La nostra epoca mostra di aver fiducia nell'educazione; si impegna per estenderla a tutti; cerca di adeguarla costantemente alle sfide che sorgono nel campo del lavoro, delle conoscenze e dell'organizzazione sociale; l'affida sempre di più a istituzioni specializzate. L'educazione è diventata un diritto riconosciuto e un'aspirazione di ogni persona.
del 09 gennaio 2009
La nostra epoca mostra di aver fiducia nell'educazione; si impegna per estenderla a tutti; cerca di adeguarla costantemente alle sfide che sorgono nel campo del lavoro, delle conoscenze e dell'organizzazione sociale; l'affida sempre di più a istituzioni specializzate. L'educazione è diventata un diritto riconosciuto e un'aspirazione di ogni persona. Nonostante questa fiducia nell'educazione, abbiamo però l'impressione che nei suoi riguardi ci sia una distanza sempre crescente tra aspirazioni e possibilità, tra dichiarazioni e adempimenti, tra intenzioni e realizzazioni. All'educazione costa fatica definirsi in una cultura contrassegnata dal pluralismo delle convinzioni e dei comportamenti; dalla caducità e dalla sostituzione rapida delle conoscenze; dalla socializzazione dei beni culturali; dalla scolarizzazione generalizzata e dall'università di massa; dal ruolo dominante dei mezzi di comunicazione sociale nella cultura moderna; dallo sviluppo del settore quaternario che privilegia l'innovazione costante e la ricerca. Società e istituzioni di ogni tipo appaiono fragili e disorientate di fronte alla domanda di senso posta dai giovani. Giunge pertanto tempestivo il richiamo del Papa Benedetto XVI sull'emergenza educativa.
Questa emergenza diviene tragica quando il diritto universalmente riconosciuto all'educazione non è garantito, soprattutto in alcuni contesti e Paesi in via di sviluppo. Come parlare di diritto all'educazione quando vi sono immense masse di bambini e di adolescenti che muoiono di fame in Africa o in Asia, di minorenni venduti o sfruttati sessualmente? Dov'è il diritto all'educazione da parte dei bambini costretti a lavori pesanti all'età di cinque anni nelle miniere, o respirando sostanze tossiche nelle fabbriche di calzature o ripetendo gli stessi gesti durante lunghissime giornate di lavoro alle catene di montaggio, senza imparare nulla, ma funzionando semplicemente come pezzi dello stesso ingranaggio di produzione?
È noto che gli interessi economici fissano le priorità della società materialista e che la pubblicità, l'incitamento al consumo, è la bacchetta magica usata dall'insaziabile avidità delle multinazionali. Solo le società aggressive e competitive sussistono e questo stile è entrato anche negli enti e nelle associazioni educative. Che cosa fare, allora?
L'educazione dev'essere sempre più una finestra spalancata sulla realtà mondiale e un motore di sensibilizzazione e di trasformazione dell'umanità. Per questo, senza ideologizzazioni né manipolazioni, si deve ascoltare la voce di coloro che non hanno voce, sentire la fame e la sete, vedere la nudità di tanti popoli dimenticati; con coerenza si devono far conoscere gli sforzi di tanta gente impegnata nelle grandi cause della dignità della donna, della pace, del rispetto del creato e così via. Per fortuna, diverse situazioni e istanze (ong, volontariati e altri) convengono sulla necessità della difesa della vita, dell'essere umano, dei popoli, del pianeta e dei loro diritti.
Davanti a tale emergenza educativa noi salesiani siamo portatori di un carisma pedagogico più attuale e necessario che mai:  il sistema preventivo di don Bosco. Questo è il nostro tesoro, ed è l'apporto che siamo chiamati a dare ai giovani e alla società odierna, la nostra profezia.
Di fronte alla situazione dei giovani del suo tempo Don Bosco fa la scelta dell'educazione:  un tipo di educazione che previene il male attraverso la fiducia nel bene che esiste nel cuore di ogni giovane, che sviluppa le sue potenzialità con perseveranza e con pazienza, che costruisce l'identità personale di ciascuno. Si tratta di un'educazione che forma persone solidali, cittadini attivi e responsabili, persone aperte ai valori della vita e della fede, uomini e donne capaci di vivere con senso, gioia, responsabilità e competenza.
L'urgenza della prevenzione, i suoi vantaggi e la sua portata, si vanno imponendo con dati sempre più allarmanti, ma assumerla come principio e attuarla efficacemente in molti contesti non è scontato. La cultura della prevenzione non è quella prevalente. Anzi! Eppure la prevenzione costa meno e rende di più del solo contenimento della devianza e del ricupero tardivo. Consente infatti alla maggioranza dei giovani di essere liberi dal peso delle esperienze negative che mettono a repentaglio la salute fisica, la maturazione psicologica, lo sviluppo delle potenzialità, la felicità eterna. Consente pure loro di sprigionare le migliori energie, di approfittare al meglio dei percorsi più qualificati e solidi dell'educazione, di recuperare fin dai primi passi di fronte a un eventuale cedimento.
Questa pedagogia 'tende a una educazione nella fiducia, fiducia nei giovani d'oggi e fiducia nell'avvenire, proprio quando diviene irrinunciabile l'accettazione delle sfide della modernità'. Nelle società attuali, fortemente competitive, e difficilmente orientate a investimenti di fiducia, rischiano di diventare sempre più numerosi i ragazzi e i giovani che sono condannati a restare ai margini, a doversi arrangiare per sopravvivere senza poter valorizzare quanto è riconosciuto come loro diritto:  salute, istruzione, lavoro, e così via. Per questo, seguendo l'insegnamento di don Bosco, e contando sui diritti riconosciuti ai minori vogliamo impegnarci a promuovere la cultura della prevenzione.
Don Bosco è convinto che il cuore dei giovani - di ogni giovane - sia buono, che persino nei ragazzi più disgraziati ci siano semi di bene e che compito di un saggio educatore sia di scoprirli e di svilupparli. Bisogna, dunque, creare ambienti positivi nelle opere educative, con proposte che stimolino il riconoscimento di queste risorse positive, che promuovano il loro sviluppo e aprano al senso della vita e al gusto del bene.
Don Bosco vuole dare una risposta integrale ai bisogni e alle attese dei suoi giovani; offre loro una casa per accoglierli e far esperimentare il calore della famiglia che manca a parecchi di loro; procura loro uno spazio, il cortile, in cui possano esprimere spontaneamente le loro energie di vita e la loro voglia di felicità e di amicizia; si preoccupa della loro formazione culturale e della loro preparazione al lavoro, mediante cui possono guardare con fiducia al futuro e inserirsi responsabilmente nella società; propone loro una formazione cristiana e una esperienza di fede adeguata, che rende attraente e significativa la vita cristiana. Questa proposta educativa diviene un vero cammino di evangelizzazione e conduce i giovani a esperimentare la gioia della vita cristiana fino alla meta della santità.
 
don Pascual Ch√°vez Villanueva
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