La Consacrazione di Gesù - ha spiegato il Papa - è comprensibile nella sua estrema ricchezza soprattutto se la collochiamo sullo sfondo della festa giudaica dell'espiazione, lo Yom kippùr. In quel giorno il Sommo Sacerdote compie l'espiazione prima per sé, poi per la classe sacerdotale e infine per l'intera comunità del popolo.
del 26 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Proseguendo nella sua «scuola della preghiera» del mercoledì, Benedetto XVI ha dedicato la sua catechesi del 25 gennaio a quella che la tradizione chiama preghiera sacerdotale di Gesù, all'inizio del suo sacrificio (cfr Gv 17,1-26). «Questa preghiera di Gesù - ha spiegato il Papa - è comprensibile nella sua estrema ricchezza soprattutto se la collochiamo sullo sfondo della festa giudaica dell’espiazione, lo Yom kippùr. In quel giorno il Sommo Sacerdote compie l’espiazione prima per sé, poi per la classe sacerdotale e infine per l’intera comunità del popolo. Lo scopo è quello di ridare al popolo di Israele, dopo le trasgressioni di un anno, la consapevolezza della riconciliazione con Dio, la consapevolezza di essere popolo eletto, 'popolo santo' in mezzo agli altri popoli».           La preghiera di Gesù di cui leggiamo nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni riprende la struttura del Kippùr. Ovviamente, ci sono della differenze. «La preghiera che Gesù fa per se stesso è la richiesta della propria glorificazione, del proprio 'innalzamento' nella sua 'Ora'». Questa Ora inizia con il tradimento di Giuda. Quando questi esce dal Cenacolo, Gesù commenta: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13,31). La stessa idea della glorificazione si ritrova all'inizio della preghiera sacerdotale: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1).           Gesù si presenta come il vero e nuovo Sommo Sacerdote: «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). «Sono questa disponibilità e questa richiesta - commenta il Papa - il primo atto del sacerdozio nuovo di Gesù che è un donarsi totalmente sulla croce, e proprio sulla croce - il supremo atto di amore – Egli è glorificato, perché l'amore è la gloria vera, la gloria divina».          Il secondo momento di questa preghiera è l’intercessione per i discepoli: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola» (Gv 17,6). «Manifestare il nome di Dio agli uomini»' spiega il Pontefice, «è la realizzazione di una presenza nuova del Padre in mezzo al popolo, all’umanità. Questo 'manifestare' è non solo una parola, ma è realtà in Gesù; Dio è con noi, e così il nome - la sua presenza con noi, l’essere uno di noi - è 'realizzato'».          Gesù chiede al Padre di «consacrare» i discepoli: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,16-19). Ma che cosa significa esattamente «consacrare» in questo caso? «Anzitutto bisogna dire che 'Consacrato' o 'Santo', è propriamente solo Dio. Consacrare quindi vuol dire trasferire una realtà – una persona o cosa – nella proprietà di Dio». E in questo sono presenti due aspetti, non contraddittori ma complementari: «da una parte togliere dalle cose comuni, segregare, 'mettere a parte' dall’ambiente della vita personale dell’uomo per essere donati totalmente a Dio; e dall’altra questa segregazione, questo trasferimento alla sfera di Dio, ha il significato proprio di 'invio', di missione: proprio perché donata a Dio, la realtà, la persona consacrata esiste 'per'  gli altri, è donata agli altri».           Il «terzo atto» di questa preghiera sacerdotale «distende lo sguardo fino alla fine del tempo»: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola» (Gv 17, 20). Qui «Gesù prega per la Chiesa di tutti i tempi, prega anche per noi». Il Papa cita il «Catechismo della Chiesa Cattolica», il quale commenta: «Gesù ha portato a pieno compimento l'opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo Sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell'Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione» (n. 2749).          «La richiesta centrale della preghiera sacerdotale di Gesù dedicata ai suoi discepoli di tutti i tempi è quella della futura unità di quanti crederanno in Lui». Ma attenzione: «tale unità non è un prodotto mondano. Essa proviene esclusivamente dall'unità divina e arriva a noi dal Padre mediante il Figlio e nello Spirito Santo. Gesù invoca un dono che proviene dal Cielo, e che ha il suo effetto – reale e percepibile – sulla terra». Il Signore prega «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Riprendendo le considerazioni svolte in apertura della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, il Pontefice ricorda ancora una volta che la riconciliazione fra le comunità cristiane viene «dall'alto» e non «dal basso», in modo «mondano».           Il Papa invita poi a rileggere un passaggio del suo libro «Gesù di Nazaret - Seconda parte»: «Possiamo dire che nella preghiera sacerdotale di Gesù si compie l'istituzione della Chiesa... Proprio qui, nell'atto dell'ultima cena, Gesù crea la Chiesa. Perché, che altro è la Chiesa se non la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio? Qui troviamo realmente una vera definizione della Chiesa. La Chiesa nasce dalla preghiera di Gesù. E questa preghiera non è soltanto parola: è l'atto in cui egli 'consacra' se stesso e cioè 'si sacrifica' per la vita del mondo» (cfr Gesù di Nazaret, II, 117s).           «Anche noi nella nostra preghiera, chiediamo a Dio che ci aiuti ad entrare, in modo più pieno, nel progetto che ha su ciascuno di noi; chiediamoGli di essere 'consacrati' a Lui, di appartenerGli sempre di più, per poter amare sempre di più gli altri, i vicini e i lontani; chiediamoGli di essere sempre capaci di aprire la nostra preghiera alle dimensioni del mondo, non chiudendola nella richiesta di aiuto per i nostri problemi, ma ricordando davanti al Signore il nostro prossimo, apprendendo la bellezza di intercedere per gli altri; chiediamoGli il dono dell’unità visibile tra tutti i credenti in Cristo - lo abbiamo invocato con forza in questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani - preghiamo per essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15)».
Massimo Introvigne
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