanti lo hanno preceduto, «sintetizzando magistralmente quanto di più bello, pratico e fruttuoso è stato insegnato sulla perfezione cristiana e sui mezzi per ottenerla». A giudizio di molti l’originalità di Francesco di Sales consiste appunto nel aver fatto passare la devozione dai chiostri al mondo.

          Francesco di Sales è, soprattutto, un pastore; il suo insegnamento è sempre pastorale. È dotato di una formazione teologica robusta e consistente, che è il fondamento per condurre e accompagnare le anime sulla via della perfezione. Le sue fonti sono quelle della pastorale e della spiritualità cristiana: la Sacra Scrittura, i Padri della Chiesa, i grandi teologi (san Bonaventura, san Tommaso). Però l’Introduzione alla vita devota offre, in più, un insieme di esempi ammirabili tratti dagli annali della santità dei secoli XIII e XIV (san Francesco d’Assisi, santa Caterina da Siena, il re san Luigi, santa Isabella di Ungheria, «la beata Angela da Foligno»), così come da figure più vicine («il beato Ignazio di Loyola», Pietro Fabro, la «Madre» Teresa, Francesco Borgia, «il beato Carlo Borromeo»).           Parlando delle fonti dell’Introduzione, Serouet cita espressamente l’Imitazione di Cristo, gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, il Combattimento spirituale di Lorenzo Scupoli, ed evidenzia in modo particolare gli spirituali spagnoli, cominciando da fra Luis de Granada e santa Teresa, e proseguendo con il Maestro Avila, il certosino Andrés Capilla, i francescani Alonso de Madrid, Diego de Estella, san Pedro de Alcántara, l’agostiniano Cristóbal Fonseca e i Gesuiti: Ribadeneira, Ribera, Luis de la Puente e Arias. Ravier vede nell’Introduzione quattro grandi correnti presenti, a suo giudizio, nell’ambiente spirituale francese degli anni 1580‐1610. La prima si nutre dell’Imitazione di Cristo e della Vita Christi del certosino Ludolfo di Sassonia. La seconda proviene dal Rinascimento, che riedita le opere dei Padri della Chiesa e tenta di coniugare la spiritualità dei padri con l’umanesimo imperante. La terza deriva dalla mistica renano‐fiamminga, dominante nel circolo di M.me Acarie. La quarta comprende un gran numero di trattatisti spirituali e di mistici spagnoli, tra i quali lo stesso Francesco di Sales evidenzia la Madre Teresa di Gesù e fra Luis de Granada.

          Nel nostro studio, ci concentriamo unicamente sull’influsso degli autori spirituali e dei mistici spagnoli del secolo XVI, tenendo presenti, innanzitutto, le stesse indicazioni fornite dall’autore dell’Introduzione: SFS nell’Introduzione alla vita devota, cita direttamente santa Teresa (4 volte), fra Luis de Granada (3 volte), il Maestro Avila (3 volte), F. Arias (3 volte), A. Capilla (2 volte), Luis de la Puente (2 volte), Diego de Estella (1 volta), Ignazio di Loyola (1 volta). Ci interesseremo innanzitutto della fascinazione per la letteratura spirituale spagnola all’inizio del XVII secolo francese. Poi affronteremo in modo concreto il suo possibile influsso su san Francesco di Sales, concentrandoci in modo particolare sui due autori riconosciuti come i più influenti: santa Teresa e fra Luis de Granada.

1.    Il fascino dei mistici spagnoli sul secolo XVII francese

          Non c’è alcun dubbio sull’attrattiva e il gusto che, all’inizio del secolo XVII, si aveva in Francia per lo spagnolo. Questa fascinazione interessava anche l’ambito religioso e, in modo particolare, la letteratura religiosa, ascetica e mistica. Secondo Alcalde Onrubia, i fondamenti di questo influsso furono sostanzialmente l’umanesimo rinascimentale, l’ambiente riformista e rinnovatore, la situazione politica e i suoi condizionamenti.

          L’umanesimo rinascimentale spalanca le porte a un vasto numero di pubblicazioni, specialmente italiane e spagnole e ne permette la circolazione. Si sviluppa un movimento culturale: questi circoli di spiritualità hanno un’importanza decisiva per la recezione dei grandi mistici spagnoli. Tra di essi, il circolo di Mme Acarie: in esso si leggono le opere di santa Teresa, appena tradotte nel 1601 da Bretigny, si parla di orazione e di estasi e si prepara anche l’introduzione del Carmelo in Francia. D’altra parte, in Francia si va sviluppando una tendenza riformista e innovatrice, che anima la vita della Chiesa e, in particolare, la vita religiosa. Cresce l’interesse per i trattati spirituali e inizia lo sviluppo della mistica. Dopo la riforma protestante e le guerre di religione si crea tra i cattolici francesi un ambiente propizio. Si crea una vera ansia per la perfezione, anche tra i secolari, e in essa si inserisce in modo evidente SFS, impegnato a proporre la devozione alla portata di tutti i cristiani di qualsiasi stato e condizione.

          La situazione politica, in questo periodo, mette in contrasto Francia e Spagna. Filippo II appoggia i cattolici francesi, il partito della Lega Santa, contro la politica più o meno favorevole agli ugonotti di Enrico III e più ancora contro quella di Enrico IV. Questo fatto genera una vasta ostilità verso l’ambiente spagnolo. Ma è proprio in quest’epoca di antipatia politica che si rileva un forte influsso letterario e, soprattutto, religioso. I cattolici francesi guardano alla Spagna come a un modello di cattolicità e di paese liberato dal pericolo della Riforma. In questo periodo emergono soprattutto Ignazio di Loyola (i cui discepoli gesuiti hanno un’importanza molto grande nella formazione dei giovani attraverso i collegi), Ribadeneira, Luis de la Puente; e insieme a loro, i grandi mistici, san Giovanni della Croce, fra Luis de Granada e la Madre Teresa di Gesù, i cui scritti suscitano vivo interesse.

2.    L’attrattiva spagnola in san Francesco di Sales

          SFS è una delle figure più rappresentative di questa corrente spirituale, fino a dominare il primo ventennio del secolo XVII. La sua fama di santità ha circondato tutta la sua vita, specialmente in Francia. Il suo ultimo viaggio a Parigi (1618) fu un vero trionfo. Si può dire che, senza alcuno sforzo da parte sua, l’autore della Introduzione alla vita devota ha letteralmente conquistato l’ambiente parigino. Secondo Dom Mackey, l’ammirazione del Vescovo di Ginevra per i mistici spagnoli risale probabilmente agli anni in cui era studente a Padova. Il dato è significativo per quanto riguarda santa Teresa. Il suo direttore e maestro spirituale, il padre Possevino, era un ardente divulgatore della santa contemplativa. Ma questi sentimenti si consolidarono durante il suo soggiorno a Parigi nell’anno 1602, quando frequentò assiduamente il circolo di Mme Acarie. Quella lunga permanenza di sette mesi nella capitale parigina lo matura e lo trasforma. Quando lascia Parigi, incomincia a scrivere vere lettere di direzione spirituale.

          Senza dubbio, la sua conoscenza dei maestri spirituali è iniziata già durante gli anni in cui era studente a Parigi, quando entrò in relazione con professori e alunni spagnoli. Certamente conosce la spiritualità della Compagnia di Gesù, che forse è l’influsso spirituale più forte e duraturo di tutti. I biografi assicurano che SFS conosceva bene il metodo degli Esercizi e faceva quasi ogni anno un ritiro spirituale sotto la direzione di un gesuita. In realtà, l’influsso spagnolo non dipende soltanto dai suoi anni di studente o dal periodo in cui frequenta il circolo di M.me Acarie. Quando vescovo si stabilì definitivamente ad Annecy, la città era sotto occupazione spagnola. Non bisogna meravigliarsi di come egli si mostri bene informato degli usi e dei costumi della corte di Spagna, di certe caratteristiche del carattere spagnolo. E questa conoscenza interessa in modo particolare il campo della teologia e della spiritualità. Oltre agli autori citati nell’Introduzione alla vita devota, appaiono nelle sue opere molti altri nomi di noti teologi spagnoli, come Francisco Suárez, il cardinal Toledo, Juan de Loyola, Tomás Sánchez, Martín del Río, Juan Azor, Salmerón, Bañez, Molina, Maldonado, Pereira, Francisco de Ribera, Martín Azpilcueta, Alfonso Carrillo. Tutto ciò mostra che esiste una relazione molto importante tra il santo Vescovo di Ginevra e questa illustre scuola di spiritualità sorta in Spagna a partire dal secolo XV.

3.    Gli autori citati della Introduzione

          In questo studio ci concentriamo in modo particolare su fra Luis de Granada e santa Teresa di Gesù. Prima facciamo almeno un cenno agli autori che lo stesso SFS cita nella sua Introduzione alla vita devota.Tra gli autori ricordati, merita particolare attenzione san Juan de Ávila (1500‐1569), citato da SFS come il “Maestro Ávila” o semplicemente “Ávila”. Il riconoscimento e l’ammirazione per il santo apostolo dell’Adalusia è presente in tutta la sua opera: nei sermoni, nelle lettere, nel Trattato dell’amor di Dio. Tutto pare indicare che il santo Vescovo ne conosceva la vita, ne ammirava la personalità spirituale e apostolica e si sentiva in perfetta sintonia con il santo andaluso. Francesco di Sales loda in modo particolare il suo disinteresse profondo e la “santa indifferenza” che mostra nell’intraprendere quanto Dio gli ispira e nel rinunciare anche ai suoi progetti apostolici per non disperdere le energie della riforma cattolica. Tra gli scritti del Maestro spagnolo, quello che meglio conobbe e che più lo influenzò fu probabilmente l’Epistolario. Pubblicato in castigliano nel 1578, venne tradotto in francese col titolo Epistres spirituelles già nel 1588. Le lettere del Maestro Ávila gli offrono non solo un modello di lettere di direzione, ma anche un vocabolario spirituale. Soprattutto, lo introducono a una spiritualità solida e semplice allo stesso tempo, che non ama parlar molto di rapimenti e fervori mistici eminenti, anche se gli sono familiari. Le citazioni esplicite del Maestro Ávila non sono molte. Più che influsso diretto, si tratterebbe di riconoscimento e stima, forse anche di sintonia. In ogni modo, la presenza di Juan de Ávila nell’Introduzione, anche se piccola, è molto significativa. Non solo lo colloca tra gli autori raccomandati, ma invoca anche la sua testimonianza per avvalorare l’importanza della direzione spirituale e la necessità di una guida per cercare e seguire la volontà di Dio. Forse, uno dei testi più conosciuti della Filotea è proprio questo: «A tal fine, scegline uno tra mille, dice il Beato Avila; e io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano meno di quanto si dica capaci di tale compito». SFS cita anche i gesuiti Luis de la Puente e Francisco Arias, il certosino Andrés Capilla e il francescano Diego de Estella, dei quali raccomanda le opere a quanti si incamminano verso la vita devota.

4.    L’influsso di fra Luis de Granada

          L’influsso del padre Granada ha un’altra caratteristica. San Francesco di Sales dimostra nella sua vita e nei suoi scritti di avere grandissima ammirazione per fra Luis de Granada. Bisogna riconoscere che, nell’attingere a questa fonte, Francesco di Sales si colloca in una corrente spirituale, considerata almeno come pericolosa. Fra Luis de Granada (1504‐1588), come il suo grande amico l’arcivescovo Carranza, dovette subire i colpi dell’Inquisizione. Le sue opere, la Guida dei peccatori e il Libro dell’orazione vennero inseriti nell’Indice dei libri proibiti (anno 1559) e subirono gli attacchi del teologo domenicano Melchor Cano. Gli si rimproverava di sostenere che tutti possono essere contemplativi e perfetti, «insegnando al popolo in lingua castigliana, cosa che non è conveniente se non a un piccolo numero»; di proporre un cammino di perfezione comune e adatto a tutti gli stati di vita, senza voti di castità, povertà e obbedienza; e si aggiungeva che le opere contenevano alcuni errori vicini all’eresia degli “illuminati”. Tuttavia, quattro anni più tardi, nel 1563, durante il concilio di Trento, il papa Pio IV annullò la proibizione; non solo, ma essi vennero considerati molto fecondi per la riforma della Chiesa. Fra Luis de Granada è stato l’autore spagnolo più stampato in Francia nel corso del secolo XVII. Grazie ai suoi libri, possiamo considerarlo un vero precursore di SFS. Come lui, il P. Granada scrive per il popolo, mettendo a sua disposizione in modo chiaro, semplice ed elegante, nella sua lingua castigliana, le verità fondamentali della vita cristiana. Proprio nel suo zelo inquisitoriale, Melchor Cano lo accusa con disprezzo di scrivere «per mogli di falegnami». Di fatto fra Luis non si rivolge a sacerdoti o a religiosi, ma a tutti i cristiani di qualsiasi categoria e condizione, poiché sono anch’essi chiamati alla perfezione cristiana. Nei suoi scritti riesce, inoltre, a unire la devozione, la contemplazione e l’azione. Fra Luis insegna che la devozione nasce dalla meditazione della Parola per mezzo dell’orazione, ma non è tenerezza di cuore né consolazione spirituale, ma prontezza e capacità nell’agire bene e nell’adempimento dei comandamenti di Dio e delle cose riguardanti il suo servizio. Seguendo san Tommaso, la definisce come «un’abilità e un dono celeste che inclina la nostra volontà a volere con grande animo e desiderio tutto ciò che riguarda il sevizio di Dio». La devozione non chiude il cristiano nel proprio intimo, ma lo spinge e lo stimola a porsi al servizio del mondo. Si uniscono così, nella spiritualità di Luis de Granada, la meditazione della Parola, l’orazione, la devozione, l’amore apostolico e l’azione. È questo il punto di partenza di SFS; troviamo realmente nel padre Granada una delle fonti dello spirito salesiano in tutta la sua complessità, dinamismo ed equilibrio. Fin dai primi anni del suo episcopato, Francesco di Sales nelle lettere raccomanda gli scritti del frate domenicano; e lo fa sia rivolgendosi a vescovi, sacerdoti e religiose ma anche a coloro che vivono nel matrimonio. La stessa raccomandazione ripete anche nell’Introduzione a Filotea, quando incomincia a trattare dell’orazione e quando spiega il modo di ascoltare e leggere la Parola di Dio. La viva raccomandazione delle opere del padre Granada, così come il suo fascino sullo stesso Vescovo di Ginevra, derivano principalmente dall’argomento delle opere del mistico spagnolo, dalla loro impostazione e dalla loro finalità. La Guida dei peccatori è, sopra tutto, un’esortazione alla virtù, con l’aggiunta, come spiega il suo autore, di «avvisi e regole che l’uomo deve seguire per essere virtuoso». Nell’Introduzione alla vita devota, è possibile scorgere la sintonia di SFS, quando descrive la devozione, ne spiega l’eccellenza e la convenienza per ogni stato di vita e professione, e quando indica i primi passi per progredire in questo cammino: la purificazione dell’anima, soprattutto la purificazione dai peccati mortali, e i mezzi adatti ad essa, in modo speciale il sacramento della penitenza, che si è invitati a preparare con l’aiuto di qualche formulario di esame, come quello del Granada. Tuttavia l’influsso del Granada sull’Introduzione è molto concreto. Lo si riconosce particolarmente nelle dieci meditazioni della prima parte. Esistono notevoli somiglianze, le quali ci fanno pensare che, durante la composizione, il vescovo di Ginevra avesse di fronte il Libro dell’orazione e della meditazione di fra Luis. E lo si può anche vedere, analizzando l’insegnamento di entrambi gli scrittori su alcuni punti specifici, come la maldicenza o le consolazioni spirituali. Con Serouet, si può affermare che nella Filotea si percepisce un’eco del Granada.

5.    L’influsso di santa Teresa di Gesù

          La vera scoperta di Teresa di Gesù (1515‐1582) da parte di Francesco di Sales, avviene durante il suo soggiorno a Parigi nell’anno 1602. È probabile che egli abbia potuto conoscerla già in precedenza, durante i suoi studi a Padova; però ora scopre la sua personalità riformatrice e spirituale, frequentando il circolo di Mme Acarie. Senza dubbio passarono ancora due anni prima di trovare negli scritti del vescovo di Ginevra la menzione della riformatrice del Carmelo. L’ammirazione, la stima e l’apprezzamento di Francesco per la santa castigliana è fuori dubbio. Mentre l’influsso e la dipendenza dai suoi scritti sembra discutibile. Serouet preferisce parlare di affinità, di un medesimo spirito che permea sia l’Introduzione che l’opera teresiana. La sua tesi è che entrambi attingono alle stesse fonti, la Scrittura e la Tradizione, e che lo stesso Dio li guida su un unico cammino verso lo stesso fine; ma questo non prova che dipendano l’uno dall’altra, né autorizza a dire che lo spirito di santa Teresa permei tutta l’opera salesiana. Esaminando l’Introduzione alla vita devota, colpisce la relativa scarsità di citazioni esplicite di Teresa: soltanto quattro. Se ci concentrassimo esclusivamente su di esse, si potrebbe dire molto poco sull’affinità o sull’influsso dell’opera teresiana sul pensiero salesiano. Bisogna abbandonare il campo della statistica e cercare nel testo stesso dell’Introduzione gli indizi e i segnali di tale influsso.

          Può essere utile cominciare con il concetto di devozione. La definizione data da SFS deriva dalla definizione classica della teologia cattolica, anche se l’accezione tomista del termine è molto lontana dall’ampiezza del significato salesiano. Secondo SFS, comprende tutte le espressioni del bene; è sinonimo di perfezione, o meglio della ricerca della perfezione, nell’esercizio di tutte le virtù. Il suo centro è la carità: «la devozione non consiste in altro che in un certo grado di carità eccellente», che «ci rende pronti, attivi e diligenti nell’osservare tutti i comandamenti di Dio». Questa accezione salesiana non si trova negli autori precedenti, se non precisamente negli scritti teresiani. L’esposizione di Francesco di Sales fa capire, inoltre, che questo senso della devozione era stato dimenticato nel popolo cristiano, fino a giungere a identificare la devozione con le pratiche esterne più che con la disposizione interiore del cuore per il servizio di Dio. Contro questa visione aveva scritto anche santa Teresa alle sue figlie: «L’importante, credetemi, non è portare o non portare l’abito religioso, ma praticare la virtù, sottometterci in tutto alla volontà di Dio, affinché la nostra vita scorra in conformità alle sue disposizioni, e non volere che si faccia la nostra, ma la sua volontà».

          Così anche pensa san Francesco di Sales, e aggiunge, inoltre, che la devozione conviene ad ogni stato di vita e di professione. Per molto tempo si è creduto che «non possano aspirare alla palma della pietà cristiana», coloro che si dibattono tra gli affari temporali. La Filotea sostiene che in tutti gli stati di vita e in qualsiasi luogo e situazione in cui si trovi, il cristiano è chiamato alla santità. Tutti lo sono, scrive santa Teresa alle sue religiose e, per questo, insiste sulla vanità e il disprezzo del mondo. L’Introduzione alla vita devota, invece, si rivolge a coloro che vivono nel mondo e in esso sono chiamasti a compiere la volontà di Dio. I destinatari sono diversi, ma esiste una perfetta convergenza nel messaggio. Entrambi si centrano sull’essenziale, che è l’amore. Ed in entrambi la fonte d’ispirazione non è altra che il Vangelo. Per progredire nella devozione, l’Introduzione propone, nella terza parte, un’insieme di consigli relativi all’esercizio delle virtù. Quanto SFS afferma a proposito della pazienza, dell’umiltà, della dolcezza, dell’obbedienza, della castità o della povertà appartiene all’insegnamento comune della Chiesa. Sarebbe inutile affannarsi a cercare una fonte precisa. Certo, può risultare significativa la scelta che fa tra le virtù, l’importanza che loro attribuisce e l’argomentazione che segue. Ed è pure importante constatare che anche in santa Teresa le stesse virtù salesiane si trovano tra le più amate. Se non si può parlare di influsso, si constata perlomeno uno stesso orientamento. Si tratta di vera consanguineità spirituale, che ci porta a pensare che quanto più il Vescovo si mostra originale, tanto più si avvicina alla riformatrice carmelitana. In questo senso abbiamo una bella conferma nel modo salesiano di trattare l’inquietudine e la tristezza. Dice SFS: «L’inquietudine non è una semplice tentazione, ma una fonte dalla quale e a causa della quale ci vengono molte tentazioni … È uno dei mali peggiori che possa colpire l’anima, eccettuato il peccato». Santa Teresa scrive: «Non si può servire il Signore nell’inquietudine». Di fatto, entrambi insistono su questo punto più della maggior parte dei trattatisti anteriori. Entrambi invitano, quando si è tra i tormenti e le difficoltà, a ad avere più fiducia in Dio che nel proprio sforzo, a camminare con pazienza e umiltà, a sfuggire dal tormento e dall’impazienza, a non perdere la pace e la tranquillità dello spirito. Secondo SFS, la tristezza «turba l’anima, la mette in agitazione, le dà paure immotivate, genera disgusto per l’orazione, assopisce e opprime il cervello, priva l’anima di consiglio, di proposito, di senno, di coraggio e fiacca le forze». Teresa di Gesù, forse, è la meno triste di tutte le sante. Nelle sue opere sono continui gli inviti all’allegria: «I principianti cerchino di camminare con allegrezza e libertà di spirito». La raccomanda alle sue figlie sia nei momenti di raccoglimento che nella pratica delle virtù, in mezzo ai disagi e nelle mortificazioni. Infine, è necessario soffermarsi sul concetto di orazione. Teresa è soprattutto maestra di orazione, dunque se in SFS esiste affinità, influsso o dipendenza da lei, dovrebbe essere soprattutto su questo punto. Un’analisi delle loro opere principali mi pare che porti alla constatazione che è proprio nel loro concetto di orazione e nella comune loro convinzione della sua necessità, che questi due grandi santi si mostrano più penetrati del medesimo spirito. È nota la definizione di orazione di Teresa: «L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo essere amati». Si tratta, poi, di amare, di una conversazione intima con l’Amato, senza bisogno di molte parole: «per inoltrarsi in questo cammino e salire alle mansioni a cui tendiamo, l’essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare, per cui le vostre preferenze devono essere soltanto in quelle cose che più eccitano all’amore».

          Nella Introduzione alla vita devota, SFS invita a considerare come una grande felicità «saper parlar con Dio nell’orazione, desiderare di volerlo amare». Trattando espressamente del metodo della meditazione, fa questa raccomandazione: «Ti accadrà talvolta che, subito dopo la preparazione, il tuo slancio si trovi tutto commosso in Dio; allora Filotea, conviene lasciargli la briglia sciolta, senza seguire il metodo che ti ho tracciato, perché, sebbene ordinariamente la considerazione debba precedere gli affetti e i proponimenti, se lo Spirito Santo ti suscita gli affetti prima della considerazione, non devi necessariamente ricercare quest’ultima, poiché essa non ha altro fine che, appunto, quello di muovere gli affetti». Neanche qui si può parlare di novità, ma è conveniente notare che in un’epoca in cui si privilegiava la «contemplazione puramente intellettuale», sia per Teresa d’Avila che per SFS, il valore dell’orazione si misura dall’amore effettivo, l’amore tradotto in opere. Negli scritti della santa castigliana, il vescovo di Ginevra trova, almeno, una conferma autorevole del proprio modo di vedere e di pensare l’orazione. I due mistici raccomandano specialmente l’orazione mentale. SFS dice: «Non tutti hanno il dono dell’orazione mentale; ma è anche vero che ognuno può acquistarlo, anche i più rozzi, purché abbiano buoni direttori spirituali e vogliano, per conquistarlo, lavorare quanto la cosa merita». A coloro che non possono raggiungerlo, suggerisce di «applicare maggiore attenzione nella lettura”. Nello stesso senso, Teresa di Gesù dice alla sue figlie: «Badate che dico che tutte dobbiamo tendere a questo scopo [...] Pertanto, sorelle, datevi all’orazione mentale, e chi non lo potesse fare, a quella vocale, alla lettura, ai colloqui con Dio». Dopo aver spiegato con cura il metodo da seguire nella meditazione, Francesco raccomanda a Filotea: «Metti il più spesso possibile, durante la giornata, il tuo spirito alla presenza di Dio». Si tratta della pratica salesiana del «raccoglimento spirituale» che, almeno parzialmente, può essere stato ispirato a santa Teresa. Essa lo raccomanda alle sue religiose in questo modo: «Volgete lo sguardo su voi stesse e guardatevi interiormente […] Oh, se ci fosse qualcuno capace di spigare come può questa santa compagnia, che circonda il Santo dei Santi che abita nelle anime, non impedire all’anima di ritrovarsi sola con il suo Sposo, quando ella, raccolta nel suo intimo, vuole entrare in questo paradiso con il suo Dio e chiude la porta a tutte le cose del mondo!». Infine, nella Filotea, SFS non parla dei gradi superiori dell’orazione se non per mettere in guardia i suoi lettori contro il pericolo dell’illusione: «Ci sono le estasi, i rapimenti, l’insensibilità, l’impassibilità, l’unione deificante, le elevazioni, le trasformazioni e simili perfezioni […] Queste perfezioni non sono virtù; sono piuttosto ricompense che Dio concede come premio alle virtù o, meglio ancora, saggi della felicità della vita futura». Innanzitutto pensa che «nessuno ha diritto ad esigere tali grazie, anche perché non sono in nessun modo necessarie per servire e amare Dio, che deve essere la nostra unica aspirazione». Inoltre, «la pretesa di cose straordinarie così alte è facilmente occasione di illusioni, inganni e falsità». Sono parole che scaturiscono dal buon senso. Ma è lo stesso linguaggio di Teresa di Gesù, che si mostra sempre molto attenta e prudente davanti a tali manifestazioni spirituali e che insegna espressamente che il profitto nella vita spirituale non si misura tanto dal gusto dell’orazione, dai rapimenti o dalle visioni, quanto dalla pratica della virtù.

          Per concludere, mi pare che questo percorso, necessariamente breve e conciso, sulle tracce degli spirituali spagnoli del secolo XVI nell’Introduzione alla vita devota, ci mostra, innanzitutto, la notevole conoscenza unita alla grande ammirazione, alla stima e all’apprezzamento che il vescovo di Ginevra aveva per loro. Francesco de Sales conosce le opere più importanti del Maestro Ávila, di La Puente, Arias, Capilla, Estella, Granada e di santa Teresa; ed è possibile percepire nella Filotea alcune reminescenze delle loro opere. Tuttavia, se mi è permesso un paragone salesiano, attingendo da tanti egregi autori elabora il suo miele, il suo insegnamento, che in realtà è l’insegnamento della Chiesa. Così, anche se modestamente e umilmente confessa nel prologo «io non posso, certamente, né voglio, né debbo scrivere in questa Introduzione se non ciò che è già stato pubblicato dai nostri predecessori», egli arriva a mettere insieme un mazzolino veramente bello e originale. Molte fonti alimentano il suo pozzo, che diventa sorgente dolcissima di devozione e di perfezione cristiana.

Eugenio Alburquerque Frutos

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