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La Parola di Dio nella vita e nella missione del Consacrato di Pascual Ch√°vez ...

La Parola è all'origine della nostra vocazione. Essa è la nostra luce nel cammino e il nostro cibo, ed è la ragione e il contenuto della nostra missione. La nuova evangelizzazione dipende dagli evangelizzatori...


La Parola di Dio nella vita e nella missione del Consacrato di Pascual Ch√°vez Villanueva

da Rettor Maggiore

del 23 ottobre 2008

Cari fratelli nel Signore,

 

vi saluto con affetto e vi dò il più cordiale benvenuto, a nome mio personale e di tutto il Consiglio Esecutivo dell’USG (unione di superiori generali).

 

1. Il tema

 

La nostra assemblea semestrale, la 70ª nella storia della Unione dei Superiori Generali, ha come tema quello della Parola di Dio, in sintonia e come preparazione al Sinodo dei Vescovi del 2008 che ha per tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Forse vale la pena di ricordare che è stata proprio l’USG, al termine del Sinodo sull’Eucaristia, a proporre questo tema al Santo Padre, quasi a modo di complemento naturale di quello.

 

Per noi, come d’altronde per tutti i cristiani, si tratta di un tema vitale, nel senso che la Parola è all’origine della nostra vocazione. Essa è la nostra luce nel cammino e il nostro cibo, ed è la ragione e il contenuto della nostra missione. La nuova evangelizzazione, in cui la Chiesa del Terzo Millennio è impegnata, dipende dagli evangelizzatori; ma questo esige, come presupposto e fondamento, che gli evangelizzatori siano essi stessi evangelizzati, poiché “solo una Chiesa evangelizzata è in grado di evangelizzare” . Per essere un autentico ‘evangelista’ bisogna diventare un buon credente; e per diventare buon credente bisogna esercitarsi nell’ascolto attento e orante della Parola di Dio. La ‘novità’ della predicazione cristiana si fonda sulla qualità di vita dell’evangelizzatore, sulla sua esperienza sempre nuova del Dio vivo. Se il vangelo predicato è alla base della nostra vita – di tutta e in modo esclusivo – la nostra predicazione sarà attendibile.

 

Solo il ministro del vangelo – consacrato o laico – che abbia nel suo cuore il vangelo, fattone oggetto di contemplazione e motivo di preghiera – riuscirà a mantenerlo sulla sua bocca come tesoro di cui parlare, e lo avrà nelle sue mani come un dovere ineludibile da consegnare. “Se l’evangelizzazione deve incentrarsi, come pare, sull’aiutare la gente a conoscere Dio ed a credere amorosamente in Lui, dovrebbe trattarsi di un ministero particolarmente adatto a coloro che hanno voluto mettere la propria vita in ascolto della Parola di Dio e al servizio della sua volontà” .

 

La nuova evangelizzazione, pertanto, ha bisogno di nuovi credenti, uomini appassionati di Dio e del suo regno, senza altri svaghi o altri passatempi. “La chiamata alla nuova evangelizzazione è anzitutto una chiamata alla conversione” , una conversione che passa necessariamente per il ritorno a coltivare la Parola di Dio: “leggere ed amare la Scrittura” è qualcosa di più che farne una lettura edificante, è “un immergersi interiormente nella presenza della Parola” . Possiamo affermare che “una spiritualità cristiana che non si basi sulla Parola difficilmente sopravvivrà oggi in un mondo così complesso come il nostro” .

 

 

2. Il modo

 

Abbiamo voluto impostare la nostra Assemblea come una “lectio divina”, non tanto per imparare che cosa è la ‘lectio’ – cosa che tutto sommato sappiamo bene – , e neppure per imparare come si fa la ‘lectio’ – anche questa ormai pratica abbastanza comune nei nostri Ordini, Congregazioni o Istituti, con maggiore o minore qualità, ma per aprire una volta di più la nostra vita consacrata alla Parola, che non è un libro, ma innanzitutto una persona, il Verbo di Dio, il suo Logos, certo con la sua Logica (quella della Croce, cfr. 1Cor 1:17-25) e con la sua Grammatica (quella del Vangelo (cfr. Mt 5-7) .

 

Oggi siamo invitati a metterci seduti ai piedi di Gesù, come Maria, senza altra occupazione che ascoltare il Maestro, che ci ripete, come a Marta: “Porro unum necessarium est” (Lc 10,42).

 

Nella nostra vita, particolarmente quella degli Istituti di vita attiva, sempre più portata a un’attività instancabile, il pericolo – per niente immaginario – è quello di tralasciare la cosa più importante, quella che non possiamo delegare ad altri. La vicenda ben nota degli apostoli nella Chiesa primitiva di Gerusalemme, che si sentono sfidati davanti al bisogno di rispondere ai problemi sociali e pastorali che emergevano nella comunità nascente, è paradigmatica. Le sfide vengono risolte, ma resta ferma la priorità della preghiera e il ministero della Parola: “Non è giusto che noi trascuriamo la Parola di Dio” (At 6,2).

 

A questo riguardo mi pare illuminante un richiamo alla situazione della primitiva comunità apostolica. In seguito al successo della sua prima evangelizzazione, la chiesa di Gerusalemme (At 2,14-41; 3,12-26; 5,12-16) dovette affrontare l’ostilità del suo ambiente sociale, persecuzioni comprese (At 4,1-22; 5,17-33), e gravi tensioni al proprio interno (At 6,1-7), che ne misero a prova la sopravvivenza e il clima di fraternità che l’aveva animata fin dal principio (At 2,42-47; 4,32-35).

 

Il conflitto che contrapponeva i cristiani di origine giudaica a quelli di provenienza ellenistica non era, certamente, solo di natura sociale (At 6,1); le tensioni venivano alimentate da differenze culturali ed anche da divergenze nelle convinzioni di fede che i due gruppi sostenevano (cf. At 7,2-8,1; 15,1-3). Di fronte all’incombente minaccia di una divisione, gli apostoli optarono per la creazione di un nuovo ministero – la prima istituzione ecclesiale – che curasse il servizio della mensa comune, assicurando un servizio differenziato all’interno di una comunità già pluralistica, evitando ogni separazione. D’accordo con la comunità, gli apostoli elessero sette uomini, su cui pregarono ed imposero le mani, affidando loro il “servizio delle mense” (At 6,3). Non dovendo prestare tanta attenzione all’assistenza quotidiana dei bisognosi (At 6,1), essi potevano “dedicarsi alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6,4). Assistite le comunità nei loro bisogni più urgenti, i dodici apostoli ritornarono a ciò che ‘non era bene aver trascurato’, “l’annuncio della Parola di Dio” (At 6,2).

 

Quel modo di agire apostolico, oltre che ricordo degli inizi, continua ad essere norma di vita. Chi deve dedicarsi alla predicazione salverà l’unità della fede ritornando ai compiti fondamentali: la preghiera personale ed il servizio della Parola. Devono, quindi, ritornare all’essenziale gli evangelizzatori che vedono in pericolo i risultati del loro sforzo evangelizzatore. Gli apostoli non possono trascurare la loro vita di preghiera né la predicazione, solo perché devono curare la vita comune dei loro fedeli. Qualsiasi altro impegno, pur urgente possa sembrare, deve passare ad altre mani; ricuperando la preghiera e la Parola di Dio, gli apostoli mettono al centro la loro missione e custodiscono la vita comune di quelli che sono loro affidati.

 

Colui che vuole parlare in modo convincente di Dio – sacerdote , religioso o laico – deve aver parlato frequentemente con Lui: la dimensione contemplativa è una necessità urgente per la missione profetica del testimone di Dio. Oggigiorno “c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera” , un’arte che dev’essere imparata ed esercitata; imparare a pregare dev’essere “un punto qualificante di ogni programmazione pastorale” nella Chiesa. “La Parola di Dio è – come affermò Giovanni Paolo II – la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana” .

 

Siamo stati, infatti, afferrati da quella Parola, sì da poter parlare di Dio non per sentito dire, ma perché Lo abbiamo trovato (Gv. 1,41.45). Siamo stati convocati da quella Parola, che ci ha radunati in comunità fino ad essere “cor unum et anima una”, in modo di irrobustire la fede dei fratelli e delle sorelle e diventare, per la gioia, l’entusiasmo e la totale condivisione dei beni, un modello alternativo alla società (Atti 4,32-35). Siamo stati inviati da quella Parola, avendola come viatico (Lc 10,1-9 ), come lampada per i nostri passi, come contenuto di un lieto messaggio da portare a questo mondo.

 

Abbiamo affidato la guida per questa esperienza, nel nostro incontro odierno, al P. Innocenzo Gargano OSB, a Sr Dolores Aleixandre RSCJ, e al P. Ludger Feldkämper (SVD) che saranno i nostri mistagoghi nell’incontro con la Parola.

 

Mentre ringrazio sin d’ora i conferenzieri, auguro a tutti voi una gioiosa assemblea.

don Pascual Ch√°vez Villanueva

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