Mari Jaona e molti altri provano a rendere meno duro il viaggio dei migranti. Attraverso piccoli gesti spontanei ascoltiamo l'appello di un "noi" più grande.
Lei si chiama Mari Jaona, è di Ciudad Acuna, nello Stato messicano di Coahauila, a ridosso del confine con gli Stati Uniti. Quando ha saputo di quelle persone — disperati in cammino come tanti altri, affamati, assetati, stanchi — ha fatto l’unica cosa che c’era da fare: ha preparato del cibo, è andata nel luogo in cui si erano accampate per la notte e lo ha offerto a una donna haitiana, Naomi, e al figlioletto di tre anni, David.
Un gesto semplice, spontaneo, di condivisione e vicinanza. Ma non il solo. Perché, come Mari Jaona, anche altri abitanti di Ciudad Acuna sono andati nell’improvvisato accampamento dei migranti in transito. Hanno portato loro cibo, acqua, vestiti, coperte, una parola di conforto, forse anche una carezza.
Per fortuna non ci sono solo muri e uomini armati. Lungo quel confine invalicabile, infatti, si trova anche tanta umanità: quella delle persone che, spontaneamente o organizzate, si prodigano per i migranti in transito, per rendere meno duro il loro viaggio da un passato di sofferenze verso un futuro comunque incerto, difficile, se non impossibile.
«Siamo sorelle e fratelli, tutti! Preghiamo l’Altissimo che, dopo questo tempo di prova, non ci siano più “gli altri”, ma un grande “noi” ricco di diversità» ha scritto oggi in un tweet Papa Francesco. Ecco, Mari Jaona e tutte queste persone generose, con i loro semplici, piccoli gesti, quel grande “noi” lo stanno già realizzando.
di Giovanni Zavatta
tratto da Osservatoreromano.va
Versione app: 3.26.4 (097816f)