La felicità, dicono i poeti, è un attimo, un momento irripetibile. Roba vecchia, rispondono insegnanti e psicologi di ultima generazione: la felicità può durare tutta la vita, basta impararla. Ecco allora che, da chimera irraggiungibile, la felicità diventa materia di studio... L'esempio più emblematico è quello dell'ateneo di Harvard...
del 22 aprile 2006
La felicità, dicono i poeti, è un attimo, un momento irripetibile. Roba vecchia, rispondono insegnanti e psicologi di ultima generazione: la felicità può durare tutta la vita, basta impararla. Ecco allora che, da chimera irraggiungibile, la felicità diventa materia di studio, con teorie proprie e tecniche d'insegnamento. Come la letteratura o la filosofia. I primi corsi di 'well-being' si fanno largo nelle sedi accademiche più prestigiose di Usa e Gran Bretagna: lezioni tutte sperimentali, in bilico tra lo scetticismo dei docenti 'vecchio stampo' e l'entusiasmo degli studenti che affollano le aule.
 
L'esempio più emblematico è quello dell'ateneo di Harvard, roccaforte del sapere americano, frequentato dai rampolli degli Stati Uniti. Qui il corso di Psicologia positiva del professor Tal Ben-Shahar conta più iscritti di quello di Economia, per cui l'università è famosa in tutto il mondo: circa 900 studenti curiosi di conoscere come si diventa felici. Al Wellington College di Crowthorne, istituto privato inglese, preside e docenti ritengono invece che la felicità, come le buone maniere, vada insegnata già nella scuola superiore, dai 14 ai 16 anni: età delicatissima, quella in cui gli adolescenti, bombardati da messaggi di ogni tipo, sono impegnati - più o meno consapevolmente - a costruire la propria personalità. Un'ora a settimana sarà dunque dedicata all'apprendimento del 'vivere bene'.
 
Lontani dalla visione New Age o dalle pillole di felicità fai-da-te che riempiono gli scaffali delle librerie e le pagine dei settimanali femminili, i corsi di 'well being' si fondano sulla base della psicologia positiva: una scienza relativamente recente, ma solida e adeguatamente documentata. Non ancora approdata alle cattedre universitarie, ma non per questo meno degna di essere studiata e considerata dalla comunità scientifica. Soprattutto, terribilmente di moda in un momento - come questo - in cui non circolano abbastanza soldi per credere che potranno fare la felicità. In cui l'ossessione della perfezione fisica, del successo a tutti i costi, del consumo sfrenato cozza con le prospettive reali.
 
Ma non si tratta di un ritorno alla semplicità o di un ridimensionamento delle ambizioni. 'L'obiettivo della psicologia positiva', spiegano dalla Società italiana di Psicologia positiva, 'è cavare ciò che di buono c'è in un individuo, scoprirne le potenzialità e le risorse e svilupparle in relazione alla propria personale interpretazione del benessere e della qualità della vita. L'approccio è quindi opposto a quello della psicologia tradizionale, che tende ad analizzare solo i deficit e le patologie del soggetto. Si cerca invece di assecondare le abilità della persona perché si sviluppino in armonia con la collettività: la felicità individuale si realizza solo nell'ambito dello spazio sociale'.
 
Ma come si arriva al benessere e quindi alla felicità? Secondo il professor Ben-Shahar, bisogna lavorare su autostima, empatia, amicizia, amore, ottimismo, ma anche creatività, spiritualità, musica e senso dell'umorismo. Temi, questi, che costituiscono l'ossatura del suo insegnamento accademico, e che Ben-Shahar tenta di trasmettere servendosi, tra l'altro, di tecniche di rilassamento e meditazione. Il miglior consiglio per essere felici? 'Semplificare', risponde il docente. 'Poi, ricordare che sentimenti come frustrazione e paura sono naturali: siamo esseri umani! E ancora, avere la consapevolezza che la felicità dipende da noi, non dal nostro conto in banca'.
 
Visione condivisa da Nick Baylis, psicologo dell'università di Cambridge, che insegnerà ai ragazzi del Wellington College i segreti dello 'star bene con se stessi e con gli altri', e da Anthony Seldon, preside dell'istituto: 'Il lavoro più importante della scuola è quello di formare i ragazzi perché diventino adulti felici e dalla personalità solida', ha spiegato, aggiungendo che le lezioni di 'felicità' saranno complementari a quelle di religione. 'La celebrità, i soldi e i beni materiali sono spesso considerati importanti dai ragazzi, ma in realtà non sono le cose che ci rendono felici. I nostri giovani hanno bisogno di imparare che anche se una società diventa più ricca, non necessariamente diventa anche più felice'.
Federica Forte
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