Perché il mondo ha bisogno del nostro continente, della sua capacità di dialogo, della sua forza ragionevole, del suo umanesimo
del 04 giugno 2009
 Nel Novecento i Paesi europei, ammalati di nazionalismo, sono andati alla guerra gli uni contro gli altri. Quante vite perdute! È il più grande furto della storia – diceva Settimia Spizzichino, ebrea romana deportata in Germania e l’unica tornata dal lager. Oggi, siamo in un’altra stagione: la cultura del vivere per sé conduce all’egoismo nazionale, locale, regionale, soprattutto all’assenza di visioni. Ma, a forza di vivere per sé, un uomo e una donna muoiono; a forza di vivere per sé si spegne una nazione, si spegne una comunità. Sì, l’Europa rischia il congedo della storia per declinare nella cronaca. Gli europei, dopo essere stati conquistatori del mondo, si sono ritirati quasi spaventati. Noi non vogliamo più contare, abbiamo paura di sbagliare. È il politically correct di oggi. Non dobbiamo ripetere gli errori del passato. Bisogna pensare, nel quadro dell’unità europea, ad un nuovo modo di essere nella storia del mondo insieme. « Se soffre per mancanza di visione deve allora aprirsi la strada fra i segni… » , scriveva Giovanni Paolo II. Non è un segno la grande domanda di Europa che viene da tante parti del mondo? In Africa, in America Latina, durante i miei viaggi, avverto una grande domanda di Europa e un grande interesse per le scelte dell’Europa. Il mondo ha bisogno dell’Europa, del suo umanesimo, della sua forza ragionevole, della sua capacità di dialogo, delle sue risorse, della sua intrapresa economica, della sua cultura. Schuman, padre fondatore dell’Europa, scriveva: « L’Europa unita prefigura la solidarietà universale del futuro » . L’Europa è stata l’origine di due guerre mondiali. Non potrà essere invece un paradigma di pace e di solidarietà universale? Non potrà dare un contributo decisivo alla storia di pace e di umanesimo del mondo, invece di degradare nella cronaca?
  Sì, l’Europa ha una missione storica. Penso all’Africa, dove vive, lotta e spera almeno la metà della Comunità di Sant’Egidio, che è africana. Il presidente della Repubblica italiana Ciampi ha dichiarato: « Abbiamo di fronte a noi un compito epocale: collegare saldamente e durevolmente il futuro dell’Africa all’Europa » .
  Una storia dolorosa e ricca lega l’Europa e l’Africa. Ma molti Paesi europei si stanno ritirando dall’Africa, che resta solo la terra degli immigrati verso l’Europa. La collaborazione allo sviluppo dell’Africa, la lotta alla malattia ( penso alla cura dell’Aids e al progetto Dream. di cui ha parlato così bene Michel Camdessus), la lotta alla guerra, sono compiti europei.
  Sono la vera riposta al flusso inarrestabile dell’emigrazione: questo flusso non sarà fermato alle frontiere o dai controlli nel Mediterraneo. È la rinascita economica e di speranza in Africa che darà agli africani la voglia di restare nei loro Paesi!
Non sono le frontiere, non sono i controlli più o meno legali che fermeranno un flusso inarrestabile. Noi europei dobbiamo lavorare per la rinascita della speranza, per la rinascita delle opportunità in Africa. Credo molto, e faccio mio, il sogno del grande presidente senegalese Senghor, uomo di cultura africana e europea. Il suo sogno era Eurafrica: due continenti uniti su di un piano di uguaglianza, l’uno che ha bisogno dell’altro.
  La prima missione dell’Europa si chiama Africa. Lì trova senso essere uniti. L’Europa è un segno di pace nel mondo.
  Siamo da sessant’anni in pace.
  L’Europa è una ma molteplice: abbiamo lingue diverse, tradizioni diverse, culture diverse, religioni diverse, odori e sapori diversi e vorrei dire cucine diverse. L’Europa, nelle sue diversità, se unita, realizza la civiltà del vivere insieme. Ed è davvero la civiltà che manca al mondo.
  Al mondo della globalizzazione omogeneizzante, appiattente, a quel mondo che reagisce con gli scontri di civiltà e di religione; è la civiltà che manca a un’economia senza umanesimo quindi inumana.
  La civiltà del convivere è la nostra risposta al terrorismo e a fondamentalismo. L’Europa diversa. Credo che dobbiamo ritrovare orgoglio, non un orgoglio arrogante ma un orgoglio umile e consapevole, l’orgoglio della nostra missione. Perché l’Europa diversa, unita, incarna la civiltà del convivere che è la civiltà del futuro: suoi ingredienti sono il dialogo, il rispetto per ogni libertà, l’arte del vivere insieme. « Tutti parenti, tutti differenti » : è questo il nostro sogno. « Tutti parenti, tutti differenti » . Sono parole di Germaine Tillion, che conobbe il lager di Ravensbruck. Oggi abbiamo più bisogno di Europa che ieri. Altrimenti la globalizzazione ci renderà irrilevanti, renderà irrilevanti i nostri valori. Dobbiamo avere un’Europa unita, con la sua missione, per essere europei, per non diluirci, per esistere in un mondo grande e terribile, come diceva Antonio Gramsci, italiano e comunista, tradito da Stalin. Più Europa unita, più sarà unita l’Europa e il nostro mondo sarà meno terribile. Più unita sarà l’Europa e meno terribile sarà il nostro mondo.
 
Andrea Riccardi
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