Don Bosco, come tutti, non era nato santo; lo è diventato abbandonandosi alla potenza dello Spirito Santo, e contraddicendo se stesso, scalando passo passo la vetta della santità.
«Che cosa vogliamo sapere di un beato, di un santo?», si domanda Paolo VI nel discorso, già ricordato, letto per la beatificazione di Leonardo Murialdo. E risponde: «Se la nostra mentalità fosse quella della curiosità esteriore, di certa ingenua devozione medioevale ci potremmo proporre di ricercare nell'uomo esaltato in modo tanto straordinario i fatti straordinari: i favori singolari, [...] i fenomeni mistici e i miracoli; ma oggi siamo meno avidi di queste manifestazioni eccezionali della vita cristiana. A noi piace conoscere la figura umana piuttosto che la figura mistica o ascetica di lui: vogliamo scoprire nei santi ciò che a noi li accomuna, piuttosto che ciò che da noi li distingue; li vogliamo portare al nostro livello di gente profana e immersa nell'esperienza non sempre edificante di questo mondo; li vogliamo trovare fratelli della nostra fatica e fors'anche della nostra miseria, per sentirci in confidenza con loro e partecipi d'una comune pesante condizione umana».
La vita di don Bosco trabocca di soprannaturale e di fatti meravigliosi, ma a noi piace anzitutto considerarlo nella sua creaturalità, "uomo come noi", quasi "uno di noi", seppure immensamente più grande. Perciò segnato dalle incompiutezze della natura e dalle sue pesantezze, tentato dal mondo del peccato e dal maligno.
Questa prospettiva, nella quale si confrontano limitatezza umana e grazia divina corrisposta, è già un incoraggiamento alla nostra debolezza.
Don Bosco, come tutti, non era nato santo; lo è diventato abbandonandosi alla potenza dello Spirito Santo, e contraddicendo se stesso, scalando passo passo la vetta della santità.
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